Fin dai tempi remoti i giochi con i dadi e quelli con le carte furono particolarmente diffusi in Piemonte: i primi per un lungo periodo osteggiati dalle autorità, i secondi consentiti soprattutto per l'utile che lo stato ne traeva; fu Emanuele Filiberto, con Lettere Patenti del 12 febbraio 1579, a imporre una gabella sulle carte con la quale assicurava allo stato il monopolio della fabbricazione e dello smercio. Maggiormente deteriorabili rispetto a dadi, biglie e palle, le carte garantivano frequenti ricambi e rilevanti introiti. Il 26 ottobre 1681, con regie patenti, Vittorio Amedeo II proibì
vari passatempi fra cui il gioco di carte detto della "Bassetta"
o "pour et contre". Il gioco d'azzardo venne combattuto
a più riprese sia per tutelare l'ordine pubblico, sia
per evitare la rovina economica dei singoli che causava la sottrazione
di ingenti entrate dalle casse dello stato. I giocatori abusivi
erano puniti con ammende di natura economica, con il carcere
e, nei casi più gravi, con pene corporali. |
Il fa per tutti ossia la fortuna in giro per l'anno 1809,
almanacco, Torino, Francesco Binelli Librajo, 1809. Due carte da gioco di fine Settecento dipinte a mano. Le Truffe del Giuoco della Bassetta ossia l'arte di conoscere
e difendersi dai giuocatori d'avvantaggio, Torino, Stamperia
Pane e Barberis, 1802-1803. Marche e bolli da imprimere sulle fasce dei tarocchi e delle
carte. Manifesto camerale, Torino, 12 giugno 1815. Verbale di arresto di alcuni giocatori d'azzardo nel Registro
degli atti ed informazioni fiscali a riguardo de' giuochi proibiti,
Torino, 9 novembre 1795. |
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