«Francesco Garnier Valetti inventò il vero modo d’imitare i fiori naturali in cera i quali vennero assai apprezzati non solo dai grandi signori di Milano di Vienna di Prussia di Pietroburgo ma bensi tutta la Casa imperiale d’Austria come pure dalla Real Casa di Prussia e dal Imperial Casa di Russia. […] quasi è giunto ad una perfezione incredibile quanto pare impossibile a otenere» (in: F. Garnier Valletti, Raccolta di ogni sorta di segreti e Ricette le più importanti e necessarie).
Così scriveva di sé Francesco Garnier Valletti (Giaveno, 1808 – Torino, 1889).
Fu l’ultimo protagonista della pomologia artificiale, e rimane ancor oggi l’insuperato modellatore e riproduttore di frutti artificiali, alla ricerca costante della perfezione.
A Giaveno, dove era nato, imparò il mestiere di confettiere e cominciò ad esercitare questa professione.
Nel 1830 si trasferì a Torino, sposò Giuseppa Grosso e dal matrimonio nacquero quattro figli. Fu l’inizio anche di una nuova attività, quella di modellatore di fiori ornamentali in cera. Dopo la nascita dell’ultimogenita, Paola, lasciò la famiglia e partì per Milano dove la sua abilità di ceroplasta fu apprezzata a tal punto che venne introdotto alla Corte imperiale di Vienna e qui cominciò a riprodurre oltre ai fiori anche frutti.
La sua attività di modellatore lo portò poi a San Pietroburgo, alla Corte dello Zar Nicola I Romanov. Ritornato a Torino nel 1848 a seguito della morte della moglie e della difficile situazione politica europea, nel 1851, all’Esposizione dell’Accademia di Agricoltura di Torino, i suoi fiori e frutti in cera furono premiati con una medaglia d’argento e da quel momento iniziò un’assidua partecipazione alle principali esposizioni che si svolgevano non solo in Italia, ma in tutta Europa.
I suoi frutti furono presentati alle mostre ed esposizioni torinesi, come a quelle di Como, Firenze, Pallanza, Roma, Treviso, a quelle di Amsterdam, Anversa, Londra, Parigi, Vienna, Budapest, ottenendo ovunque riconoscimenti.
Con i suoi modelli Garnier Valletti vinceva invariabilmente i primi premi delle esposizioni cui partecipava. Collezionò almeno 32 medaglie e nel 1878, su proposta del ministro di Agricoltura, Industria e Commercio, venne insignito da Umberto I cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia. Ma di denaro ne ricavò sempre assai poco dalla sua attività. D’altra parte produrre i pomi, costruire gli stampi, fabbricare le resine, le vernici e gli impasti comportava costi non indifferenti.
Così Garnier Valletti si trovò a dover proporre costantemente la vendita dei suoi frutti a scuole, vivaisti ed amatori. La ditta Cirio lo aiutò nel collocamento. Nel 1877 il principe Enrico d’Orange acquistò, per la non indifferente cifra di 10.000 lire, una collezione di 870 pezzi che era stata esposta ad Amsterdam, per farne dono alla Scuola d’Agronomia Linneana. Modelli di Garnier furono acquistati dal Museo di Agricoltura di Melbourne e dall’Imperial Museo di Berlino, 96 pezzi li comprò, nel 1886, il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio italiano per 576 lire. Tuttavia la produzione superava di gran lunga la domanda e alla sua morte la figlia Paola continuò a mettere in vendita esemplari della produzione paterna; l’uso di stampi consentiva infatti a Garnier Valletti di produrre “in serie” i suoi esemplari.
Egli stesso definì “Pomona artificiale” la sua produzione di circa 1.800 modelli, rigorosamente scientifici, in quanto rappresentanti fedelmente il germoplasma frutticolo e vinicolo. Oltre che per adornare le tavole eleganti, questi frutti erano acquistati da collezionisti ed amatori che ne apprezzavano le valenze estetiche, dai vivaisti che li utilizzavano per mostrare ai clienti i frutti che avrebbero ottenuto dagli alberelli acquistati, e dalle scuole di frutticoltura. Alla funzione didattica pensava soprattutto Garnier Valletti, che intendeva promuovere la coltura delle specie più pregiate e redditizie, facendo conoscere attraverso la sua opera la ricchezza e le caratteristiche delle singole varietà, risolvendo anche problemi di sinonimie, poiché alle stesse varietà, in luoghi diversi, venivano spesso attribuite denominazioni differenti, e giovando così al progresso dell’agricoltura.
I suoi appunti sono oggi preziosi per gli studiosi del patrimonio genetico della frutticoltura, per chi cerca di recuperare, salvaguardare e valorizzare specie neglette in seguito alla omologazione del gusto prodotta dalla standardizzazione della produzione.