Sistema Musica - Maggio 2012 - page 17

C
osa accomuna Rossini e Jimmy Fontana? Pergole-
si e il rapper Fabri Fibra? Beniamino Gigli e il vincitore
dello scorso
Sanremo Giovani
Raphael Gualazzi? E an-
cora: Renata Tebaldi, Franco Corelli, il jazzista Saturni-
no Celani e persino il tanto vituperato Giovanni Allevi?
Sono tutti marchigiani. Le Marche sembrano davvero
essere una terra fertilissima per la musica, in tutte le sue
forme. E se qualcuno avesse notato la mancanza di un
direttore d’orchestra nell’elenco riportato, eccolo ac-
contentato: Michele Mariotti, trentatreenne, pesarese,
direttore principale del Teatro Comunale di Bologna e
al suo debutto nella
Norma
di Bellini al Regio di Torino.
Qualche tempo fa, in occasione di un suo concerto a
Reggio Emilia per ilTricolore, ha detto: «Niente valzer:
siamo italiani!» Come vive oggi la sua italianità?
«Sono orgogliosissimo di essere italiano! Anche se sono
piuttosto arrabbiato con la mia nazione: ci si lamenta
tanto dei tagli alla cultura quando il problema secondo
me è quello della cultura dei tagli. Tagliare la cultura in
un paese fondato sull’arte e sulla cultura significa di-
struggerlo. Perché l’Italia è la sua cultura. E dovrebbe
essere orgogliosa dei suoi prodotti artistici. Io non mi
vergogno di dire che amo il così detto “zum pa-pa”
dell’opera italiana: è un elemento musicale indiscuti-
bilmente geniale, schietto, cristallino».
Il suo repertorio operistico è fatto quasi esclusivamen-
te di titoli italiani. Quando un’apertura verso l’Europa?
«Qualche anno fa mi hanno proposto di inaugurare la
stagione del Comunale di Bologna con
Tannhäuser
: ho
rifiutato, perché serviva un direttore più esperto. Per ora
preferisco navigare acque che conosco, come quelle
del belcanto. Non sono ancora pronto per affrontare
opere come
Otello
o
Falstaff
. Non è una questione di
tecnica direttoriale, ma di esperienza umana. Non ho
mai inteso la mia carriera come una lotta contro il tem-
po: non voglio arrivare il prima possibile, ma fare i passi
giusti».
Come affronta un titolo come
Norma
?
«Quando ci si avvicina ai capolavori, la difficoltà più
grande è proprio il successo che quelle opere hanno
storicamente ottenuto. Io cerco di evitare sia la mera
riproposizione della tradizione, sintomo di pigrizia, sia
l’ansia di dire assolutamente qualcosa di nuovo, che
può essere pericolosa. Cerco di muovermi in una via
di mezzo tra questi estremi.
Norma
poi è un’opera di
grande modernità: intima, familiare, e vorrei dar risalto
a questa dimensione domestica».
Che rapporto ha con la musica contemporanea?
«La adoro e ci credo. Ma sono contrario alle crociate.
Bisogna essere molto attenti al dosaggio. Riempire una
stagione di musica contemporanea potrebbe essere
controproducente, esattamente come proporre soltanto
classici. Certo programmare esclusivamente ciò che il
pubblico già ama è sbagliato: abbiamo il dovere di far
capire che la musica non è morta».
La generazione di giovani direttori alla quale lei ap-
partiene ha una particolare attenzione nei confronti
della comunicazione con il pubblico e con i musicisti
dell’orchestra; un po’ come se fosse scesa dal piedi-
stallo del direttore, per adottare un atteggiamento più
diretto e spontaneo.
«Fortunatamente! Il contrario sarebbe controproducen-
te: il direttore viene smascherato non appena sale sul
podio davanti all’orchestra per le prove. Siamo lette-
ralmente scannerizzati. L’orchestra capisce immediata-
mente chi sei. Tanto vale essere naturali e spontanei».
Un direttore giovane può essere utile per attirare un
pubblico nuovo?
«Noi abbiamo il dovere di sensibilizzare i giovani. Io
vorrei che venissero aperte alle scuole le prove di as-
sieme, dove si ride, si parla, si suda e si cresce. Poi i
ragazzi possono tornare ad ascoltare musica leggera,
ma avranno capito che il teatro è arte ed è vita».
intervista
Michele Mariotti
«È un’opera di grande modernità»
di Paolo Cairoli
sistemamusica
teatroregiotorino
17
1...,7,8,9,10,11,12,13,14,15,16 18,19,20,21,22,23,24,25,26,27,...28
Powered by FlippingBook