Cibi dei poveri e vitto per comunità
In momenti particolarmente critici l'amministrazione civica
talvolta interveniva direttamente promuovendo distribuzioni di
generi alimentari di prima necessità per i meno abbienti
a prezzi contenuti. Nel 1794 presso i forni pubblici si produceva
un particolare tipo di pane fatto con frumento e orzo, messo in
vendita a prezzo fisso in 8 botteghe della città elencate
in un bando. 122 Giovanni Michele Graneri, Friggitrice di polenta
e indovino, olio su tela, 1751-1760 |
123 Elenco delle botteghe nelle quali era messo in vendita
il pane fatto con grano e orzo, 1794 |
124 Elenco dei polentari dislocati nelle piazze e nei
rioni torinesi, 16 dicembre 1796 Nel 1884, in occasione dell'Esposizione Generale Italiana, furono
istituite a Torino le Cucine popolari, 8 punti di ristoro dislocati
in vari quartieri della città alla cui gestione contribuiva
il Municipio di Torino con un contributo annuo. Intento dell'istituto,
che annoverava tra i fondatori l'onorevole Tommaso Villa, presidente
dell'Esposizione, era di "fornire alla classe lavoratrice
meno agiata cibi preparati secondo le regole dell'igiene e dell'economia
domestica al puro prezzo di costo, escluso ogni carattere di speculazione
e di elemosina". In base a quanto prescritto dallo Statuto
Organico, approvato il 7 settembre 1886, oltre ad assicurare "una
sana e conveniente alimentazione" dovevano consentire agli
utenti un risparmio di denaro e al tempo stesso di "volgere
a più proficuo lavoro il tempo che altrimenti dovrebbero
impiegare alla provvista e preparazione dei cibi necessari alla
famiglia". 125, 126 Ingredienti utilizzati per la confezione
dei pasti presso le cucine economiche e prezzi delle razioni,
9 gennaio 1892 127 Antonio Maria Stagnon, Catherine de Basse Vallée
de St. Martin, incisione in rame acquerellata in Recueil
général […], circa 1785, tav. 41 128 Modello di cucina economica per comunità, fotografia,
1880 circa Elementi di grande interesse per tracciare un quadro dei
consumi alimentari dei ceti popolari si attingono dall'esame dei
resoconti delle comunità con compiti repressivi o assistenziali.
Per i ricoverati dell'Ospizio di Carità nel 1828 i medici
prescrivevano pane, carne, due minestre e vino "mischio"
ogni giorno, consigliando di sostituire alla carne le uova in
caso di difficoltà di digestione. Per i poveri di passaggio
la razione giornaliera consisteva in una minestra e 12 once di
pane. Scopo dell'Istituto agrario Bonafous, fondato nel 1871, era contribuire a promuovere una radicale riforma delle tecniche agricole con la formazione dei giovani contadini. Organizzato come un collegio nel quale vigeva una disciplina durissima, anche nella scelta del regime alimentare degli allievi si atteneva a una coerente linea di estremo rigore dettata da motivi economici e al tempo stesso ideologici. Gli amministratori consideravano infatti che "trattandosi di ricoverati poveri e destinati alla vita nei campi, riusciva non solo necessario, ma pericoloso č dar loro nel periodo educativo un trattamento superiore a quello che... avrebbero fruito all'uscita della colonia". Se in un primo tempo la dieta era analoga a quella che "si pratica in convitti destinati all'educazione di giovani avviati a studi ed a carriere superiori", un'analisi più attenta li aveva convinti che fosse inutile e deleterio servire ogni giorno carne e caffelatte a ragazzi che non vi erano abituati e che dopo l'uscita dall'istituto non avrebbero più potuto procurarseli. Sarebbero diventati degli "spostati" e il loro malcontento avrebbe finito per costituire un pericolo per la società. Meglio dunque abolire la razione giornaliera di carne, (110 grammi, ossa comprese) riservandola esclusivamente alle festività e sostituirla con cibi più abbondanti, adatti a chi svolgeva lavori faticosi nei campi; considerazioni ampiamente smentite nella pratica, se si confrontano in quantità e varietà i menù dei ricoverati e dei servitori con quelli degli impiegati dell'istituto. Per far fronte all'emergenza dettata dall'arrivo a Torino di profughi veneti e friulani durante la prima guerra mondiale l'amministrazione civica allestì 6 mense dislocate in vari punti della città. A colazione si somministrava caffè nero (fatto con caffè e cicoria) e pane; a pranzo pane, carne cotta e brodo tutti i giorni tranne il giovedì e il venerdì, in cui la carne era sostituita da minestrone di verdura con riso e pasta, pane, un uovo oppure insalata di patate o fagioli; la cena consisteva in minestrone e pane, tranne il giovedì e il venerdì in cui si serviva pasta asciutta o risotto. Ai bambini e agli ammalati veniva inoltre somministrato latte fresco o condensato. A partire dagli anni cinquanta del Novecento nelle tabelle dietetiche
elaborate per gli asili infantili compare il latte in polvere,
il cui consumo è promosso con campagne a livello nazionale
con l'intento di innalzare il tenore di vita della popolazione. 129 Fornitura di cibi per la preparazione dei pasti della
colonia agraria del Regio Ospizio di Carità per l'anno
1867 130 Dimostrazione del vitto giornaliero che si somministra
ai ricoverati ed agli Impiegati interni allegato alla Relazione
sullo stato della colonia Bonafous in Lucento, 1881 131,
132 Menu delle cucine allestite dall'amministrazione civica
torinese per il servizio profughi nel 1916 133, 134 Tabelle
dietetiche settimanali per gli asili infantili, 1961-1962 |
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