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M
a insomma, i concerti d’arie
d’opera si possono fare? Oppure,
visto che si sono sempre fatti e
presumibilmente si continue-
ranno a fare sempre, sono este-
ticamente “legittimi” o sono una
concessione ai più bassi istinti
melomaniaci e acuto-dipenden-
ti? La discussione ricorda molto,
in chiave musicale, quella se sia
nato prima l’uovo o la gallina. È
vecchia quanto il melodramma
stesso: in fin dei conti, fu lo stes-
so Monteverdi a rielaborare in
chiave concertistica il
Lamento
della sua perduta Arianna…
E non si contano le Accademie di
arie avulse dalle opere che le ospi-
tavano benedette dalla presenza,
poniamo, di un Mozart. Rossini,
nei suoi “
samedi
” leggendari a
uso del
tout Paris
più chic, non
si peritava di far eseguire il
Quar-
tetto
del
Rigoletto
, pagina che si
vorrebbe strettamente legata al
momento scenico. In realtà, è la
stessa struttura a “numeri” stacca-
ti e autosufficienti (sia dal punto
di vista musicale sia drammatur-
gico) dell’opera italiana o italia-
neggiante dalle origini fin quasi
alla sua fine ad autorizzare – o
istigare? – quest’uso condannato
dai moralisti della musica. Certo,
per venire al programma del con-
certo della Rai, una pagina come
la cavatina di Figaro dal
Barbiere
di Siviglia
è assolutamente con-
notata e nemmeno un campione
mondiale dell’autoparodia come
Rossini avrebbe potuto piazzarlo
in un’altra sua opera. Ma
«Come
scoglio»
, ad esempio, è certo un
meraviglioso ritratto di fermezza
muliebre realizzato come una
citazione, o forse una parodia,
di un’aria da opera seria, canto
“di sbalzo” (quello che i trattati-
sti consideravano il più difficile,
quindi virtuosistico, in assoluto)
compreso: però potrebbe stare
nel
Così fan tutte
come in ogni
altra opera di Mozart. Idem per
le altre due gemme, i brani dalle
due grandi opere serie che sono
rispettivamente l’inizio del gran-
de Mozart e l’ultimo suo regalo
all’umanità, insomma
Idomeneo
e
La clemenza di Tito
, capolavori
italiani alle estremità del decen-
nio dove si brucia in una corsa
vertiginosa il Mozart dramma-
turgo (e, aggiunto fra parentesi
per non scandalizzare nessuno:
il trionfale ritorno nel repertorio
più corrente ed eseguito di questi
gioielli è anche la dimostrazione
che, a differenza di quel che cre-
dono molti operomani, noi non
siamo obbligatoriamente più fes-
si dei nostri nonni).
Con il Romanticismo, ovvio, le
cose cambiano. Però è ironico
che, dovendo ritrarre una brava
ragazza nell’opera che glorifica
quella cattiva, insomma doven-
do scrivere l’aria d’obbligo per
Micaela in
Carmen
, Bizet scriva
la più bella romanza di Gounod,
com’è stata autorevolmente defi-
nita (
«Je dis que rien ne m’épou-
vante»
). Con Verdi, francamente,
non ci sono dubbi sul fatto che
l’aria caratterizzi il personaggio,
questa grande invenzione ro-
mantica: nel caso del programma
di questo concerto, Posa, Desde-
mona e Procida. Il terzetto dei
Lombardi alla Prima Crociata
,
uno stranissimo dramma lirico
“
on the road
” del 1843 assai biz-
zarro per usi e costumi del melo-
dramma italiano coevo (e infatti
il rifacimento grandopéristico
del 1849, ribattezzato
Jérusalem
,
appare alla fine paradossalmente
più coerente, o meno divagante),
offre anche un rigoglioso prelu-
dio per violino, motivato dalle
solite contingenze pratiche: nel
caso, la presenza come primo
violino scaligero dell’apprezza-
tissimo Eugenio Cavallini (una
prece agli esecutori: come mol-
to Verdi, non va eseguito com’è
scritto. Ascoltare per credere il
Terzetto
inciso da Alda, Caruso e
Journet nel 1913. Quindi addio a
Toscanini e ai suoi epigoni e for-
za con i “rubati”).
Insomma, sarà magari improprio,
ma il concerto-spezzatino d’arie
d’opera staccate non ci scanda-
lizza affatto. Anzi. Specie poi
se si tratta di una sorta di regalo
dell’Orchestra Sinfonica Nazio-
nale della Rai ai suoi abbonati e
se cantano le giovani promesse
scelte all’Accademia della Scala
e alla Scuola dell’Opera del Co-
munale di Bologna, perché final-
mente anche i nostri teatri hanno
capito l’esigenza di trasmettere
un sapere operistico oggi forte-
mente a rischio. Una scommessa
sul futuro, diciamo.
Arie d’opera e giovani promesse
Un dono prezioso
per gli abbonati Rai
di Alberto Mattioli
venerdì 7 maggio
Auditorium Rai
Arturo Toscanini
ore 21
omaggio agli abbonati
Orchestra Sinfonica
Nazionale della Rai
Pietro Mianiti
direttore
Valentina Corradetti
Anna Corvino
Teresa Romano
soprani
Chiara Amarù
Anna Malavasi
mezzosoprani
Atalla Ayan
tenore
Yoo Tack Kim
baritono
Jong Min Park
basso
FESTA DELLE
VOCI NUOVE