Sistema Musica - Dicembre 2014 - page 13

giovedì 18 dicembre
turno rosso - ore 21
venerdì 19 dicembre
turno blu - ore 20.30
Auditorium Rai
Arturo Toscanini
Orchestra Sinfonica
Nazionale della Rai
James Conlon
direttore
Lise De La Salle
pianoforte
Musorgskij
Tre brani da
Khovanš¶ina
Rachmaninov
Concerto n. 1 per
pianoforte e orchestra op. 1
µajkovskij
Sinfonia n. 4 op. 36
D
irettore tra i più versatili e
completi del pianeta, James Con-
lon si distingue per un repertorio
vastissimo, che va dagli imman-
cabili classici sinfonici alle opere
contemporanee o dimenticate.
Americano, sessantaquattro anni,
ha diretto teatri, festival e rassegne
in tutto il mondo e attualmente è
direttore musicale della Los An-
geles Opera e del
Ravinia Festi-
val
. A Torino dirigerà l’Orchestra
Nazionale della Rai in un pro-
gramma che accosta alcuni bra-
ni da
Khovanš¶ ina
di Musorgskij
alla
Sinfonia n. 4
di µajkovskij, al
Concerto n. 1 per pianoforte e or-
chestra
di Rachmaninov eseguito
dalla pianista Lisa De La Salle.
Maestro, il programma del con-
certo è pienamente russo.
«Amo profondamente la musica
russa. Fin da studente ho avuto
una forte attrazione per l’opera
di Musorgskij; sono quindi felice
di eseguire brani da
Khovanš¶ina
perché al grande pubblico sono
poco noti, in particolare
Esilio di
Golicyn
e
Danza degli schiavi per-
siani
. Eseguirò il preludio nell’or-
chestrazione di Šostakovi¶ e non
in quella di Rimskij-Korsakov (che
è la più conosciuta) perché la ri-
tengo più vicina al testo originale.
Ho cominciato invece ad amare
µajkovskij più avanti con l’età e il
mio interesse verso di lui continua
a crescere».
Poi c’è Rachmaninov, composi-
tore amato dal pubblico e un po’
bistrattato dalla critica. Qual è la
sua opinione in merito?
«Rachmaninov, come talvol-
ta µajkovskij, è sottovalutato e
spesso snobbato. Ovviamente
non condivido queste posizioni.
Rappresenta l’ultima traccia del
Romanticismo ottocentesco e gli
ultimi suoi lavori aprono le porte
all’immenso sviluppo del linguag-
gio post-romantico. Inoltre penso
che il suo
Primo
concerto
per
pianoforte
non sia eseguito abba-
stanza».
Com’è lavorare con l’Orchestra
Sinfonica Nazionale della Rai?
«L’ho già diretta due volte con
enorme piacere e affrontando tre
stili molto differenti: nel primo
caso con musiche di µajkovskij e
Mendelssohn, nel secondo con la
Settima sinfonia
di Mahler. Sono
rimasto impressionato dalla ma-
niera idiomatica con la quale
l’Orchestra ha interpretato questi
compositori. Inoltre, grazie a que-
sta collaborazione, ho scoperto
che città straordinaria sia Torino».
Lei è noto anche per aver “sco-
perto” o rivalutato musiche di
compositori esiliati o condannati
dal regime nazista. Da dove viene
questo suo interesse?
«Tutto è nato durante i miei anni
tedeschi (sono stato direttore mu-
sicale generale della città di Colo-
nia tra il 1989 e il 2003). Il primo
compositore ad attrarre la mia at-
tenzione è stato Alexander Zem-
linsky, di cui ho voluto registrare
tutta la produzione orchestrale
oltre a tre delle sue otto opere.
Concentrandomi su di lui, mi
sono reso conto di quanti fossero
i compositori che avevano scritto
musica bellissima ma non esegui-
ta perché censurata dal regime. La
mia missione, che si basa su una
combinazione di ragioni storiche,
artistiche e morali, è quindi quella
di rimettere in piedi un repertorio
cancellato dalla storia».
Lei dirige tantissimo, e di tut-
to; sembra non essere selettivo.
Come sceglie il repertorio?
«Dirigo regolarmente, esattamen-
te come un pianista o un violinista
si esercitano tutti i giorni. È una
scelta di vita, ed effettivamente ho
un vasto repertorio, ma semplice-
mente perché non posso vivere
senza Mozart, Mahler, Brahms,
Beethoven, Dvoªák, µajkovskij,
Verdi, Wagner e molti altri. Co-
munque anche io seleziono, non
dirigo più programmi che non mi
interessano».
Le capita mai, mentre dirige o
studia una partitura, di avere la
tentazione di cambiare qualcosa?
«All’età di quindici anni mi sono
accorto di non aver nulla da dire
come compositore. Piuttosto che
dare musica mediocre al mondo,
ho deciso che mi sarei dedicato a
interpretare al meglio quella che
già esisteva. Credo che sia una
buona cosa tenere separate la pro-
fessione dell’interprete da quella
del compositore; certo che, se uno
è in grado poi di far bene entram-
be le cose, è solo da ammirare. Io
ho deciso di dirigere e non ho rim-
pianti per la mia scelta».
intervista
James Conlon
«Dirigere, la mia scelta di vita»
di Federico Capitoni
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