Sistema Musica - Maggio 2012 - page 25

UNISCITI AL CORO
La Stefano Tempia indice
audizioni per l’inserimento
diretto nel coro
(voci di tenore e basso).
Q
uale violinista, dopo aver scoperto che il proprio violino ha un difetto al ponticello, oppure che si sta
aprendo una crepa nella cassa, o addirittura che l’arco è praticamente senza crini, si accingerebbe ugualmente
a eseguire un
Capriccio
di Paganini o un
Concerto
di Vivaldi? Risposta semplicissima: nessuno! Nemmeno lo
studente più maldestro o inesperto oserebbe tanto ma tutti, proprio tutti, porterebbero immediatamente lo stru-
mento da un liutaio, affinché lo possa restituire integro e pronto per essere suonato. Questa semplice decisione
non è così scontata per i direttori di coro. Troppo spesso, infatti, i maestri non si preoccupano di curare i difetti
congeniti del complesso vocale ma correggono solo
quelli legati alla singola esecuzione, al brano speci-
fico, senza mai arrivare alla causa vera e propria e
lasciando così che la crepa incipiente si allarghi fino
a rischiare di rompere lo strumento. La flessibilità ri-
chiesta da un coro per poter affrontare un repertorio
ampio con competenza e correttezza stilistica parte
proprio dal presupposto che lo strumento sia il più
possibile integro e senza difetti. La storia della musica
corale passa inevitabilmente attraverso quella dello
sviluppo della tecnica vocale vera e propria, oltre che
dalle caratteristiche stilistiche che contraddistinguono
ogni epoca. È perfino banale ricordare come la voca-
lità usata nel Rinascimento sia assai lontana (ma non
certo meno raffinata!) da quella legata, per esempio,
al periodo romantico. Quali caratteristiche deve per-
tanto possedere un coro per potersi destreggiare digni-
tosamente fra repertori distanti secoli fra loro, come
è richiesto al Coro dell’Accademia Stefano Tempia?
Una grande capacità, che spazia dai problemi legati
alla tecnica vocale, alla coscienza dell’intonazione,
fino alla conoscenza stilistica e alla cultura musicale
vera e propria.
Il mio lavoro con il Coro dell’Accademia, iniziato
da qualche mese, è simile a quello del liutaio: non
è cosa semplice arrivare ad acquisire le conoscen-
ze basilari della tecnica vocale, così come ottenere
l’affinamento dell’”orecchio” del coro; questo deve
essere alla base dell’impegno che un’istituzione im-
portante come la nostra deve garantire a fronte di una
programmazione impegnativa che vede un gruppo,
formato non da cantanti professionisti ma da semplici
appassionati del canto corale, affrontare partiture di
grande difficoltà esecutiva. Questo lavoro presuppo-
ne ovviamente una grande disponibilità da parte di
tutti perché, come nelle opere di vero artigianato, la
qualità richiede pazienza e tempo, caratteristiche che
il Coro dell’Accademia ha dimostrato fin da subito di
avere.
* maestro del Coro dell’Accademia Stefano Tempia
È
giovedì, stasera c’è lezione alla Stefano Tem-
pia. A differenza del lunedì, quando le tre classi
della scuola seguono lezioni separate di vocalità
e solfeggio, il giovedì è speciale, perché c’è musi-
ca d’insieme. Tutti gli allievi si trovano in un’unica
aula e l’atmosfera è sempre un po’ elettrica.
I saluti manifestano un certo entusiasmo, gli
sguardi si incrociano carichi di curiosità. Dopo
qualche mese di corso ci si conosce di più e si
conversa davvero volentieri; qualcuno ha già stretto una simpatica amicizia col
vicino di sezione. Poi, a un dato momento, io faccio un passo avanti nel semicer-
chio delle sedie e apro le mani, in silenzio. Rapidamente tutti tacciono, si alzano in
piedi e la lezione comincia. I primi esercizi sono di postura e di respirazione. Sono
un po’ buffe tutte quelle “sssss”, “sccc”, “rrrrr”, ma ormai ne abbiamo imparato
l’utilità. I vocalizzi, poi, possono apparire noiosi, invece tutti li affrontano come
la prima sfida della serata per ottenere una buona emissione. Pian piano il suono
vocale nasce e prende forma fino a vivere, spaziare, brillare: siamo pronti per stu-
diare un po’. Stasera affrontiamo un brano medioevale a tre voci, ma già la partitura
scatena qualche domanda: come mai non compare la tipica suddivisione tra le voci
(soprano, contralto, ecc.) bensì oscure indicazioni in latino? Allora si discute un po’
di trascrizione moderna e del nome delle voci, a cominciare dal famigerato
tenor
,
che oggi evoca un divo e invece in origine era solo la voce che “teneva” la melodia
sulla quale il brano era costruito. Poi, finalmente, si canta. Studiamo una voce per
volta, fino a costruire l’insieme. C’è sempre un dettaglio da mettere a posto, un
salto, una vocale, un fiato, ma il bello è che il tutto prende sempre più vita e suo-
no. Ripassiamo altri brani, sempre cercando qualche rifinitura tecnica o espressiva.
Alla fine ci salutiamo contenti: anche questa sera siamo arrivati un po’ stanchi, ma
torniamo a casa carichi di energia. Perché non venite anche voi?
* insegnante di vocalità e musica d’insieme dell’Accademia Stefano Tempia
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Stefano Tempia: un coro dal liutaio
di Dario Tabbia
*
Un giovedì
a scuola di coro
di Pietro Mussino
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