Il Museo della Frutta non si limita a valorizzare la collezione pomologica e i beni storico-scientifici della Stazione di Chimica Agraria, conservando e valorizzando le testimonianze materiali di un passato che, per quanto relativamente vicino nel tempo, appare ormai lontanissimo. Attraverso la ricostruzione della vicenda della Stazione di Chimica Agraria il Museo si propone anche di ripercorrere una fase della storia della ricerca scientifica applicata all’agricoltura e a rendere evidente la svolta che, tra Otto e Novecento, ha trasformato radicalmente le forme di produzione ortofrutticola da artigianali a industriali, introducendo nuovi metodi non solo di coltivazione, ma di conservazione, distribuzione e consumo.
La conservazione mediante il freddo (che costituì uno dei settori di punta della ricerca della Stazione negli anni Venti) nel dare risposta, insieme all’industrializzazione delle tecniche agrarie, ai nuovi e crescenti bisogni della società contemporanea, è anche alla radice del definitivo regresso dell’attenzione che, da millenni, era stata prestata alla moltiplicazione delle varietà frutticole e orticole. Con essa ha, infatti, inizio la possibilità di conservare, e consumare, i prodotti agricoli ben oltre la stagione della raccolta e anche di aumentare enormemente il raggio della loro distribuzione. Il frigorifero industriale prima e quello domestico poi, hanno cambiato in profondità i modi e le forme dello sviluppo agricolo e anche quelli della nostra vita quotidiana. Ed è questo che rende il frigorifero esposto (parte del primo impianto italiano di refrigerazione sperimentale) esposto nella sala della biblioteca un oggetto forse meno affascinante, ma non meno significativo e della collezione pomologica.
Attraverso il Museo ci siamo proposti di far scoprire un aspetto importante quanto poco noto della storia della città – la ricerca in campo botanico e agronomico – che tuttora costituisce una sua vocazione, ben rappresentata nel campo delle biotecnologie. Attraverso un percorso che consente di immergersi nel clima, nei valori e nella cultura dell’epoca del positivismo, abbiamo voluto evidenziare la sua tensione, ereditata dall’Illuminismo, verso una ricerca esplicitamente legata all’idea di progresso e di educazione popolare.
Nel confronto fra passato e presente il Museo intende spiegare le ragioni che hanno inevitabilmente portato ad abbandonare la coltivazione, o comunque a ridurre drasticamente la quantità di varietà di frutti in commercio, ma anche porsi come strumento a disposizione di coloro che sono interessati alla loro riscoperta e impegnati nel recupero della loro produzione, in un quadro – quello attuale – che riscopre sempre più i valori della qualità in campo agroalimentare. È questo il modesto, ma non così secondario, contributo che questo Museo si propone di offrire al confronto sulla questione della salvaguardia delle biodiversità e, più indirettamente, al valore che l’apprezzamento e il rispetto per la diversità hanno nella vita quotidiana di tutti, nelle piccole e grandi cose, per il futuro stesso dell’umanità.