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Recensioni live
L'ultima fase di concerti e la serata finale di Pagella Non Solo
Rock 2011 saranno raccontati, con recensioni ed interviste, dai ragazzi
di Digi.TO Fuoriclasse, il laboratorio di giornalismo web di
Digi.TO - il magazine on line Informagiovani
- rivolto alle scuole e quest'anno dedicato al giornalismo musicale, a
cura di Domenico Mungo (giornalista e scrittore). La
redazione di Fuoriclasse è formata da Sara Alfieri, Emanuele Guadagno,
Fabio Galizia, Federica Gabriele, Giuliano Buratti e, dalla coppia, "Tweedle
Dee & Tweedle Dum".
FINALE Pagella Non Solo Rock - 13 MAGGIO sPAZIO211
TORINO - di Tweedle Dee & Tweedle Dum.
A-Live Frammenti di musicisti in finale
"I could have been a famous singer if I had someone else's voice"
Bright Eyes
Tensione palpabile sulla pelle mentre il pullman scorre veloce lungo le
strade di Barriera. Stavolta siamo dentro. Il caldo brucia la maglietta
bianca, sulle spalle chitarre a basso costo. "I tuoi insulti, i tuoi fiori
finti, le siringhe disinfettate coi nostri occhi di cryptonite". Cantiamo
Le Luci della Centrale Elettrica, scaramanzie contro il nervosismo. Il
polline riempie le narici, infastidisce la voce. Come sempre siamo in
anticipo. Come sempre ci sono ritardi. Perché c'è sempre un cavo che si
rompe. Perché qualcuno qualcosa se la dimentica sempre. I musicisti sono
gente sbadata. Buttiamo le sacche sui divani, subito fuori a fumare. Si
butta via la cenere nervosamente nell'attesa, qualche stretta di mano
distratta, la mente già rivolta alla sera mentre si ripassa la scaletta,
il lavoro degli ultimi due anni. Arrivano gli altri due. Contributi di
adrenalina. Il batterista picchietta nervosamente sui tavolini. Sindromi
ritmiche. Sono le cinque, facciamo il soundcheck. Fino a ieri tutto funzionava,
naturalmente. Ma ce la sbrighiamo, più che soddisfatti. D'altronde siamo
sul terzo palco di Torino. Un suono così non lo trovi ovunque. Il cantante
giochicchia teso con le cuffie. Seduti ad un tavolino, qualche goccia
di pioggia batte maligna sugli ombrelloni aperti. Si discute isterici,
si tenta il deflusso senza troppi risultati. Sfide umano macchina girando
sigarette. Vittoria dell'home-made. Le ore di attesa si confondono, quasi
non fai caso alla gente che arriva, a quelli in ritardo, saluti distratto
distribuendo mani e baci sfuggenti, la mente concentrata sui dettagli,
sulle speranze. Si comincia ad avere fame. Abbandoniamo Spazio per una
pizza. Mentre si muovono le gambe verso il semaforo dopo il quale svoltare
a sinistra la tensione sembra allontanarsi con i graffiti all'entrata,
mentre ordini da mangiare e ridi con i tuoi amici di sempre, con i tuoi
compagni di viaggio. Torniamo indietro elencando sulle mani la paura.
Senti le sensazioni crescere, non c'è posto per il mondo. Passano i Bombay
Bicycle Club dalle casse. Ora, penna alla mano, quelle ore di attesa sembrano
così scolorite, quasi sbiadito il ricordo, soffocato dall'eccitazione
del palco, dalle scariche di adrenalina che precedono di una frazione
di secondo la tua ascesa fra i riflettori. La tensione ti lascia andare
a baci appassionati, a sospiri carnali. Tutte le sensazioni sembrano esplodere
in quell'attimo che ti separa dal palco, dalle luci dietro la tua schiena,
dal mondo che tu stesso hai costruito. Ti chiamano, ed è come se ti rendessi
conto solo in quel momento che devi suonare, che sei lì per fornire un'anima
alle corde di metallo ed ai tasti di plastica, per sussurrare parole,
emozioni, orgasmi vitali. In quell'attimo ti stacchi dal mondo e tutto
ti sembra di colpo lontanissimo, quasi surreale. Non sei più lì. Fluttui
quasi verso il legno rialzato, poggi le Converse leggero, libero, sulle
scaglie del terreno. Non hai più parole in bocca. Nessun sapore. Ti rimane
solo la voce. Le mani prendono il controllo. Le gambe diventano metronomi.
Tremi. Non esiste niente. Si spengono le luci. Non vedi più nulla, sai
solo che è il momento di iniziare. Due parole. Solo due, per ricordare
che eri umano. Senti di fianco a te vibrare il basso. Sei dentro. Non
quantifichi il tempo. Dura alcune eternità. Fluisci. Come se raccontassi
una storia fatta di fibra, docile fibra dell'universo, la covi dentro
di te, la lasci crescere, e poi esplode dalla tua bocca, vomitata con
ansia urlante. Aristotele diceva che la Musica è la massima forma d'Arte.
Ricordatevi tutti della Catarsi. Stremato lasci il palco quando la tua
storia finisce. E importano solo i sorrisi di coloro che ti stanno di
fronte, importano solo gli occhi limpidi di comprensione, importa solo
aver trasmesso il tuo messaggio senza parole. Il risultato finale importa
poco. Sei già più che soddisfatto di essere arrivato fin qui, di essere
stato riconosciuto degno Hermes della malinconia. Quasi ti addormenti
accasciato sui divani. Ognuno va per la sua strada. Chi si lascia baciare,
chi abbracciare, chi accetta sorridente complimenti, chi contempla occhi
sfocati alla ricerca di un brillio di adorazione. Liberi. Come se ti fossi
svuotato di ogni peso, della realtà stessa. Come imprigionato in un luogo
troppo lontano le parole si mischiano, e i tuoi occhi navigano persi oltre
ogni orizzonte. Piano svanisce il bagliore di un sole troppo brillante,
mentre ti bruciano gli occhi, mentre hai sonno e non puoi dormire. Torni,
con aria del tutto naturale, alla normalità, come se nulla fosse successo.
Nessuno se n'è accorto. Ma tu stringi fra le mani un frammento di mondo.
FINALE Pagella Non Solo Rock - 13 MAGGIO sPAZIO211
TORINO - di Giuliano Buratti.
Pioggia, lampi e nuvole nere incombono sui finalisti di Pagella 2011,
una cappa di fumo nervoso stagna nel cortile di Spazio 211. I primi a
calpestare il palco sono i Theoric Fund, rock e post
punk con un po' di elettronica. La ritmica, precisa, ha un bel tiro e
la voce effettata ha la giusta cattiveria, non mancano le imprecisioni,
ma nulla di grave. Il synth suona interessante inserito così, a sgamo
negli stacchi, ma pesa un po' sui pezzi tranquilli. Lo spettacolo è subito
impressionante, ma si appiattisce un po' con l'andare dei minuti, ci vorrebbero
più fantasia e ricercatezza armonica, un po' più di varietà sarebbe bella..
Il tempo di una sigaretta, poi di nuovo nella mischia a sentire i No
Easy Way. Buone la tecnica e la precisione, nascoste da un rock
più che classico, che ricorda gruppi più che conosciuti.. L'esibizione
non è delle migliori: il batterista picchia come un ossesso (con precisione,
però chiudilo il charlie ogni tanto..), ma nonostante i suoi sforzi le
chitarre scordate e la voce imprecisa abbassano molto il livello.. Niente
di troppo interessante dunque, nulla a che vedere con i Ronny
Taylor, che con il loro prog stile 70's riportano alla serata
tutta la fantasia e il tiro di cui c'è bisogno. I pezzi, oltre a essere
tecnicamente piuttosto complicati, sono suonati con una precisione davvero
degna di nota. Il batterista/abate/frontman delizia il pubblico con una
tecnica eccellente, oltre che con delle apprezzabili messe in scena (bella
la citazione dei King Crimson, ma occhio a non pisciare troppo lungo..).
I musicanti seduti tengono ottimamente il passo, 10 punti al tastierista
che interviene nel miglior stile prog di sempre. Fantastici i pezzi che
sanno qui e là di funky. Ottima performance, ma un consiglio: gli stacchi
sono imprevedibili e quando arrivano sono come una sferzata, ma occhio
alla precisione, vanno studiati fino a quando non vengono da soli (in
senso metaforico, non onanistico). L'atmosfera cambia con i Sophie
in the Middle: hard rock con cattiveria, come nella migliore
tradizione Torinese.. Le voci urlano con tutta la rabbia di cui sono capaci
(complimenti), sovrastando i suoni prodotti dai musici, bei riff, con
quel tocco di varietà che basta a rendere il live interessante. Buona
la tecnica, anche se la distorsione la fa apprezzare poco, performance
sicuramente d'impatto, un po' ridimensionati dai pezzi meno cattivi del
finale. Tutto si ri-incattivisce però con i Wim, pochi
minuti dopo, che portano un heavy metal potente, fino al limite dello
stordimento. I pezzi non brillano certo per varietà, ma l'ottima tecnica
dei musici si fa apprezzare. Voce potente, non troppo precisa, ma versatile
(bello lo scream), ritmica e soli precisi danno un tiro non indifferente.
Un gruppo che sa fare bene quel che fa, ma dovrebbe sperimentare di più.
Si torna nell'hard rock con i Kairos: si inizia con grinta,
il retrogusto blues è inconfondibile e dà subito un bel tiro. Le chitarre
si passano i ruoli mentre il basso si muove con stile e il batterista
fa il figo mentre picchia sui tom. Interessanti i vecchi pezzi, ma le
nuove influenze metal non convincono, tendono a scadere sull'epico se
non ben controllate. Bello spettacolo, ma un po' in sordina.. I gruppi
in concorso sono finiti, i giurati si riuniscono per decidere il destino
del mondo.. Intanto si esibiscono i Grey Moquettes, primi
tra i fuori concorso: il rock è acido, quasi punk, la tecnica si fa sentire
qui e là. L'idea è bella, ma i giri armonici sono un po' banali, con qualche
bello spunto, ogni tanto, che si perde però nella ripetitività. Batterista
non male, gli altri se la cavano, con qualche imperfezione, il basso è
preciso e ha un bel sound, ma gli interventi sono un po' troppo semplici.
La voce è potente e ben rende l'acidità del genere. Si cambia il palco,
la città, la nazione con l'hard rock funkeggiante degli Yellow
Big Machine, direttamente da Bilbao. Mentre
suonano si sentono la rabbia e l'acido, abilmente accompagnati da dissonanze
che confondono le idee. Il batterista se la gaggia con ottima precisione,
ma il suono che tira fuori non è così curato. I ritmici supportano bene
la voce cattiva, anche se non bellissima. I cambi di tempo sono molto
ben curati e fanno tutto più interessante, ne sanno sti baschi. La serata
sta per concludersi, gli Assist, prima band leggera stasera,
suonano il loro rock italiano, un po' abusato, a dire la verità. La tecnica
non sembra delle migliori, il tutto suona poco coeso, ci vorrebbe più
precisione, soprattutto sugli stacchi. La voce se la cava discretamente
mentre i musici sono bravi, ma fanno fatica ad andare d'accordo. Una performance
tranquilla, come un preludio alla rabbia buttata nella sala dai Fratelli
Calafuria, ottima band headliner che impressiona con un hard
rock davvero cattivo. Bella serata dunque, nell'arena si sono affrontati
musici di spessore, giuria corretta, anche se l'ordine d'arrivo si intuiva
facilmente già durante il concerto. Unico tasto dolente, la mancanza di
un adeguato sound-check si fa sentire e perseguita i gruppi in gara, provocando
lamentele, bestemmioni e conseguente precipitazione di santi su via Cigna.
FINALE Pagella Non Solo Rock - 13 MAGGIO sPAZIO211
TORINO - di Fabio Galizia e Federica Gabriele.
Per le strade si respira il solito clima da venerdì sera torinese ma,
appena entrati a Spazio 211 si sente che c'è qualcosa nell'aria. Diversi
gruppi di ragazzi parlano tra loro di un evento: la finale di "Pagella".
I migliori riescono ad arrivare alla fine ma, un solo gruppo avrà il primo
premio. Tanta gente per un evento tanto atteso, si vede la tensione tra
i gruppi, alcuni parlano tra di loro degli altri gruppi sotto voce sui
loro stili e modi di suonare, altri se ne stanno tranquilli in disparte
aspettando il loro momento di esibizione. Stasera la "corona" di Pagella Non Solo Rock sarà contesa dai "Theoric Fund" che salgono
sul palco per primi in un un'ora in cui ci si aspetta un pubblico ristretto,
le 19.30. Tuttavia al contrario delle previsioni il pubblico è abbastanza
numeroso ed in prima fila si scatenano i fan del gruppo. A primo acchito
i suoni sono buoni con strumentazioni adeguate e di alto livello e le
luci sembrano non stordire troppo né la band né il pubblico; il tutto
è coordinato da tecnici del suono con mixer e monitoraggi vari alle spalle
del pubblico. Al termine della loro esibizione una breve pausa di cinque
minuti e subito si continua con i "No easy way" e con
il pubblico che si riduce a causa del tipo orario italiano di cena! Più
fortunati sono i loro successori, i "Ronny Taylor" che
si esibiscono di fronte a un pubblico numerosissimo…forse a causa dei
ringo che hanno offerto a tutti?! Scherzi a parte la loro esibizione è
stupenda e molto coinvolgente. Veloce cambio di gruppo con annessa pausa
cena e si riparte con i "Sophie in the middle". Non si
sa se per la cena o per altro da questo momento in poi le luci sono come
impazzite luce bianca e rossa si alternavano facendo impazzire i fotografi
che dovevano adattare ad ogni cambio luci le impostazioni della propria
fotocamera per ottenere fotografie almeno accettabili. Si continua dopo
il cambio con i "Wim" , band metal che sa muoversi sul
palco. Ultimi ad esibirsi come finalisti di Pagella sono i "Kairos".
A questo punto si procede con la solita pausa nella quale abbiamo cercato
un posto dove fare un boccone ma niente di niente, probabilmente per arrivare
al primo locale nelle vicinanze bisogna fare centinaia di metri. Così
scoraggiati torniamo indietro giusto in tempo per l'esibizione dei vincitori
fuori concorso, i "Grey Moquettes". A seguire si ha anche
l'esibizione di una band basca, gli "Yellow Big Machine"
provenienti dal Festival Villa de Bilbao. Si arriva finalmente
a uno dei momenti più attesi della serata: la premiazione. Ultima boccata
d'aria prima dei gruppi più attesi della serata nel cortile alberato di
Spazio 211, dal quale, nonostante ci si allontani parecchio dal centro
della serata, si riesce ancora a sentire in modo nitido la musica. Arriva
quindi il momento dei "Fratelli Calafuria" e degli "Assist".
Pagella Non Solo Rock 30 APRILE CIRCOLO MARGOT, CARMAGNOLA
- di Giuliano Buratti.
Serata fresca e arieggiata fuori dal Margot di Carmagnola, gruppi di musicanti
scalpitano per esibirsi e passano il tempo mangiando fantastici panini
con nomi di noti personaggi cinematografici, serviti da una fantastica
barista (amm!). I primi a calpestare il palco sono gli elettronici Dropp:
la strumentazione lascia subito impressionati, capita di rado di vedere
un simile stormo di synth e tastiere… Il sound è cupo, forse un po' confuso,
un post punk elettronico non male; innovativi, senza dubbio, sicuramente
di impatto. Fanno qualcosa di veramente nuovo e impegnativo, e questo
li premia alla prima impressione. Purtroppo la qualità dell'esecuzione
non è massima, ci sono delle imprecisioni, nemmeno troppe a dire la verità,
la voce effettata è bella, ma il cantante dovrebbe applicarsi di più.
Bravi gli altri, anche se il batterista è un po' insipido e trasmette
poca grinta… Una buona performance, anche se l'aspettativa iniziale è
un po' delusa da pezzi abbastanza ripetitivi: usare giri armonici ormai
abusati e ripeterli all'infinito risulta un po' pesante. Dopo un complesso
lavoro di smontaggio e rimontaggio cavaglia, sono pronti per la ribalta
i War Worms con il loro rock 'n' roll. 1000 punti alla
cantante, una grinta e una voce fuori dal comune che lasciano esterrefatti
molti dei genitori presenti, ma il resto della band lascia diverse perplessità.
Il sound è trito, ricorda gruppi anni '50 già sentiti e risentiti, ma
sono interessanti alcuni riff che suonano, non saprei se volutamente o
per caso, piuttosto particolari. Esibizione accettabile quindi, peccato
per la tecnica e la precisione che lasciano un po' a desiderare. Due consigli:
studiate di più e cercate di personalizzare il genere, manca di inventiva.
Finalmente riusciamo a mettere i denti su un ottimo hamburger e la prospettiva
della serata cambia radicalmente, ahimè per poco. Ritornati in zona palco
si notano subito due ragazzotti con annesse Les Paul, e sezione ritmica
al seguito, devono essere i Vicious Sinners. L'iniziale
stupore causato dalla chitarreria cede subito il posto alla delusione:
il rock classico, davvero troppo classico (i Deep Purple e i Guns 'n'
Roses li conoscono tutti vero?), e la scarsa precisione preparano un cocktail
duro da mandar giù. La voce in effetti non è malaccio, il bassista e il
batterista fanno quel che riescono con impegno, ma la chitarra solista
dovrebbe davvero fare altro: una Gibson da 2000 euro va trattata diversamente,
e va accordata soprattutto. L'ultima esibizione spetta ai Motörleg,
gruppo cover dei Motörhead. Belli i pezzi anche se paiono già sentiti
(sto scherzando), ottima l'esecuzione: il batterista metronomo ha davvero
la precisione e la grinta adatte allo scopo, il chitarrista è bravo, incisivo
e si concede anche qualche piccola licenza, gradita. Il bassista cantante
non è male, anche se l'equalizzazione e la scelta del volume avrebbero
potuto essere migliori. Niente male davvero, quindi, ma la voce di Lemmy
rende di più, sarà che non fa sentire l'accento piemontese. Chiudono la
serata i Korova, ottimi headliners, musica cattiva suonata
da simpatici musicisti d'esperienza, il meglio insomma.
Pagella Non Solo Rock 29 APRILE CENTRODENTRO,
TORINO - di Fabio Galizia e Federica Gabriele.
E' un venerdi sera come tanti. Poca gente in giro causa maltempo e piogge
pomeridiane che hanno raffreddato la serata e diminuito drasticamente
le temperature. Finalmente arrivati al "Centrodentro", un locale sul confine
di Mirafiori che a primo impatto esternamente si presenta molto lugubre
e al suo interno lascia altrettando a desiderare con un certo odore non
molto gradevole. Impianto acustico non dei migliori, si potevano alzare
un po' di più i volumi delle chitarre e voce; i piatti della batteria
coprivano tutti i suoni. I primi a salire sul palco sono gli Ethos.
Una breve presentazione del gruppo e si comincia. Ragazzi giovani accomunati
dalla stessa passione; un genere molto particolare che si avvicina molto
al nostro De Andrè nelle sue canzoni più spinte e allegre. Esecuzione
sul palco molto interessante con violini e flauto che riempiono molto
e danno un ottima atmosfera. Musica simpatica e ascoltabile; tecnicamente
sono ragazzi molto bravi e si sentono gli anni di studio dello strumento,
voce femminile intonata, peccato per il volume troppo basso. Una breve
pausa e si cambia gruppo. Salgono sul palco gli Unknown,
gruppo thrash Metal che dicono di fare "musica da maschi", ma non siamo
sicuri di quanti riescano ad ascoltarli; cambi di ritmi improvvisi (sembrano
più canzoni messe assieme senza filo logico), un suono tutto impastato
con una voce totalmente in growl neanche ben definita; occhio a non fare
troppo generi ristretti ma cercare di ampliare per avere un pubblico più
vario. Pausa e si ricomincia con gli Oddish Likes Underground.
Si inizia la festa con il punk ma dopo due note il gruppo si ferma; un
esclamazione: "si è rotta la corda del basso!"; via alla ricerca di un
basso integro e si riparte; non hanno iniziato molto bene ma sono riusciti
a riprendersi; sono ragazzi tecnicamente non molto bravi; un po' di sala
prove in più e anni di studio non sarebbe guastato; Ma tuttavia si sa,
il punk non richiede doti nascoste quindi va più che bene così; canzoni
pressochè tutte uguali; stancano un po' già dopo due brani. Si riparte
dopo una breve pausa e cambi di strumenti con i "Conigli Mannari", Wererabbits;
musica piacevole con ispirazione agli afterhours all'inglese; cantante
molto bravo nelle parti lente e sentimentali con voce calda che però lascia
un po' a desiderare nelle parti più groove dei brani con una voce fredda
e tagliente; non molto intonato. Nell'insieme un bel gruppo, piaciuti
anche agli headliner Noesìa. Si aspetta un pò di più per loro ma ne vale
la pena. Inizia il batterista e subito si notano gli anni di studio e
la grossa differenza di precisione dagli altri gruppi precedenti. Una
voce impostata e gradevole, molto intonato e ascoltabile; bello anche
lo stile e la presenza del chitarrista, un po' nascosto a causa del piccolo
palco e privo di spazio.
HEADLINER: NOESÌA.
Ecco una breve intervista ai Noesìa i quali sono stati
molto simpatici e cordiali.
Dei gruppi che hanno suonato prima, vi è piaciuto qualcuno in
particolare? L'ultimo ci piaceva più degli altri perché era più
nelle nostre corde, ma semplicemente per una questione di genere. È chiaro
che contano tanto le canzoni e non tanto come si suona quando si è giovani..ma
anche quando si è vecchi!
Pensate che Pagella Non Solo Rock sia un concorso utile alle giovani
band emergenti?
Certo infatti, anche noi che ormai siamo "vecchi", non abbiamo fatto Pagella
rock ma altri concorsi simili e siamo cresciuti grazie a questo. In quei
concorsi abbiamo conosciuto tante band e sono nate molte collaborazioni,
pensate che addirittura l'assetto attuale del gruppo è nato proprio dalla
conoscenza con altri gruppi.
A proposito di questo, da dove è nato il nome del vostro gruppo,
Noesìa?
È una storia vecchia, una volta ci chiamavamo Noisìa, che deriva dall'inglese
"noise", cioè rumore, proprio perché partivamo dal presupposto di fare
"rumore" senza preoccuparci che piacesse o meno. Col tempo abbiamo poi
dovuto cambiare una lettera per via di un problema con il nome di un gruppo
olandese e siamo diventati i Noesìa.
Avete mai pensato di provare ad andare a concorsi come il Festival
di San Remo?
Noi andremmo subito a San Remo, il difficile è essere selezionati perché
è un concorso di un certo tipo. Sarebbe uno di quegli eventi da filmare
e inviare a quelle persone che ti chiedono cosa stai facendo nella vita!
Pagella Non Solo Rock 21 APRILE IMBARCHINO, TORINO
- di Tweedle Dee & Tweedle Dum.
Kebab da Horas. Imbarchino. Piacevoli incontri con vecchi amici. La folla
si accalca in riva al Po, anche grazie ai liceali in vacanza, e il pubblico
si fa vociante e numeroso. La serata si prospetta interessante. Peccato
per i gruppi. Cominciano i 10 Piccoli Indiani. Il loro
è un rock psichedelico con forti tendenze progressive e un venato tocco
jazz, un po' free un po' fusion. Ottimi. Con le facce sporche di vernice
bianca e rossa cullano gli astanti con brani curati e lunghi movimenti
strumentali. Accordi diminuiti per ascoltatori accorti, 5/4 per orecchie
attente e testi, rigorosamente in italiano, per classicisti di razza.
Insomma, belli e concettuali. Ogni tanto forse un po' troppo. In venti
minuti si fanno apprezzare, ma al pensiero di un'ora di miniature musicali
le palpebre cominciano a farsi pesanti. Per i Led Blue Fire,
invece, non è stata di certo una gran serata. Indubbiamente i problemi
tecnici hanno influito sull'esibizione, ma i pezzi mancano. Bon Jovi reclama
i diritti al cantante e la band nel complesso manca di originalità, per
non dire che scade nel banale. Le esecuzioni sono carenti, il batterista
apre il charleston nelle pause (ma perché?), oltre a perdere il tempo
piuttosto frequentemente. Armonie non pervenute. Il chitarrista tenta
di risollevare il tutto con dei buoni assoli. Ripartite da lì. Altrimenti
tanto vale zappare il campo. Subito dopo suonano i The Jockers.
Non l'avessero mai fatto. A fine esibizione tentano di corrompere il presentatore
offrendo duemila euro in cambio della vittoria. Ve ne servirebbero molti
di più. Pop, e anche di bassa lega. Sembra che per loro l'immagine conti
più delle canzoni. Il risultato? Le chitarre hanno il suono di uno spremiagrumi
sul cemento e la voce si lamenta senza scopo, mentre in sottofondo si
ripetono sempre i soliti quattro accordi. Ragazzi, il pop non è quello
che propinano in Italia. Se vuoi fare pop ascolta gli Smiths. Poi ne riparliamo.
Chiudono la serata i Feel All Fall. Si passa dal pepe
al peperoncino, citando le parole del cantante a inizio concerto. Suonano
un Nu Metal con tratti Melodic, e lo suonano bene. La folla apprezza e
si dimena selvaggiamente. Il batterista è un fenomeno, il chitarrista
sardo e solitario inquieta ed estasia, e il bassista rutila impietoso
sulle sue quattro corde. A chiudere il quartetto il cantante, da apprezzare
per le linee vocali di indubbia difficoltà, ma che a tratti lascia un
po' a desiderare. Rimangono buone impressioni, soprattutto i due pezzi
finali, che trascinano anche i più restii al genere. Thumbs up! Headliner
della serata sono i torinesi Merçe Vivo. Loro sono nati
nel 2006 ed hanno un album all'attivo, uscito per la Nagual Records/Nomadism,
etichetta indipendente. All'entrata del locale vendono il loro LP. Cinque
euro spesi bene. Pop/Rock di matrice italiana con tendenze alla sperimentale.
Riusciamo giusto a sentirli prima di sprofondare nei fumi dell'alcool.
Luce all'orizzonte. Neanche il misero tempo di un saluto e scappiamo verso
le ombre del centro. E' già tardi. Domani sempre sveglia presto. Probabile
mal di testa.
Pagella Non Solo Rock 16 APRILE TAURUS, CIRIE'
- di Giuliano Buratti.
Un sabato come tanti al Taurus di Ciriè, ampio locale interrato nel bel
mezzo dell'alta padania, ritrovo di tutti i musicisti delle valli sovrastanti.
La serata non è poi così calda e i gruppi se ne stanno rintanati, al riparo
dalla musica liscio e dai digos in borghese (non si può proprio più star
tranquilli), mangiando la loro meritata fetta pizza (offerta gentilmente
dal locale). Aprono le danze gli 8 for Up con un rock
"alternativo" che, a dirla tutta, più che essere alternativo ricorda qualcosa
di già sentito (chissà come mai). La performance non è eccezionale, anzi,
l'imprecisione fa da padrona, il cantato poi, potrebbe essere paragonato
al gatticidio più cruento… Mi permetto due consigli: studio, in primis,
che fare i fighi sul palco ci sta, ma bisogna anche (soprattutto) suonare
bene, due, scegliete dei riff un po' meno ascoltati e abusati. Attenuanti:
pubblico non troppo caloroso (i fattoni del Taurus sono esigenti, lo dico
per esperienza), qualche problema tecnico, un batterista bravino, anche
se non troppo preciso. 20 minuti e si passa il testimone all'hard rock
degli Attitude, tecnicamente non eccellenti, ma simpatici
e di ottima presenza scenica. Niente male il cantante, bella la voce (un
Brian Dickinson, o un Bruce Johnson, perché no), mentre sono nella media
gli altri musici, in particolare il batterista, la cui sicurezza nel suonare
però impressiona e non dispiace. Esibizione non male, piuttosto accattivante,
molto belli i testi: questa ironia che non si trasforma in stupidità rende
davvero. Bella anche la citazione alla ragazza di facili costumi, il pubblico
sembra gradire e divertirsi (e presentacela!). Un appunto, e non dirò
più nulla, prometto: gli AC/DC li conoscono tutti, buttateci un po' di
vostro… Cambio di stile e di intenzioni dopo una breve pausa sigaretta,
per gli Howlin' Mads: funky, rock e un pizzico di prog
per un mix davvero piacevole, un po' sullo stile tardi Red Hot. Ottimi
basso slappante, che lascia il ruolo di accompagnatore puro (un'escort
a quattro corde, chi non la vorrebbe) per diventare frontman, e voce schitarrante
(o chitarra vociante?), si sente nell'aria l'intesa tra i due. Il violoncello,
strumento di cui molti tra il pubblico non conoscevano nemmeno l'esistenza
(scherzo) lascia piacevolmente spiazzati, dando un tocco quasi folk all'insieme.
Il batterista non precisissimo toglie un po' di tiro ai primi pezzi, ma
si riprende bene con lo scorrere delle battute sul pentagramma. Bella
performance, anche se un po' sottotono nel finale, il pezzo in italiano
lascia un po' di amaro in bocca. Che fare? Un'altra sigaretta di corsa
prima del finale: suonano i Kairos, a dirla tutta giocando
in casa, attesi e circondati da una folla di tipine adoranti (ma sono
tutte vostre ragazze? Se no, si usa condividere). Iniziano bene con un
loro evergreen dalle piacevoli sonorità rock/blues. Lo spettacolo non
è davvero male, a dimostrazione di come la precisione, lo studio e l'intesa
tra i musicanti siano davvero tutto quello che ci vuole per fare un bel
concerto, anche se mettendoci la fantasia e la creatività si passa decisamente
ad un livello superiore.. Tecnicamente molto bravi tutti quanti, risaltano
molto la bella voce del cantante e le piroette del batterista orologio.
Purtroppo i pezzi metal non convincono molto, almeno non quanto il blues
iniziale, viene da pensare che farebbero meglio a dedicarsi a quello.
Chiudono la serata due headliners d'eccellenza: con il suo post rock psichedelico,
armata di chitarra e loop station, la bella e sensuale Lili Refrain
(il commento della serata, fatto da una ragazza di cui non faccio il nome
è stato "Se fossi un'uomo me la s.......i") e gli autoctoni Cahiers
de Doleances, ottima band hardcore strumentale, meno belli ma
davvero bravi.
Ed ecco a voi Lili Refrain per un'intervista flash: bella
e sensuale musicista romana, ha tenuto tutti con il nasino all'insù e
le orecchie spalancate ad ascoltare il post rock psichedelico che la sua
bellissima voce e la chitarra looppata hanno saputo regalare. Un grazie
anche a lei per la disponibilità e la gentilezza.
Il genere particolare ti ha mai creato problemi a suonare in giro?
No. A dire la verità cerco di inserire più generi differenti
nelle mie canzoni, in modo da riuscire a farmi apprezzare da più gente
possibile.
Ti sono piaciuti i gruppi in concorso?
Sì, sono stati ottimi tutti quanti. Ascoltare gruppi così validi
già a quest'età è bello, e mi fa ben sperare per il futuro della musica
nel nostro paese.
Hai notato delle differenze tra Roma e Torino quanto a possibilità
che i giovani hanno di farsi conoscere?
A dire il vero non saprei, come ho detto non ho mai avuto troppe
difficoltà a suonare in giro. Sono convinta che se un gruppo giovane ha
la pazienza di studiare, sbattersi e rompere le palle a chi di dovere,
ha la possibilità di farsi conoscere.
Basta volerlo quindi?
No, ovviamente bisogna anche essere originali, bisogna cercare
sempre e comunque di esprimere se stessi con la propria musica.
Ecco l'intervista ai Cahiers de Doleances, fantastico
gruppo Hardcore psichedelico, tutti immacolatamente concepiti nel Canavese,
che ringrazio per la disponibilità e la simpatia.
Partiamo con cattiveria: un giudizio sui gruppi in concorso che
hanno suonato stasera.
Abbiamo sentito con piacere un paio di gruppi non male, di cui
non faremo i nomi, che hanno fatto un bel concerto, portando qualcosa
di personale, mentre gli altri sembravano un po' delle scopiazzature di
band affermate.
Un giovane che vive a Torino o nei dintorni ha la possibilità
di suonare su palchi importanti? E se abitasse altrove?
Sicuramente un giovane torinese ha molte più possibilità di suonare
rispetto ad uno di Roma ad esempio, ci sono molti locali localini e localetti
che lo permettono. Purtroppo però, in questo modo risulta molto più difficile
emergere e finire a suonare su palchi importanti, che tendono ad essere
piuttosto selettivi.
Da gruppo strumentale, il vostro genere vi ha mai creato problemi
a suonare in giro?
Sicuramente è più difficile rispetto ad un gruppo di fighetti
che fa nu metal, ma è anche vero che se si riesce ad essere davvero geniali,
la strada al successo è spianata.
Pagella Non Solo Rock 15 APRILE sPAZIO211, TORINO -
di Tweedle Dee & Tweedle Dum.
La serata non si apre con i migliori auspici. Annuncia brutto
tempo, fuori si congela, la cena è rimasta sullo stomaco. Bisogno di benzodiazepine
carnali. Ma il cielo sopra Spazio sembra più grande del solito, siamo
qui per lavorare, sgombriamo la mente. Due chiacchiere qua e là, qualche
incontro casuale, comincia la serata. Aprono gli Hollyhocks.
In Finale e poi sesti a Pagella l'anno scorso, ci si aspetta grandi cose.
Vestiti attillati, sentimenti contrastanti. Sopra la media senza dubbio,
il loro shoegaze indipendente, indirizzato verso una inglesissima New
Wave anni '80 (la voce alla Ian Curtis e il giacchetto di pelle alla Casablancas
sono un po' demodé però...) svetta coi suoi richiami al presente del post-punk
revival di matrice anche elettronica (She Wants Revange), ma nel complesso
delude un po' le aspettative. A due ore dalla loro esibizione non rimane
molto, se non qualche vago ricordo di una depressione scritta per l'occasione,
due buoni pezzi finali e un fastidioso mal di testa nel tentativo di distinguere
le linee delle due chitarre, soffocate dal rumore di un'effettistica mal
dosata. Proseguono i Palco Oscenico, con un rock demenziale
che non prelude grandi cose. Ci prepariamo psicologicamente. E invece
ti sorprendono. Precisi nelle esecuzioni, sotto gli atteggiamenti da scemi
del villaggio non sbagliano una nota, peccando forse ogni tanto di semplicismo
nel cercare linee non troppo elaborate, dimostrandosi però tutti degli
ottimi strumentisti, capaci di giocare anche con le note nel teatrino
dell'assurdo che hanno imbastito per l'occasione. Lasciano però un po'
il tempo che trovano. Senza capo né coda, insomma, ma non gliene faremmo
una colpa, sghignazzando ancora al ricordo di "Io e te, liana liana, masticando
la banana". Chiudono i Tucanen, che per l'occasione cambiano
nome, ma purtroppo non la sostanza. Sono giovani, giovanissimi, hanno
sicuramente ancora strada da fare. Eseguono tre cover, e non sono tre
cover da poco. Partono con London Calling dei Clash, e storciamo un po'
il naso. Simonon & Co non avrebbero approvato. Chitarra e Basso se la
cavano, la voce è un po' titubante (si scioglierà verso la fine, su My
Sharona dei The Knack) ma la batteria è un disastro. Fuori tempo, costantemente,
sembra non sia lui a tenere il ritmo ma gli altri a darlo a lui. Si perde
in passaggi più grandi delle sue capacità, creando caos e facendo anche
sbagliare i suoi poveri compagni di palco. Da rivedere il tutto. Tanta
sala prove e tanto lavoro, ma non disperate, tempo ce n'é. Giusto il tempo
di collezionare due idee e fare due chiacchiere (e magari ci scappa anche
qualcosina di alcolico) che Simona Gretchen, headliner
della serata assieme a I Fasti, sale, in compagnia di
un solo chitarrista/bassista, sul palco. Lei è nata a Faenza, ha solo
ventidue anni ma già un disco (e che disco) alle spalle. Ci concede quasi
un'ora di parole taglienti e suoni di metallo acustico. Incantevole. I
Fasti sono invece un prog/sperimentale con testi recitati, due bassi,
una chitarra, e un Mac a centro palco. Montano in fretta, ma d'altronde
sono torinesi d'hoc affetti da puntualità cronica. E appena attaccano
le teste si voltano e i corpi si sollevano dai divanetti nei quali erano
sprofondati durante la breve pausa, attenti alla buona musica. Crudi,
quasi dolorosi. Da ascoltare. Li trovate su youtube. Fate un salto. Avremmo
voluto scambiare due parole con almeno uno dei due headliner, ma purtroppo
non siamo riusciti ad agganciarli, peccato. E verso l'una la stanchezza
si faceva anche sentire, il giorno dopo sveglia presto. Scaldata la Panda,
via verso casa.
Pagella Non Solo Rock 9 APRILE CIRCOLO MARGOT,
CARMAGNOLA - di Giuliano Buratti
Le 9 di sera nella calura della bassa torinese… Il Margot, locale
ampio e accogliente, ospita musicisti accaldati, accogliendoli con cortesia
e un ottimo palco (con ottimi tecnici annessi). Un piccolo assaggio di
psichedelia con gli Acid Food: preciso e sincopato, il
batterista tira il carretto mentre basso e chitarre dipingono nell'aria
immagini di nuovi mondi, e il cantante li illustra agli astanti con voce
suadente. Cavalcando il loro post-rock psichedelico, aiutati dai giochi
di luce colorata, guidano il pubblico in un posto dove la musica serve
per viaggiare. Occhio però alla varietà e alla fantasia, per non rischiare
di far sognare il pubblico per davvero. Pochi minuti di pausa, poi ecco
i Crazy Minds, "alternative" rock: subito una buona impressione
con l'atteggiamento da animali da palcoscenico (arrr!), ma si rivelano
un po' ripetitivi sulla lunga distanza, vuoi per i brani simili tra loro,
vuoi per i giri armonici piuttosto comuni. Buona l'esecuzione, quando
nella musica c'è passione si sente… Un bel tuffo nel buio con i 5
Steps Through Madness: atmosfera cupa e vestiti ad hoc alimentano
grandi aspettative. La musica schizofrenica è dominata solo dalla voce,
bella fanciulla in nero, che dovrebbe però curare alcune imperfezioni.
Fellatio per la ritmica: la precisione e l'ottima intesa creano un groove
stupefacente. Di grande effetto l'ultimo pezzo recitato, ottima conclusione
per un'ottima esibizione. Si esce dalle tenebre nel finale con gli Utter:
prog, acidi e iunta di cattiveria per un mix sperimentale interessante.
Bello il synth, dà una sensazione molto '60, anche se rischia l'epicume
nei pezzi più pesanti; ancora più belle le parti prog strumentali. Il
sound varia tra i ritmi e i riff più vari, mentre la voce segue, cantando
e parlando, senza troppa tecnica a dire il vero, ma con sicurezza e decisione.
CCCP (il gruppo, non i mangiabambini) rules! A fine serata, ottimi Canadians,
esecuzione impeccabile di musicisti impeccabili.
Ecco per voi un'intervista flash ai Canadians, fatta
a bruciapelo appena scesi dal palco. Piaciuta la serata? Sì, anche se
non siamo riusciti a sentire tutti i gruppi che ci hanno preceduto. Il
palco ci è piaciuto molto questa sera, il locale ha dato un buon servizio
e i tecnici hanno fatto un buon lavoro. Arrivate da lontano, che differenze
avete notato con la vostra "patria"? Innanzitutto siamo un po' stanchi
per la trasferta. Sembra che qui per i giovani sia più facile suonare
in giro: a Verona per i gruppi emergenti è molto più complesso trovare
posti in cui suonare, se non sono già in qualche modo affermati. Pensate
che concorsi come Pagella Non Solo Rock siano utili alle band giovani?
Senza dubbio! Noi siamo stati conosciuti proprio grazie ad un concorso
analogo, o quasi. E' importante che i ragazzi abbiano simili possibilità,
perché farsi conoscere in ambito musicale diventa sempre più complicato,
quindi tanti auguri ai gruppi partecipanti!
Pagella Non Solo Rock 8 APRILE C.P.G. TORINO
- di Emanuele Guadagno.
Esibizione musicalmente eterogenea: Pagella non è più solo rock! La serata
di Pagella Non Solo Rock tenutasi al CPG di Torino Venerdì 8 aprile, ha
visto per protagonisti artisti musicalmente vari, ma tutti in grado di
tenere la scena e di essere convincenti sotto il profilo tecnico. Il primo
gruppo a suonare sono i The Drinks, cover band di Deep
Purple e Led Zeppelin; arrangiamento e assoli di chitarra molto fedeli
agli originali, voce femminile all'altezza del genere proposto e grande
effetto d'insieme hanno determinato una performance sicuramente positiva.
La seconda band a salire sul palco, i The Rule Breackers,
sono energia pura. Il giovanissimo cantante e bassista, a dispetto dell'età,
ha una notevole presenza scenica, forse anche grazie agli ormoni in circolo,
e rende ancora più coinvolgenti i brani dal sapore Hard and Heavy. Il
suono sporco della chitarra è perfetto in questo contesto e la batteria
dà grande solidità al loro sound: è stato senza dubbio un bel debutto.
Maker, terzo artista della serata, è un giovane rapper
della scena piemontese, la sua musica risente di influenze di altri stili,
fra cui reggae e funk. Pur dedicandosi ad un genere in cui spesso la cura
dell'aspetto melodico è trascurata, Maker inserisce nelle proprie composizioni
motivi interessanti che vengono efficacemente proposti insieme ad una
corista. Anche questo artista ha personalità e si sente a suo agio sul
palco. Ultimo, sicuramente non per qualità, è Amedeo Diego
che stupisce per la propria maturità. Nonostante abbia soltanto 14 anni
riesce a regalare interpretazioni magistrali di brani della scena Pop
e Pop rock internazionale, grazie solo al suono del pianoforte e della
propria voce. Eccellente sui tasti bianchi e neri, ha anche buone capacità
vocali e interpretative che si adattano perfettamente ai brani di Elton
John e dei Beatles eseguiti. Il pubblico poteva essere più numeroso, anche
per la presenza della band livornese Appaloosa in veste di Headliner,
ciononostante si respirava una bella atmosfera sia fra artisti e spettatori
che fra gli stessi partecipanti alla gara.
APPALOOSA
Headliner della serata sono gli Appaloosa, band strumentale livornese
che fonde sonorità noise, funk ed elettroniche. Il gruppo, inizialmente
composto da chitarra (Niccolò Mazzantini), basso (Enrico Pistoia, Niccolò
Mazzantini) e batteria (dal 2000 Marco Zaniniello), ha visto arricchita
la propria formazione dall'arrivo, nel 2004, di Simone Di Maggio, che
ha indirizzato le sonorità del gruppo verso l'elettronica. Tratto distintivo
degli Appaloosa è lo sviluppare soluzioni sonore noise ed elettroniche
su un riff di base eseguito dal basso e riproposto per l'intera durata
di un brano. La band livornese prodotta da Urtovox, suonerà il 23 aprile
al Viper Club di Firenze e l'8 luglio al Low Rock Festival di Bagnolo
Mella, Brescia.
Pagella Non Solo Rock
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