Nel caso delle pesche e albicocche, la particolare peluria che caratterizza la buccia di questi frutti, era ottenuta pestando finemente la lana fino a ridurla in una polvere sottilissima.
Per la pruina, caratteristica delle uve e delle susine, utilizzava ciottoli di fiume che egli stesso reperiva sul greto dei torrenti, finemente pestati al mortaio, setacciati e soffiati sul frutto appena dipinto e ancora umido, di modo che il colore fosse impregnato con questa polvere.
Nel caso delle fragole impiantava gli acheni originali essiccati e negli acini d’uva i vinaccioli della varietà riprodotta. Alcuni tipi di frutta come uva, ribes e ciliegie e, in genere, i frutti traslucidi, non consentivano di approntare uno stampo che potesse essere utilizzato per realizzare più modelli.
Garnier Valletti mise allora a punto una sorta di “camera lucida” per eseguire il disegno del grappolo da riprodurre, che realizzava poi utilizzando una miscela composta prevalentemente da resina dammar con tracce di cera. Attraverso tale tecnica riuscì a rendere quella particolare traslucenza che caratterizza questi frutti, il cui livello di somiglianza con quelli veri rimane ancor oggi sorprendente.
Partendo dai vinaccioli essiccati e incollati con una goccia di resina a un filo di ottone, li immergeva più volte nella miscela sino a raggiungere, per sovrapposizione di strati di materiale, la forma e le dimensioni desiderate.
Gli acini venivano poi assemblati attorcigliando i fili di ottone ricoperti di resina colorata a simulazione del rachide, cospargendoli in ultimo con la polvere ottenuta dalla polverizzazione delle pietre per rendere la
pruina.
Proprio a causa della particolare composizione a base quasi esclusiva di resina dammar, i grappoli d’uva sono giunti a noi in cattive condizioni di conservazione, nulla perdendo, tuttavia, in bellezza e verosimiglianza.