La collaborazione con l’Università degli Studi di Torino ha consentito di trovare una sede adeguata nello stesso quartiere di San Salvario, là dove la storia della Regia Stazione Chimico-Agraria ebbe inizio, in un’ala del Palazzo degli Istituti Anatomici, lasciata libera dalla Facoltà di Agraria che costituisce un importante esempio di architettura fine Ottocento, il cui carattere monumentale sottolinea l’importanza attribuita alla ricerca scientifica nel rilancio della città dopo la perdita di ruolo di capitale.
Nel Palazzo degli Istituti Anatomici, a fianco del Museo di Anatomia Umana «Luigi Rolando», del Museo di Antropologia Criminale «Cesare Lombroso», il Museo della Frutta trova un suo senso, in quella cornice di orizzonti e metodi di ricerca degli anni del positivismo a Torino.
Il “Progetto Museo dell’Uomo”, così è stato definito il polo che si sta realizzando, testimonierà la storia di un periodo, a cavallo tra Ottocento e Novecento, quando la ricerca scientifica concorse a rilanciare la città, dopo la crisi seguita al trasferimento della capitale a Firenze, contribuendo in tal modo a fare di Torino un centro assai accreditato per la conoscenza e la ricerca scientifica.
La cultura scientifica torinese in quegli anni annoverava grandi nomi tra anatomisti e naturalisti, tra fisiologi e zoologi, tra psichiatri e antropologi criminali e porterà, in seguito, Norberto Bobbio (Torino, 1909 – 2004) a definire Torino “capitale del Positivismo italiano”.
Una serie di imponenti edifici, costruiti all’epoca lungo Corso Massimo D’Azeglio, per ospitare le Facoltà scientifiche, tra cui anche il Palazzo degli Istituti Anatomici, costituirono quel quadrilatero definito Città della Scienza.