In memoria di Giorgio Ferrari
E
ravamo tutti in classe, con la nostra insegnante, perché
la composizione in Conservatorio si studia così – le lezioni
sono individuali ma tutti assistono al lavoro di tutti, come
in una bottega artigiana. A un certo punto, mentre si
correggevano i compiti di uno di noi, Giorgio Ferrari entrò
nell’aula e chiese di potersi sedere al pianoforte.
Era il direttore e fummo contenti, persino un po’ onorati
da quell’improvvisa intrusione. Diede un’occhiata
al quaderno che era sul leggio, con la severità
che gli era propria, ma poi ci guardò e cominciò a raccontare.
«Ho visto un film:
Amadeus
– ci disse. – È molto bello.
A un certo punto si vede Salieri, in manicomio,
che fa ascoltare alcuni suoi brani a un giovane prete.
I brani all’epoca avrebbero dovuto essere celebri
(Ferrari ce ne suonò qualche battuta), ma il sacerdote
non li riconosce. Poi Salieri attacca le prime note
di
Eine kleine
(Ferrari lo rifece per noi) e il prete si illumina,
dicendo: “Questa sì, questa la conosco!”. “È Mozart”,
gli dice Salieri sconsolato».
Poi il maestro Ferrari si alzò, ci salutò, e uscì.
Dopo tanto tempo, ricordandolo – Giorgio Ferrari
è scomparso il 13 gennaio, a ottantacinque anni – mi piace
citare questo piccolo episodio perché trovo che lì dentro ci sia
il modo speciale che lui aveva di fare arrivare la musica.
Da violinista, da compositore, da direttore artistico
del Teatro Regio (1968-70) e poi da guida del Conservatorio
cittadino per sedici anni, Giorgio Ferrari sapeva che la musica
ha bisogno di serietà, di attenzione, di cura; ma ha bisogno
anche di estro, di individualità.
Per un insegnante è molto difficile trovare un equilibrio tra i
due aspetti, quando si prende cura di uno studente: senza la
tecnica, il talento non si può esprimere; ma inaridire
una mente fertile è un pericolo sempre incombente. Ecco,
con gesti sapienti come quel piccolo racconto, con il pretesto
di citare un film e senza aggiungere commenti, Giorgio
Ferrari ha saputo guidare verso la musica migliaia di studenti,
che oggi sono tra i protagonisti della vita musicale non solo
cittadina. Se a Torino scriviamo, suoniamo e ascoltiamo
musica con la passione, la cura e il gusto che conosciamo,
è anche perché abbiamo avuto tra noi una figura come
quella del maestro Ferrari.
Editoriale
Nicola Campogrande