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ichele Mariotti ha già diretto in un paio di
occasioni il
Concerto per 2 pianoforti e percussioni
di Bartók.
«Sì, e sempre con il Trio Diaghilev, che ha un per-
cussionista straordinario in grado di suonare per
due. In genere amo accostare questo brano a un
repertorio sinfonico ben determinato come l’
Ottava
di Dvoªák o la
Grande
di Schubert…»
In questa occasione, insieme a Bartók, troviamo
Smetana con il ciclo
Má Vlast
.
«Il tentativo è quello di individuare un filo rosso tra
i due pezzi basato sulla capacità, da parte dell’au-
tore, di rileggere l’elemento popolare o folklorico in
maniera classica e con un respiro sinfonico».
Il legame con la tradizione si coglie in entrambi i
lavori. Ma quali sono le differenze più evidenti, tra
i due compositori, al di là del rilievo cronologico?
«Bartók ama scomporre e ricomporre il tema ispi-
ratore, mettendo in atto un meccanismo di scrittura
molto sofisticato. Smetana è più immediato nell’ap-
proccio e non ha remore nel citare il richiamo po-
polare in maniera esplicita. Anche per questo risul-
ta, all’apparenza, più fruibile per il pubblico».
A proposito di Bartók, invece: trova che la versio-
ne sinfonica aggiunga qualcosa di forte all’idea già
elaborata nell’originaria
Sonata per 2 pianoforti e
percussioni
?
«Non tantissimo nei movimenti estremi. È nel
Len-
to
centrale, invece, che il fattore orchestra diventa
decisivo, creando un’atmosfera sospesa, direi, di
grande effetto».
Cambiamo argomento: da qualche mese lei è di-
ventato direttore musicale del Comunale di Bolo-
gna dove, poco più che adolescente, aveva ricoper-
to il ruolo di direttore principale. Sembra una di
quelle storie di calciatori che cominciano da allievi
per finire in prima squadra…
«… e poi magari in Nazionale, come Marchisio
(sono tifoso della Juve)! Scherzi a parte, devo dire
che a Bologna mi sento a casa, avendo consolidato,
negli anni, buoni rapporti con tutti, dai professo-
ri d’orchestra, ai macchinisti, alle sarte. Mi hanno
dato fiducia incondizionata, in Teatro, sin dal primo
momento, e sento il dovere di ripagarla».
Anni complicati per le fondazioni liriche italiane. A
Bologna che aria tira?
«Buona, dal mio punto di vista. Vogliamo risponde-
re con l’aumento di produttività alla crisi in aggua-
to. Occorre dare, oggi, un messaggio di forza all’e-
sterno, nel rispetto della funzione pubblica di ogni
teatro. Costruire, insomma, è il migliore antidoto al
senso di frustrazione incombente».
giovedì 11 dicembre
turno rosso - ore 21
venerdì 12 dicembre
turno blu - ore 20.30
Auditorium Rai
Arturo Toscanini
Orchestra Sinfonica
Nazionale della Rai
Michele Mariotti
direttore
Trio Diaghilev
Daniela Ferrati
pianoforte
Mario Totaro
pianoforte
Ivan Gambini
percussioni
Bartók
Concerto per 2 pianoforti,
percussioni e orchestra
Smetana
Má Vlast
(
La mia patria
),
ciclo di 6 poemi sinfonici
nel bosco
,
Pollicino
,
Laideronnette imperatrice
delle pagode
,
Le conversazioni della Bella e la
Bestia
e il misterioso
Giardino fatato.
L’Orche-
stra Sinfonica Nazionale della Rai, diretta da
Val¶uha – appena tornata da una trionfale tour-
née in Germania e Svizzera – sarà quindi im-
pegnata nel rendere gli strabilianti effetti di una
complessa partitura come quella di Ravel. Un
esempio? Il finale del
Giardino fatato,
che brilla
di luce propria, con quel magnifico crescen-
do fatto di ampi e sfolgoranti glissandi. Chiu-
de il programma la suite dal balletto
L’oiseau
de feu
di Stravinskij. Il balletto narra la vittoria
del bene (rappresentato dall’uccello di fuoco)
contro il male (l’immortale mago Katschei), una
storia colorata da Stravinskij con surreali e me-
ravigliosi timbri. Un finale che è anche di buon
auspicio per il 2015 ormai alle porte.
di Stefano Valanzuolo
intervista
Michele Mariotti
«Rileggo il richiamo popolare
di Dvoªák e Smetana»
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