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A
l centro della scena un cubo. Il più semplice di quei solidi
platonici che rappresentano geometricamente la bellezza dell’ar-
monia sonora e cosmica. Il cubo al quale Platone associa l’ele-
mento terra: la sua forma lo rende, infatti, il più immobile ma an-
che il più plasmabile dei corpi. Il cubo nel quale Marsilio Ficino,
molti secoli più tardi, riconoscerà il nesso col senso, musicalissi-
mo, del tatto. D’altronde, in scena c’è un cubo di tulle: materiale
tattile ma evanescente; solido, ma a suo modo appunto plasma-
bile. Il richiamo a Platone diviene, poi, ineludibile allorquando si
scopre che l’elemento musicale, che animerà quel cubo di tulle,
è costituito dalle partiture di Johann Sebastian Bach: due delle
celebri Suite per violoncello. La
Quarta
e la
Quinta
sono quelle
scelte da Mario Brunello – che vedremo proprio chiuso all’inter-
no di quel cubo − per la sua nuova produzione multimediale:
videoproiezioni con la partecipazione di Vinicio Capossela, live
electronics, suoni analogici (quelli del violoncello di Brunello)
che si combinano con suoni registrati (come quelli di un piano-
forte nell’esecuzione della versione armonizzata da Schumann
della
Sarabanda
dalla
Quinta suite
di Bach) e campioni digitali.
E la musica di un compositore dei giorni nostri, Alexander
Kneifel (russo, classe 1943, due pagine per 2 violoncelli e 2
voci – anche queste registrate – dal suo
Lux Aeterna
), che
s’incrocia con quella del musicista di Eisenach.
Tutto questo è in estrema sintesi
Pensavo fosse Bach
. La
polifonia bachiana – già esaltata dall’analogia geometrica
del cubo al centro della scena – viene ancor più marcata,
del resto, dal gioco delle proiezioni. Quasi in una sorta di
canone visivo a più parti, l’immagine di Mario Brunello si
sdoppia e si triplica, dialogando col violoncellista in car-
ne e ossa chiuso nel suo cubo. Giochi di avatar, che
finiscono per evocare quasi naturalmente (la natu-
ralezza complice e ludica del digitale alla quale
ormai ci siamo spontaneamente assuefatti e
che però non finisce mai di destare altrettanto
spontanea meraviglia) quel Capossela che in
scena c’è solo come proiezione. È lui a far
da “guida” allo spettatore. Nel corso dell’ora e mezza
circa dello spettacolo, Capossela parla a chi vede e ascolta.
Le sue parole conducono il pubblico a meravigliarsi del
proteiforme genio bachiano, la cui opera – possiamo
ben dire caso unico nella storia della musica – con-
tinua a suggerire letture le più diverse; la cui opera
– caso unico nella storia della musica – può essere
ammirata da infinite angolazioni e fugge, sempre nuo-
va, sempre sorprendente, lungo infinite prospettive.
Pensavo fosse Bach
Brunello e Capossela
in versione
multimediale
di Fabrizio Festa
lunedì 22 marzo
Teatro Regio
ore 20.30
I Concerti 2009-2010
PENSAVO FOSSE BACH
con
Mario Brunello
e la partecipazione
nei video
di
Vinicio Capossela
Idea e progetto
di
Saul Beretta
e
Mario Brunello
Regia
di
Francesco Frongia
R
avel entra nella classe di compo-
sizione di Fauré nel gennaio del 1898.
Nel suo curriculum non ci sono (e non
ci saranno) premi e medaglie importan-
ti, e non si palesa neppure come un al-
lievo particolarmente geniale. Ma legge
Poe e Mallarmé, e conosce la musica
di Satie. Insomma, Fauré intuisce in lui
quel senso della modernità che questo
programma a suo modo esalta. Una
modernità che tesse la sua trama sonora
nell’intreccio con la letteratura, la dan-
za, il teatro e soprattutto la geografia,
rievocando peraltro il tema classico del
viaggio. Naturalmente quest’ultima è
a volte “verista”, come negli
Interludi
marini
che Britten trasse dal suo
Peter
Grimes
, a volte immaginaria, come nel
celebre
Boléro
.
È quasi diaristica
negli scali navali
di Ibert (ancora il
mare, il Mediter-
raneo di Palermo
e di Tunisi, e an-
cora la Spagna,
quella di Valen-
cia). Infine si fa
fantastica nell’at-
traversare la fore-
sta di simboli del
Pelléas et Méli-
sande
, che in cer-
to senso, proprio
nell’esaltazione
del simbolo, rac-
chiude il segreto
di quella moder-
nità.
(f.f.)
Filarmonica
‘900 e
Yutaka Sado
Nel segno
della modernità
lunedì 1 marzo
Teatro Regio - ore 20.30
I Concerti 2009-2010
Filarmonica ’900
del Teatro Regio
Yutaka Sado
direttore
Britten
Four Sea Interludes
op. 33a
Ibert
Escales
(1922)
Fauré
Pelléas et Mélisande
,
suite op. 80
Ravel
Boléro
Con il contributo
della Fondazione Crt