Il cibo deve essere contemporaneamente fonte di gioia e di salute ed è importante
che torniamo a riconoscere il senso della fame e della sazietà.
Gli alimenti che vengono assunti durante tutto il giorno, comprese le bevande,
debbono far fronte al consumo di energia per mantenere in buona funzione
il nostro organismo, alla crescita ed all'attività fisica, ma tutto il superfluo,
soprattutto se l'attività fisica è modesta, sarà immagazzinato come tessuto
adiposo. Ogni pasto ha il suo apporto ideale di calorie e se è vero che
per pranzo possiamo consumare 2/5 di quelle a disposizione per tutto il
giorno, alla colazione dovremmo assicurarne almeno 1/5.
Un'ampia variabilità dei cibi garantisce una nutrizione bilanciata e completa,
perché sette sono i gruppi di alimenti che contengono principi nutrizionali
differenti, ma tutti indispensabili. Dei tre componenti della dieta che
forniscono calorie, la quota maggiore spetta agli zuccheri, quelli complessi
o amidi, e la quota minore alle proteine, comprese quelle di origine vegetale.
È auspicabile riscoprire il vero gusto dei cibi con l'uso di cotture semplici,
il consumo di verdure crude, di piatti regionali e di prodotti tipici. La
tecnica migliore per fare questo cammino è farlo in famiglia: i figli con
l'aiuto dei genitori e viceversa, ma anche con gli amici e con la classe
alla mensa scolastica per una positiva collaborazione con chi fornisce i
pasti e prepara i Menu. Questo servirà a stimolarci vicendevolmente, compatibilmente
con il numero degli utenti e le garanzie di sicurezza igienica, affinché
al pari della qualità, si raggiunga una elevata gradibilità, se non eccellenza
del gusto.
(a cura della Prof.ssa Bruna Santini
- docente del Dipartimento di Scienze Pediatriche e dell'Adolescenza dell'Università
di Torino)
Fate mangiare di tutto al bambino fin da piccolo, quando ancora le mode
alimentari e l'influenza dei ragazzi più grandi e della pubblicità non possono
condizionarne le scelte.
Se voi genitori non amate alcuni cibi peraltro molto salutari come il merluzzo,
il pesce azzurro, il fegato, i legumi secchi (fagioli, ceci e lenticchie),
vincete questa vostra abitudine e preparateli per tutti: sarà per voi un
sacrificio, ma vi accorgerete che a vostro figlio possono piacere. Non fate
scoprire al bambino i vostri gusti alimentari. Abituate i bambini alle cotture
più semplici (al forno, lessato, al vapore) fin da piccoli; evitando di
camuffare sempre con le fritture i cibi che non piacciono.
Se il bambino mostra un'insofferenza decisa per qualche alimento non insistete
nel darglielo; glielo fareste odiare di più. Riproponeteglielo invece a
distanza di tempo ogni tanto, ma con tatto e in maniera apparentemente disinteressata.
L'alimentazione non deve essere assolutamente usata per scopi educativi
o punitivi. Non si può usare il cibo come premio per ottenere qualcosa dal
bambino ma neppure, negandolo, come punizione. Il vecchio ricatto "a letto
senza cena" è quanto di più diseducativo (per l'organismo) esista; ma anche
gratificare il bambino con la pizza come premio non è meno dannoso, fisiologicamente
e psicologicamente. Analogamente, trattative genitori-figli del tipo "se
fai il bravo non ti do il pesce" sono quanto di più deleterio esista. Vostro
figlio scoprirà che il cibo può essere un'arma a doppio taglio e imparerà
presto a impiegarla al meglio; più tardi scoprirà che può essere anche un
modo per gratificare se stesso o per punire (se stesso o i genitori) arrivando
alle inappetenze o alle obesità adolescenziali apparentemente inspiegabili
Cercate di isolare il momento dei pasti dai problemi e dai conflitti familiari.
Specie quando i figli sono più grandicelli, il momento di sedersi a tavola
deve rappresentare uno spazio a sé, dove le tensioni familiari dovrebbero
scomparire. Se la tavola si trasforma in un ring, in cui i figli possono
essere, a seconda dei casi, pugili o arbitri, non potete pretendere che
mangino come piace a voi. (a cura del prof. Giorgio Calabrese, specialista in Scienza
dell'Alimentazione, docente di Alimentazione e Nutrizione Umana presso l'Università
Cattolica di Piacenza e presso l'Università di Torino e Visiting Professor
presso la Facoltà di Medicina della Boston University of Medicine).
Oltre a quello della sicurezza, l’altro principio da cui la ristorazione
scolastica non può prescindere è quello della somministrazione di porzioni
congrue rispetto alle esigenze nutrizionali degli alunni e coerenti fra
le varie componenti del pasto.
Com’è evidente, il pasto consumato a scuola è solo una delle occasioni nelle
quali si articola giornalmente l’alimentazione del bambino: quindi, i Menu
scolastici devono tener conto del fatto che il bambino, se alimentato correttamente
dalla famiglia, dovrebbe fruire almeno di altre due occasioni alimentari,
cioè la colazione e la cena, e possibilmente anche della merenda. La consistenza
delle porzioni dipende, inoltre, sia dalle caratteristiche dei singoli alimenti
(che, avendo componenti nutrizionali diverse, devono essere somministrati
in quantità conformi alla necessità dell’organismo), sia dai vari metodi
di cottura che riducono anche di molto la porzione servita (es. spezzatino
di bovino). Questo spiega perché, in certi piatti, le quantità somministrate
appaiono più abbondanti e in altri meno.
Ovviamente le ricette dei piatti somministrati giornalmente agli utenti
della ristorazione scolastica tengono conto, per ogni singola componente
del piatto stesso, dell’età del bambino. Il piatto da somministrare ad un
bimbo del nido sarà più consistente per un utente della scuola per l’infanzia
e aumenterà in proporzione per chi frequenta la scuola primaria o secondaria
di I grado.
Il peso di ogni singolo componente di un piatto, che come abbiamo visto
può variare a seconda dell’età del bambino, viene chiamato “grammatura”.
I capitolati per la ristorazione scolastica contengono quasi sempre le cosiddette
“tabelle dietetiche” nelle quali sono raccolte tutte le ricette impiegate
nei Menu.
Ogni ricetta contiene,
al suo interno, le diverse grammature di ogni singola componente che aumentano
proporzionalmente all’età del bambino.
Chi stabilisce le grammature adatte per i bambini in età scolare?
Il nutrizionista che elabora il Menu si rifà ai cosiddetti L.A.R.N. (LIVELLI
RACCOMANDATI DI ASSUNZIONE NUTRIENTI). I LARN Rappresentano le quantità
di nutrienti essenziali per l’organismo umano in rapporto all’età, sesso,
attività fisica e situazioni particolari come la gravidanza e l’allattamento.
Ma cosa sono veramente i LARN? . Ecco in breve la loro storia.
Vengono elaborati per la prima volta nel 1943 dalle autorità sanitarie statunitensi.
Codificano le necessità nutrizionali e forniscono gli standard per la nutrizione
ottimale che protegga l’intera popolazione dal rischio di carenze alimentari.
Sono le Rda, “Recommended Dietary Allowance”. Sulla loro scia, molti altri
paesi stilano negli anni successivi tabelle che precisano i livelli di assunzione
raccomandati, adattandoli alle diverse realtà e aggiornandoli periodicamente
in base alle nuove conoscenze in tema di nutrizione e di malattie correlate
con l’alimentazione.
In Italia, i primi LARN sono datati 1976. A distanza di dieci anni viene
completata la prima revisione. Dopo altri dieci anni (e siamo al 1996) ecco
la seconda edizione che, come le precedenti, è stata elaborata dalla Società
Italiana di Nutrizione Umana (Sinu). I Larn mirano a proteggere l’intera
popolazione dal rischio di carenze nutrizionali, fornendo indicazioni utili
per valutare l’adeguatezza della dieta media. Per stabilire con esattezza
le necessità nutrizionali è indispensabile definire da un lato i criteri
di valutazione ai quali fare riferimento e dall’altro le condizioni dell’individuo
per il quale si stanno stilando (età, sesso, peso, attiv??>ità fisica, ambiente,
stato di nutrizione precedente, regime).
I Larn di riferimento per i Menu delle scuole sono quelli relativi alla
popolazione in età compresa fra i 12 mesi e i 14 anni.
Ovviamente la situazione attuale è ben diversa da quando
i primi Larn videro la luce. Oggi il rischio maggiore per i nostri ragazzi
è la sovranutrizione.
L'obesità infantile è un problema di notevole rilevanza sociale. Il fenomeno,
denunciato a gran voce dai più autorevoli nutrizionisti è il risultato di
un bilancio energetico positivo protratto nel tempo; in pratica si introducono
più calorie di quante se ne consumano. I principali fattori di rischio sono:
Alimentazione
Spesso ci preoccupiamo quando il bambino mangia poco, raramente quando mangia
troppo. Se è vero che una dieta insufficiente può portare a deficit di vario
tipo (proteine, calcio, ferro, vitamine ed altri nutrienti essenziali alla
crescita), di contro, un introito calorico eccessivo determina, dapprima un
sovrappeso del bambino e poi, nella maggioranza dei casi, una manifesta obesità.
I genitori dovrebbero essere i primi ad accorgersi dell’eccessivo aumento
ponderale del bambino e mettere al corrente il pediatra, la persona più indicata
in questi casi. Spesso però il forte appetito, che a volte si traduce in una
vera e propria voracità, viene interpretato come un segnale di benessere e
si tende ad incentivarlo più che a limitarlo, con l’illusione che gli evidenti
chili di troppo possano scomparire con lo sviluppo. Il bambino “cicciottello”,
poi, ispira più simpatia di uno magro che anzi, tende a preoccupare il genitore.
Oltre a mangiare troppo, però, il bambino mangia in maniera sregolata, spesso
e male. Le tentazioni sono davvero tante, il frigorifero di casa è sempre
stracolmo di merendine e snack, costituiti da prodotti industriali ricchi
di calorie e grassi nascosti. Le bevande gassate, infine, eccessivamente zuccherine,
risultano essere un piacere insostituibile, da preferire all’acqua, specie
d’estate, dopo una sudata o in occasione del??>le “feste” con gli amichetti.
Sedentarietà
Oltre all’alimentazione scorretta e squilibrata, non dobbiamo sottovalutare,
come fattore di rischio, la ridotta attività fisica o la sedentarietà, frutto
di uno stile di vita sbagliato ma sempre di più frequente riscontro.
I piccoli, infatti, sono spesso accompagnati in macchina dai genitori, anche
se la scuola o la palestra distano pochi metri da casa, prendono l’ascensore
anche per un solo piano, passano ore ed ore davanti al computer e alla televisione
(con gli esempi negativi che accentuano le cattive abitudini alimentari),
escono sempre meno e così via.
L’esercizio fisico è di fondamentale importanza per il bambino che cresce,
in quanto, oltre a farlo dimagrire, lo rende più attivo, contribuendo a ridistribuire
le proporzioni tra massa magra (tessuto muscolare) e massa grassa (tessuto
adiposo). E’ sufficiente praticare un’attività aerobica leggera, senza affaticare
troppo l’organismo, come una pedalata in bici o una camminata, che sottopongono
i muscoli ad uno sforzo moderato ma costante.
La Famiglia- I fattori familiari non sono meno determinanti dei precedenti.
L’obesità, sotto certi aspetti, può considerarsi una conseguenza di fattori
ambientali.
L'esempio della famiglia è fondamentale: non si può parlare di educazione
alimentare se i genitori non iniziano per primi a seguire una dieta equilibrata;
allo stesso modo non è pensabile che il piccolo sia l'unica persona della
famiglia a mangiare un contorno di insalata quando tutti gli altri preferiscono
le patate al forno.
Le conseguenze
Occorre sottolineare che l’obesità infantile rappresenta un fattore predittivo
di obesità nell’età adulta. Oltre ad avere una maggiore predisposizione al
sovrappeso/obesità, la persona che è stata “cicciottella” da piccola, risulta
maggiormente esposta a determinate patologie, soprattutto di natura cardiocircolatoria
(ipertensione arteriosa, coronaropatie), muscoloscheletrica (insorgenza precoce
di artrosi dovuta all’aumento delle sollecitazioni statico-dinamiche sulle
articolazioni della colonna e degli arti inferiori, più soggette al carico),
conseguenze di tipo metabolico (diabete mellito, ipercolesterolemia ecc),
disturbi alimentari, fino allo sviluppo di tumori del tratto gastroenterico.
I bambini mangiano troppo e male. Quindici ragazzi su 100, in un’età critica
come quella tra i 6 e i 14 anni, sono obesi. Purtroppo, non si tratta di semplice
sovrappeso: in alcuni casi, ci troviamo di fronte a bambini francamente obesi.
Non solo, il 30% dei bambini obesi già soffre di malattie che un tempo colpivano
solo gli adulti come l’ipertensione e il colesterolo alto. I bambini e gli
adolescenti, quindi, non vanno lasciati liberi di mangiare come e quanto vogliono
perché possono incorrere in errori dannosi per la loro salute anche in futuro.
Per questo motivo, è fondamentale, nel caso dell’obesità infantile, il ruolo
che svolgono i genitori nell’educazione e nelle abitudini alimentari, ed è
opportuno che il ragazzo stesso maturi una propria coscienza su ciò che fa
bene o male alla sua salute e impari i comportamenti corretti in tema di alimentazione.
Sicuramente è difficile far amare frutta e verdura ai bambini, convincerli
a dosare i dolci e i grassi, invogliarli ad apprezzare la varietà dei cibi
ed abituarli a non eccedere nelle quantità, ma è uno sforzo necessario per
insegnare loro a non compromettere la propria salute. Senza ossessionare o
punire e senza penalizzare la gola, bisogna aiutarli a capire che cosa è meglio
mangiare ed indirizzarli verso un rapporto sano ed equilibrato con il cibo.
In particolare, i consumi dei ragazzi fuori casa sono disordinati perché fortemente
influenzati dalle suggestioni pubblicitarie e condizionati dalle mode del
gruppo dei coetanei.
In tale contesto la scuola, quindi, è ovviamente chiamata ad un intervento
“diretto” sull’alimentazione dei giovani in età scolare fornendo ai ragazzi
pasti nutrizionalmente bilanciati. Proponendo, sin dalla prima infanzia, piatti
“diversi” si potrebbe creare un’affezione al prodotto che darà certamente
frutti in età adulta. Per questo motivo bisognerebbe che i ragazzi, invece
??>di rifiutare i piatti talvolta in modo aprioristico, provassero ripetutamente
l’assaggio, poiché è con l’abitudine che si possono accettare sapori nuovi
e ci si abitua, quindi, a mangiare quasi di tutto. Certamente talune abitudini
alimentari non aiutano: ad esempio la pizza e le merendine consumate nell’intervallo
del mattino provocano una sensazione di sazietà e la conseguente inappetenza
a pranzo. Anche per questo motivo si cerca di promuovere il consumo della
frutta al mattino che, invece, fornisce il giusto ristoro e non guasta l’appetito.
Considerato, tuttavia, che il gradimento di un piatto è cosa quanto mai soggettiva
e, certamente, tutti non possono gradire tutto, le Commissioni mensa istituite
nelle scuole dispongono di apposite check-list per monitorare il gradimento
dei piatti giornalmente proposti. Detta modulistica, confrontata con quella
proveniente dalle Commissioni mensa di tutta la Città, fornisce utili indicazioni
circa le preferenze dei ragazzi e serve a limitare gli sprechi.