I
l “New York Times” ne ha lodato, di recente, la
«straordinaria eleganza, unita a potenza e sensibili-
tà». I Berliner Philharmoniker lo hanno scelto, poco
più di un anno fa, come pianista
in residence
per
una fitta serie di progetti. Con Pappano, Haitink,
Jansons e Jurowski va condividendo − non certo
casualmente − palcoscenici prestigiosi e successi
tonificanti. Doppiata appena la boa dei venticin-
que anni di carriera, Leif Ove Andsnes si ritrova più
che mai sulla cresta dell’onda. E torna all’antico,
riscoprendo un classico per tutte le stagioni come
Beethoven.
«Nel 2010 ho compiuto quarant’anni: è un’età,
quella, in cui ci si comincia a fare tante domande.
Io, ad esempio, ho provato a chiedermi chi fosse,
dal mio punto di vista, il musicista più grande e po-
tente di tutti i tempi. Beethoven, mi sono detto. E ho
pensato che, forse, il caro Ludwig avrebbe meritato
più attenzione di quanta non gliene avessi concessa
fino ad allora. Così mi sono concentrato sulla sua
musica, ne ho fatto il centro della mia attività; e ho
intenzione di continuare su questa scia per i prossi-
mi tre anni, almeno».
A Torino, lei suonerà e dirigerà il
Primo
e il
Terzo
concerto
, proseguendo in un tour che l’ha già vi-
sto al fianco di orchestre sempre diverse, sempre
importanti.
«La possibilità di lavorare con la Mahler Chamber
Orchestra, tuttavia, mi emoziona in maniera specia-
le. È una formazione giovane ma tra le più adatte,
nel panorama attuale, a eseguire Beethoven. La dif-
ficoltà e il fascino di questo repertorio stanno nel
saper rendere, all’ascolto, il contrasto tra l’irruenza
esplosiva di certi momenti e l’eleganza sublime di
molti dettagli e soluzioni sonore. Il fatto che tutto
questo viva e si avverta nell’approccio della Mahler
Orchestra mi rende tranquillo».
L’incisione prossima ventura dei cinque
Concerti
beethoveniani rientra in un progetto denominato
The Beethoven Journey.
«È un viaggio, sì, che durerà quattro anni e farà sca-
lo in molte città importanti, toccando diversi con-
tinenti. Un viaggio “spirituale”, lo definirei, tenuto
conto di come Beethoven mi abbia conquistato,
coinvolgendomi sul piano emotivo prima ancora
che semplicemente musicale».
Direttore e solista, nell’occasione. È un’esperienza
relativamente nuova, forse persino stancante…
«Mi sto rapidamente abituando al doppio ruolo, non
accuso più lo stress dei primi tempi. Quando suono
e dirigo, mi sento realmente al centro della musica e,
pur nella massima concentrazione, avverto durante l’e-
secuzione qualcosa di straordinariamente eccitante».
A proposito di esperienze eccitanti, non capita a tut-
ti i pianisti di trovarsi a lavorare stabilmente con i
Berliner Philharmoniker.
«Lo so bene. Il periodo speso a Berlino, come pia-
nista
in residence
, è stato fantastico. Tutti i musici-
sti mi hanno dedicato spazio e attenzione nel corso
dei tanti progetti cameristici sviluppati insieme, di-
mostrando un’umiltà intelligente che è propria dei
grandi artisti».
Qualche anno fa lei si segnalò per una versione
multimediale dei
Quadri
di Musorgskij. Si sa che,
più in generale, non disdegna operazioni nuove e
originali.
«Sono convinto che la musica classica abbia un
ruolo vivo nella società, in quella di oggi non
meno che in quella di secoli fa. E, dunque, non
possiamo immaginare di relegarla sempre soltan-
to in un ambito rigoroso. Tocca a noi svecchiarla e
renderla comunicativa oltre le forme conso-
lidate, magari − all’occorrenza − por-
tandola fuori dalle sale da concerto».
Era un ragazzino quando partì da
Bergen per intraprendere una for-
tunata carriera internazionale.
«È passato un quarto di secolo,
da allora, ma quello che conti-
nua a dare un senso e forza alla
mia vita resta la musica. Per for-
tuna so di avere ancora tanto
repertorio da affrontare. E tanto
da riprendere, con una consape-
volezza nuova, diversa da quel-
la del ragazzino di molti anni
fa: oggi ho voglia di ritrovare
Mozart, Chopin, i francesi.
Beethoven è solo la prima
tappa del mio lungo viag-
gio!»
giovedì 17 maggio
Auditorium del Lingotto
ore 20.30
I Concerti del Lingotto
Mahler Chamber
Orchestra
Leif Ove Andsnes
pianoforte
Beethoven
Concerto n. 1
in do maggiore op. 15
Stravinskij
Apollon musagète
Beethoven
Concerto n. 3
in do minore op. 37
intervista
Leif Ove Andsnes
«Beethoven è solo una tappa
del mio lungo viaggio»
di Stefano Valanzuolo
sistemamusica
associazionelingottomusica
23