A
ngela Hewitt rinnova la sua collaborazione con
l’Orchestra della Rai con un tutto Bach, e quindi la pri-
ma domanda della nostra intervista non può che esse-
re una: perché focalizzare un’intera carriera su Bach?
«Fin da bambina ho amato Bach perché mio padre
era organista nella Cattedrale di Ottawa, ed eseguiva
la sua musica meravigliosamente. Mia madre, poi,
pianista, mi ha dato le prime lezioni fin da quando
avevo tre anni, e molto presto ho cominciato a suo-
nare Bach. Tutti i miei successivi insegnanti hanno
sottolineato l’importanza di affrontare la sua musi-
ca sul pianoforte. Ovviamente, però, da studente
ho studiato tutto il repertorio, non solo Bach. Se la
mia carriera sembra centrata sulla sua musica è per-
ché ho registrato ed eseguito tutte le sue maggiori
composizioni per tastiera, il che, per me, è l’idea-
le, considerando che non credo esista musica più
grande della sua. Al pianoforte Bach canta e danza:
nell’eseguire le sue musiche emergono tanto le di-
verse emozioni, quanto una vasta gamma di colori;
può essere ben fraseggiato e articolato, senza dare
l’impressione che suoni in maniera meccanica. Bach
deve essere anche eseguito secondo lo stile dell’e-
poca, e questo prevede un tipo particolare di stu-
dio e la consapevolezza di come la musica barocca
venisse interpretata ed eseguita all’epoca; bisogna
anche conoscere le caratteristiche tipiche dei singoli
movimenti di danza. Non è facile. Tutto in Bach è
scoperto, evidente!»
Bach al pianoforte vanta una lunga tradizione, che
da Busoni è arrivata perfino a Keith Jarrett, tradizio-
ne che si è mantenuta viva anche nel momento in
cui si è cominciato ad affrontare la musica barocca
in maniera filologica. Nel confronto, quel Bach pia-
nistico appare come una sorta di testimonianza del
passato. Perché dunque suonare ancora oggi Bach
al pianoforte?
«Ci sono molti modi differenti di suonare Bach. Per
esempio, nelle sue partiture raramente troviamo in-
dicazioni riguardo al tempo, al fraseggio, all’artico-
lazione, alla dinamica. Quindi all’epoca ci si affida-
va a un certo buon gusto nel suonare e fondamentale
era il passaggio d’informazioni da maestro ad allie-
vo, e persino da padre in figlio, in stretta connessio-
ne peraltro con l’arte della composizione. Di questo
si è persa in gran parte traccia oggi. Credo, però, non
ci sia miglior strumento del pianoforte moderno per
eseguire quei lavori per tastie-
ra, usandolo naturalmente in
maniera corretta (magari senza
annegare il tutto col pedale)».
Ha mai pensato di eseguire
Bach al clavicembalo?
«No. Suono il clavicembalo
solo quando eseguo il conti-
nuo e dirigo un’orchestra ba-
rocca. L’ho fatto con i
Bran-
deburghesi
, ma il
Quinto
l’ho
anche eseguito col pianoforte
(e qualche volta combinando-
lo con il clavicembalo nel con-
tinuo, ovviamente con un altro
musicista impegnato a suonare
con me). Sul clavicembalo è
impossibile imitare il crescere
e il decrescere della voce umana e, dopo cinque mi-
nuti che lo suono, ne ho abbastanza e non vedo l’ora
di tornare a suonare il piano».
Cosa ne pensa dell’approccio filologico alla musica
barocca?
«Certo è un approccio davvero interessante, dal qua-
le si può imparare tanto. Ma ho sempre pensato che
ciò che i cosiddetti “esecutori su strumenti d’epoca”
fanno è ciò che qualsiasi altro buon musicista do-
vrebbe comunque fare».
Suonare e dirigere allo stesso tempo, è un nuovo
obiettivo e i suoi piani per il futuro vanno soprattut-
to in questa direzione?
«No, non si tratta di una novità per me. Per anni ho
diretto i
Concerti
di Bach seduta al piano, per me è
l’unico modo di eseguirli. Tutto deve corrispondere
a ciò che fa il pianista, e, peraltro, uso le mie perso-
nali parti per gli archi, tutte attentamente annotate.
Ho diretto ed eseguito anche Mozart e, nel genna-
io del 2013, lo farò con il
Secondo
e il
Quarto
di
Beethoven, sebbene non abbia alcuna ambizione a
diventare direttore d’orchestra. Per farlo sarebbe ne-
cessario un tipo specifico di studi e credo che troppi
musicisti cerchino di passare dallo strumento al po-
dio senza compiere il necessario percorso. Un vero
direttore d’orchestra è altro da uno strumentista che
dirige!»
giovedì 13 dicembre
turno rosso
venerdì 14 dicembre
turno blu
Auditorium Rai
Arturo Toscanini
ore 20.30
Orchestra Sinfonica
Nazionale della Rai
Angela Hewitt
direttore
e pianoforte
Marco Jorino
flauto
Luigi Arciuli
flauto
Roberto Ranfaldi
violino
Bach
Concerto n. 3 BWV 1054
Concerto n. 6 BWV 1057
Concerti Brandeburghesi
n. 4 BWV 1049
n. 5 BWV 1050
Concerto n. 1 BWV 1052
intervista
Angela Hewitt
«Non esiste musica
più grande di quella di Bach»
di Fabrizio Festa
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