Sistema Musica - Settembre 2014 - page 3

Editoriale
Nicola Campogrande
R
icomincia la stagione della musica e noi,
come ogni anno, ci prepariamo a parlare d’altro.
Perché ascolteremo sonate e sinfonie, opere e
quartetti, ma non commenteremo la loro essenza,
il modo in cui sono fatti. Parleremo di emozioni,
di interpretazione, di bellezza, e persino tra addetti
ai lavori sarà molto raro commentare la posizione
armonica dell’oboe nel bilanciamento di un certo
accordo di Mozart, oppure la disposizione dei valori
ritmici nella prosodia di una frase di Beethoven (o di
Arvo Pärt). Il che, se ci si pensa, è davvero singolare.
In un quadro, ad esempio, alla prossima mostra
apprezzeremo lo stile dell’autore osservando con
cura la disposizione del soggetto, la sua realizzazione
tecnica, e, se fosse possibile ricostruire l’ordine in
cui sono state stese le pennellate, le seguiremmo una
a una, rammaricandoci, da profani, quando ci sarà
impossibile cogliere la procedura con la quale si è
raggiunto un certo risultato. Nella musica, invece,
dove tutto è trasparente e a disposizione, dove
esistono istruzioni dettagliate su come agire – le
chiamiamo partiture – e dove dunque teoricamente
non c’è nulla di segreto, quando ci troviamo davanti
alle orecchie un’esecuzione perdiamo il contatto con
la materia della quale la musica è fatta – rapporti,
relazioni, geometrie – e parliamo invece dell’effetto
che ci fa. Da compositore, devo dire che la trovo una
cosa meravigliosa ma bizzarra.
E voi?
Le pennellate trasparenti
della musica
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