V
arie tradizioni musicali risuonano
quest’anno sotto la luna di settembre: si
inizia da
Una notte balinese
(Milano - 11 set-
tembre, Teatro della Luna, Assago ore 21; Torino - 12
settembre, Teatro Regio ore 21) proposta dall’Orchestra
gamelan
e dai danzatori-attori della Compagnia di Sebatu.
Come si sa, il termine
gamelan
designa un particolare tipo
di ensemble orchestrale composto di vari strumenti tra i quali
emergono i caratteristici idiofoni in bronzo suddivisi in tre fa-
miglie principali: i
gong
, appesi a un telaio o disposti orizzontal-
mente; i
gender
, piastre metalliche sospese su risuonatori; i
saron
,
lamellofoni percossi con bacchette. A questo nucleo possono ag-
giungersi la cetra pizzicata
celenpung
, la viella ad arco
rebab
, il flauto a imboccatura terminale
suling
,
i tamburi membranofoni
kendang gending
e le voci soliste. Secondo alcuni il
gamelan
sarebbe apparso
in area indonesiana già nel 1500 a.C. e da allora sino a oggi esso accompagna i momenti salienti della
vita comunitaria secondo un concetto estetico globale nel quale la musica è inscindibile dal teatro, dalla
danza e dalle cerimonie religiose. Nonostante la distanza spaziale, il
gamelan
colpì l’immaginario degli
artisti occidentali e questo è un tema parallelo per
MITO
: l’ascoltatore noterà come gli organizzatori
abbiano sapientemente collocato le musiche tradizionali di Bali nelle immediate vicinanze del concerto
di musiche di Debussy che in entrambi i casi si tiene qualche ora prima. È noto come il compositore
francese venisse toccato e ispirato dall’ascolto dell’orchestra tradizionale balinese all’Exposition Uni-
verselle di Parigi del 1889. L’evento, curato da Jacques Brunet e Jean Luc Larguier, è però dedicato a un
altro occidentale, l’attore, commediografo, scrittore e regista teatrale francese Antonin Artaud che nel
suo celebre
Le
Théâtre et son doubl
e (ed. it.
Il teatro e il suo doppio
, Einaudi, Torino, 2000) espresse la
sua ammirazione verso le forme orientali di teatro e in particolare verso quello balinese, soprattutto dopo
aver assistito a una performance di
gamelan
all’Exposition Universelle del 1931.
Altre notti, altri profumi e altre tradizioni musicali, stavolta mediorientali, con
Il Samâ di Fès. Musiche e
canti arabo andalusi
proposti dall’Ensemble Ikhwan al-Fane (Torino - 13 settembre, Conservatorio ore 17)
diretto da Marouane Hajji e con
La Hadra delle donne di Chefchaouen
, rituale sufi proposto dall’Ensem-
ble Akhawat el-Fane el-Assil diretto da Sayda Rahoum Bekkali (Torino - 14 settembre, Conservatorio ore
21; Milano - 13 settembre, Piccolo Teatro Studio ore 21). In entrambi i casi si tratta di tradizioni influen-
zate in diversa misura dal sufismo (
tasawwuf
) in un
’
area che corrisponde all’attuale Marocco ma che un
tempo veniva detta, insieme alla Spagna,
al-Andalus
. Il termine arabo
samâ‘
può essere tradotto
con “ciò
che viene udito, ciò che viene ascoltato” e quindi, per estensione, con “l’ascolto”. Nel
tasawwuf
con
questo termine si indica l’ascolto di musica, poesia e la particolare tradizione
sufi
di “concerto spirituale”
che ne è nata, praticata in forma più o meno ritualizzata. Il
samâ‘
proposto dall’Ensemble Ikhwan al Fane
ha l’apparenza di un concerto di musica classica (
maqˉam
) arabo Andalusa; sono, però, i testi cantati
dalla giovane e toccante voce di Marouane Hajji a essere di natura mistica e di netta derivazione
sufi
.
Ben diverso è il caso dell’ensemble interamente femminile Akhawat el-Fane el-Assil diretto da Sayda Ra-
houm Bekkali. In questo caso si tratta di un vero e proprio rituale detto
hadra
(presenza) tipico di diverse
confraternite
sufi
del vasto mondo islamico che alterna lodi, invocazioni e preghiere cantate. Attraverso
l’invocazione l’Assente diviene Presente e l’estasi (
wajd
) che ne deriva viene considerata come il frutto
dell’Unione con la Presenza divina. La
hadra
di Chefchaouen, villaggio posto alle pendici della catena
del Rif, nel Marocco settentrionale, risale al XVI secolo ed è espressione di una confraternita sufi quale
la
Bekkaliyya
.
Da Bali
al sufismo
sotto la luna
di settembre
di Giovanni De Zorzi
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