Sistema Musica - Aprile 2011 - page 24

P
arecchia musica strumentale e vocale e un’opera
lirica sono fluite dalla sua penna prima dei trent’anni.
Gli impegni come direttore lo vedono ormai coinvolto
un po’ in tutto il semiglobo occidentale (e non solo).
Occorrerebbe riflettere sul fatto che ci sia voluto un
quinquennio di permanenza a Londra per scoprire, a
Torino, che il torinese Francesco Cilluffo sia ben più di
una promessa per il futuro. Siamo ora contenti di regi-
strare un’altra significativa tappa nel suo percorso, con
l’esecuzione del
Requiem
di Mozart, coprodotto da
Orchestra Filarmonica di Torino e Accademia Stefano
Tempia.
Maestro Cilluffo, ha già diretto il
Requiem
di Mozart?
«No, però ho all’attivo diverse esecuzioni di sinfonie e,
ultima esperienza in ordine di tempo,
Le nozze di Figa-
ro
a Byblos, nella prima produzione operistica libanese.
Eravamo in un anfiteatro da quattromila posti gremito
di tanti giovani che hanno seguito con grande parteci-
pazione tutta l’opera. Un’occasione per sperimentare
dal vivo quanto sia tangibile la cosiddetta universalità
mozartiana».
Eseguirete il completamento di Robert Levin. Come sie-
te arrivati a questa scelta?
«Ho proposto questa versione per più motivi. Oltre al
fatto che non è stata finora eseguita a Torino (e quan-
tomeno rarissimamente in Italia), è realizzata secondo
criteri che condivido profondamente».
Proviamo a palesarli?
«Intanto ci sono due macroscopiche
novità. Dopo il
Lacrimosa
Levin ha
composto la fuga sull’
Amen
(assente
nella versione Süssmayr) seguendo gli
abbozzi di Mozart scoperti nel 1962.
Poi la ripresa della fuga dell’
Hosanna
nel
Benedictus
è ampliata e trasportata
nella tonalità d’impianto, seguendo le
consuetudini mozartiane di altre com-
posizioni sacre come la
Messa in do
minore
, altro grande lavoro non finito».
Anche l’orchestrazione costituisce un
grosso punto interrogativo nell’incom-
piuto mozartiano...
«Su questo fronte Levin ha sottratto pa-
recchio alla sovrabbondante strumen-
tazione di Süssmayr che siamo abituati ad ascoltare.
Molti raddoppi delle voci vengono meno, come nel
Re-
cordare
. Così anche l’amplificazione dei tromboni nel
Rex tremendae
, il che fa tanto più assomigliare quella
triplice invocazione all’inizio della
Passione secondo
Giovanni
di Bach. Levin si è concentrato molto sul co-
lore e sulle scelte stilistiche, recuperando un “gesto” più
genuinamente mozartiano».
In che senso?
«La stessa fuga sull’
Amen
è scritta in modo scarno, con
un contrappunto molto aspro, quasi espressionistico,
eppure vicino alla sensibilità mozartiana. Il timbro ge-
nerale di questo
Requiem
è meno patinato e “classico”,
più crudo e diretto, meno avvolgente e rassicurante. La
ripresa del tema nel
Lacrimosa
è anticipata di qualche
battuta, secondo un gesto tipico di Mozart che innesca
false riprese, spiazza l’ascoltatore trasgredendo le sim-
metrie più scontate. Lo fa anche con gli ingressi del sog-
getto nella fuga del
Kyrie
».
Il
Requiem
è una di quelle opere che ha una storia ese-
getica ed esecutiva da far tremare i polsi. Come ci si
confronta?
«Penso che un direttore d’orchestra debba avere una
solida base tecnica ma anche documentarsi su ciò che
sta dietro le note, perché nella maggior parte dei casi si
tratta di ciò che ha creato quelle note. Imprescindibile
studiare in profondità un pilastro nella letteratura mo-
zartiana come il libro di Ernesto Napolitano – un libro
che chiunque voglia dirigere il
Requiem
(e Mozart in
generale) dovrebbe leggere –, fondamentale non solo
per gli aspetti analitici, ma anche perché mi ha aiutato
a organizzare in modo consapevole pensieri prima sol-
tanto intuiti. Forti delle proprie convinzioni ci si può a
quel punto confrontare con le incisioni, andare a lezio-
ne da Bernstein o da Hogwood…»
Quali idee vorrebbe trasmettere con la sua direzione?
«L’idea che quello di Mozart è un
Requiem
che riflette
sulla morte guardando alla vita, che interpreta il tema
sacro meditando sull’animo umano. Mi ricorda per que-
sto un famoso passo del
Deuteronomio
: “Non è in cie-
lo”, nel senso che l’interpretazione del testo sacro non
va cercata in un altrove ma in noi. Da un certo punto
di vista i tre grandi
Requiem
di Mozart, Verdi e Britten
sono affini: affrontano la spiritualità svincolati dalla litur-
gia, con un approccio “laico”».
MOZART, IL REQUIEM
Orchestra Filarmonica
di Torino
domenica 17 aprile
Conservatorio - ore 17
prova generale
Accademia Corale
Stefano Tempia
lunedì 18 aprile
Conservatorio - ore 21
Orchestra Filarmonica
di Torino
martedì 19 aprile
Conservatorio - ore 21
Orchestra Filarmonica
di Torino
Coro dell’Accademia
Stefano Tempia
Coro Eufoné
Francesco Cilluffo
direttore
Michele Frezza
Alessandro Ruo Rui
maestri dei cori
Chiara Giudice
soprano
Annalisa Stroppa
mezzosoprano
Alejandro Escobar
tenore
Maurizio Franceschetti
basso
Mozart
Requiem
K. 626
(revisione di Robert Levin)
In collaborazione con
l’Accademia della Voce
intervista
Francesco Cilluffo
«Porto a Torino una nuova versione
del
Requiem
di Mozart»
di Simone Solinas
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