Sistema Musica - Giugno-Luglio 2012 - page 3

L
a pulsantiera del citofono che mi hanno installato, oltre
a far squillare il mio apparecchio, emette un lungo, sonoro
(e fastidioso)
dreeeen
per la strada ogni volta che qualcuno
preme un tasto. La mia lavastoviglie fa
beep
quando selezioni
il programma (per il quale si accende comunque uno specifico
led),
beep
quando si avvia (mentre si accende un altro led) e
due
beep
quando finisce (come ribadisce un ulteriore led).
Il mio lettore cd portatile, esempio massimo di genialità,
emette un fortissimo
tiin
quando cambio traccia, tanto da
farmi abbassare il volume per poter effettuare l’operazione
senza danneggiarmi le orecchie. Mi spiegano che sono “toni di
conferma”: non basta il mio tatto a dirmi se ho premuto o meno
un pulsante, non basta una lucina a ripetermi che l’ho fatto,
non è sufficiente un display che visualizza gli esiti della mia
azione: c’è anche un suono che mi fa essere proprio sicuro di
aver fatto ciò che ho fatto.
Ora, al di là dell’aspetto ludico del tutto, che sicuramente
esiste, e mettendo tra parentesi per un momento il fastidio che
si prova nel dover essere collettivamente informati del fatto che
qualcuno ha citofonato al tuo vicino (cosa che, peraltro, mi
sembra davvero folle), mi viene il sospetto che questa ulteriore
pressione sonora sul nostro sistema nervoso, questo affollarsi di
piccoli eventi acustici inutili, contribuirà a cambiare il nostro
modo di ascoltare. Perché è come dirci che, se non arriva
nessun evidente segnale sonoro, non sta accadendo nulla: non
ho citofonato, non ho avviato la lavastoviglie, non ho cambiato
traccia. Il che, in termini musicali, equivale a pensare che se
non scatta un rullo di tamburo, se non svetta una tromba, se
non suona un ottavino mi posso tranquillamente distrarre, tanto
non sta capitando niente; ed ecco allora compositori e interpreti
obbligati a cercare di richiamare costantemente l’attenzione, a
lanciare avvertimenti, a confermare di essere vivi anche quando
non sarebbe affatto necessario. A lungo andare mettiamo a
repentaglio la nostra capacità di ascoltare musica che richiede
tempi lunghi, abbandoni; rischiamo di ritrovarci emotivamente
sordi davanti a pagine del repertorio romantico con arcate entro
le quali non c’è posto per toni di conferma; corriamo il pericolo
di sentirci smarriti davanti a brani che ci vorrebbero suggerire
dolcemente idee o emozioni ispirate a vite nelle quali gli eventi
si succedono silenziosamente, con discrezione, senza per
questo essere meno intensi.
Siamo sicuri di avere davvero bisogno di tutto ciò?
Editoriale
Nicola Campogrande
Citofoni e musica
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