UN FRESU
DA MITO
domenica 16 settembre
Teatro Regio
ore 11
Incontro con
Paolo Fresu
partecipa
Giorgio Li Calzi
ore 17 - parte I
Paolo Fresu
tromba, flicorno, effetti
con
Alborada String Quartet
SCORES!
Paolo Fresu Quintet
ospite
Gianluigi Trovesi
clarinetti
ore 21 - parte I I
Paolo Fresu
tromba, flicorno, effetti
con
Uri Caine
& Alborada String Quartet
CRITTOGRAPH
Paolo Fresu Quintet
& Alborada String Quartet
«I
n sintesi, potrei dire che mi è stata data car-
ta bianca. E la mia idea, di conseguenza, è stata
sì quella di proporre un programma, ma di fare in
modo che fosse organizzato come delle scatole
cinesi, che si contengono tra loro e i cui lati ov-
viamente si toccano». Così Paolo Fresu riassume il
progetto che lo vedrà protagonista in due concerti,
il 16 e 17 settembre, rispettivamente al Teatro Re-
gio di Torino e al Piccolo Teatro Strehler di Milano,
nell’ambito di
MITO SettembreMusica
.
Un Fresu da MITO
, questo il titolo: l’ha scelto lei?
«Non l’ho scelto io – si schernisce con un sorriso il
musicista sardo – non mi sarei mai permesso. Mi è
però piaciuta l’idea, molto francese e poco italia-
na, della
carte blanche
. Hai un budget, uno spazio,
e puoi immaginare un tuo percorso, decidendo in
prima persona cosa far vedere. Un’operazione del
genere l’avevo già realizzata qualche anno fa a Bo-
logna all’Arena del Sole, unendo concerti grandi e
piccoli, film, presentazioni di libri. È un modo dav-
vero stimolante di proporsi al pubblico, soprattutto
per artisti come me che hanno molti progetti diversi
in corso, e che perciò in queste occasioni hanno la
possibilità di farsi conoscere nella propria comple-
tezza».
Dunque, due giorni di carta bianca…
«Sì, col mio quintetto a fare da
fil rouge
. Si comincia
con
Scores
, che coinvolge anche l’Alborada String
Quartet e accoglie Gianluigi Trovesi come ospite.
Musica per il cinema (quella che ho realizzato per
il film su Ilaria Alpi e per
Te lo leggo negli occhi
, una
pellicola prodotta da Moretti), ma anche brani mi-
nimal e nuove composizioni realizzate su nostro in-
vito. Poi il duo con Uri Caine, e infine
Crittograph
,
versione live di un cd che ho realizzato insieme a
Giulio Libano, protagonista come arrangiatore del-
la musica in Italia negli anni Cinquanta e Sessanta.
Un sound unico il suo, che ho voluto proprio per
questo riproporre, partendo dalla sua straordinaria
esperienza con Chet Baker. Si tratta di repertori di-
versi, in cui alla fine è il quartetto d’archi in qualche
modo a entrare nei meandri degli altri. E pur non
trattandosi di progetti nuovi, il loro mescolarsi finirà
per creare realtà sonore diverse da quelle originali
di ciascun progetto».
La centralità della sua esperienza col quintetto mi
pare però evidente.
«Potrei definirmi come uno che tradisce volentieri,
ma poi torna a casa. Ecco un esempio: i cinquanta
progetti diversi realizzati per il mio compleanno, e
ora pubblicati da “Repubblica”, senza mai abban-
donare il mio quintetto o il trio con Salis e Di Castri,
due formazioni con le quali collaboro da decenni.
Sono convinto che i risultati di una collaborazione
musicale si vedono solo nel tempo. I miei proget-
ti hanno una vita lunga. Per arrivare ad avere esi-
ti soddisfacenti ci vogliono tre, quattro anni; solo
con una simile esperienza alle spalle puoi salire
sul palco, suonare una nota e sentire che la musica
vola. Quindi sì, mi piace lavorare a molti progetti
contemporaneamente, ma garantendo loro però un
peso specifico, anche sotto il profilo umano. È fon-
damentale star bene con gli altri, provare il piacere
di rincontrarsi, magari anche dopo molti anni, e sot-
to i riflettori sentire che quella condivisione di pas-
sioni, emozioni ed esperienza non si è interrotta.
Anzi, continua. Si tratta di investire sulle persone:
può essere faticoso, ma si ottengono molte soddisfa-
zioni. Dunque, il mio è un tradimento perenne, ma
costruttivo. Suonare con altri ti fa crescere. Quando
“torni a casa” porti con te quell’esperienza. Questo
vale tanto per me quanto per chi suona con me.
Ognuno riporta il suo contributo, il che rende la
musica mai uguale, né noiosa. Questa è la mia idea
di musica, un’idea dove non è importante solo il ri-
sultato artistico, ma anche quanto umanamente sta
dietro a quel risultato».
intervista
Paolo Fresu
«Una due giorni di carta bianca»
di Fabrizio Festa
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