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| 09 maggio | 16 maggio | 23 maggio | 25 maggio |
Zoë - Espressività, interpretazione, vocalità. Zoë sul palco prende per mano il pubblico e lo trasporta in un mondo di armonie e melodie interessante. Buona presenza scenica, così come la tecnica vocale e la costruzione dei brani che potrebbero funzionare sui palchi e in studio. Deve ancora fare i conti con un po’ di timidezza ed esitazione, anche nel suo approccio artistico. La sfida però è rendersi riconoscibile tra molti progetti simili, un timbro personale che al momento è incerto.
Jodie - La musica, i brani e il suono sono il suo linguaggio. La voce di Jodie cattura l’attenzione, forte di una tecnica vocale consolidata che le permette di sentirsi protagonista. Un po’ sull’esecuzione si percepisce quando si esibisce piano e voce, momenti in cui viene fuori qualche esitazione. Esitazioni momentanee che non intaccano il valore aggiunto di Jodie, ossia la scrittura dei suoi brani inediti in cui riesce a portare il suo mondo interiore e metabolizzarlo.
Edamame - Funzionano come trio, confermando l’impressione avuta nelle audizioni. Sulla presenza scenica nulla da dire, anzi riescono sul palco a trainare. Così come per la qualità audio. In scena portano una buona sintonia tra la band, con la giusta dose di underground nel loro fondere grunge, punk e anche un po’ di pop, che resta attuale e non cade nel nostalgico. Con tanti mostri sacri, fare la differenza non è semplice però è l’unica cosa che rende memorabile una band, un punto su cui gli Edamame potrebbero ancora lavorare.
Euphonia - Tra molti artisti che cercano di inserirsi in un panorama vestendosi di un’etichetta precisa sperando nelle logiche di mercato, loro spiccano per originalità. Una scelta coraggiosa, che restituisce il lavoro di contaminazione e contrasti che c’è dietro ai brani e nella ricerca del suono e che sintetizzano in brani coerenti, maturi e impegnati, caratteristica ancora rara nel panorama musicale. Tutto questo non vive l’ansia del live, anzi viene valorizzato dalla complicità dei componenti e convince il pubblico che, ne sono convinta, si ricorderà di loro.
Stefano Casetta - La sincerità disarmante è il fil rouge della sua esibizione. Dai testi ai balzi tra le sonorità, dal pop al rap, fino anche all’ammissione di qualche errore, dal controllo della velocità della voce all’utilizzo che si è rivelato insidioso della loop station. Sincerità che ha dimostrato anche nel rapporto con il pubblico, Stefano Casetta è tra i pochi nel contest a coinvolgere, raccontarsi e cercare un vero legame, anche se solo il tempo di un’esibizione. È convincente, con la sua musica orecchiabile ed empatica e con la sua presenza da cantautore della porta accanto. Ci sono dei momenti in cui il cercare di fare troppo diventa un pericolo, da tenere a mente soprattutto quando si muovono i primi passi, ma bisogna dare atto a originalità, passione e anche voglia di rischiare.
Martina Ravetta - Che stile e che grinta. Non serve leggere la sua presentazione per capire che Martina Ravetta li ha acquisiti collezionando palchi e live. È tecnicamente molto brava, conosce molto i suoi punti di forza vocali e anche i limiti. La sua identità artistica è poliedrica, rock e scatenata ma anche intima e delicata nei momenti piano e voce. Un approccio che permette al pubblico di restare in sospeso e sorpreso, non sapendo cosa aspettarsi. Nonostante la scrittura chitarra e voce, la formazione band convince, c’è sintonia e una buona energia esecutiva per quanto sia ancora da perfezionare l’adattamento, allo stesso tempo è una comfort zone che rischia di distanziare il pubblico: più volte lo sguardo della giovane artista va agli altri componenti, un gesto che fa trasparire un po’ d’incertezza. Piccola parentesi di un’esibizione grintosa e che conferma come sia tra i migliori in gara.
Pesticidi -
I Pesticidi hanno una bella carica con cui riescono a trainare il pubblico. Il pogo è il loro credo. E hanno investito molto sulla presenza scenica. A livello tecnico, emerge della disparità tra i componenti e soprattutto dovrebbero perfezionare una propria identità artistica e cercare un linguaggio nuovo e unico per esprimersi. Perché è inevitabile che la scelta del genere alternative metal, che interpretano con un mix di influenze diverse e nostalgia musicale, ha il grande limite di sembrare già sentito e avere un pubblico risicato nel panorama musicale.
Giada Lay -
Con i suoi brani, Giada Lay riesce a trasmettere se stessa e a farlo con un linguaggio adatto per i suoi giovanissimi coetanei. È facile quindi immaginarsi che molti di loro riuscirebbero a ritrovarsi nella sua musica e a sentirsi ascoltati. Ma restano ancora pochi per un live rispetto al repertorio di cover che l’artista ha. Anche la sua esibizione conferma come il percorso di crescita artistica e scenica sia ancora lungo. A partire dal fatto che sul palco non sembra essere molto a suo agio, questo sembra incidere sull’esecuzione.
Anita Ferraris - Talentuosa, spontanea e ispirata.
Tre caratteristiche che fanno della giovane cantautrice un’artista da tenere d’occhio nella scena emergente. La sua voce emoziona e riesce a catturare il pubblico con la naturalezza di chi cerca sul palco il proprio spazio, senza costruzioni o tendenze al personaggio. Dal punto di vista della scrittura testuale dei brani e degli arrangiamenti c’è molto potenziale ma sicuramente c’è del lavoro da fare.
Il consiglio è di proseguire in questo percorso e crescere avvalendosi magari di una guida esperta sia dal punto di vista della produzione che del lavoro strategico.
Clairkia - È grintosa sul palco, è evidente che per Clairkia quello è il posto dove vuole stare.
È molto attenta all’esecuzione, anche, sembra, perdendo di vista l’obiettivo di divertirsi e viversela a fondo. Una comfort zone che non le permette di far emergere le sue capacità a dispetto dell’incertezza tecnica e vocale, che è più evidente nell’esecuzione dei brani in inglese.
Il consiglio è, appunto, lasciarsi andare e rischiare per creare un vero contatto con il pubblico, che nella dimensione live vince su tutto.
Subliminal - Cinque componenti, un solo groove e un bel ritorno al punk.
I Subliminal sono riusciti a conquistare la platea e a cogliere a pieno l’opportunità di Pagella Non Solo Rock per farsi conoscere ma anche misurarsi e vivere l’esperienza di esibirsi su un palco di livello. “Fare casino” è il loro obiettivo, assolutamente raggiunto. Ma sul palco hanno dimostrato di farlo con capacità e credibilità. Certo, fare punk oggi non è proprio una scelta originale ma sono riusciti a raccontare un loro stile, lavorando bene con la sezione ritmica.
Tra le pecche, la voce divorata dai suoni.
Pears - Sul palco riescono a trasmettere una forte energia e sembrano trovare nella dimensione live la carica giusta.
Si respira la loro passione e intenzione di trovare nella musica uno spazio deciso. Ma questa determinazione non sembra essere ancora sufficiente per colmare l’imprecisione tecnica, sia strumentale che vocale e di pronuncia, che emerge. Complice anche la scelta dei brani, dai Soad e RHCP, che richiedono una grande sinergia tra i componenti della band e precisione nell’esecuzione.
Allegra - È il paradosso che spicca in Allegra. Salta dall’indie al rap e lo fa con testi, in cui racconta storie di vita, che sono cupi, a dispetto del nome. Cupi come sa esserlo a volte il quotidiano. Testi pensati, ben costruiti, che cercano di mettere a nudo l’artista, malgrado con il suo approccio schivo sul palco e la voce bassa sembra ancora volersi proteggere. Il consiglio è concentrarsi sulla tecnica e sull’esecuzione, per rendere anche nei live il grande lavoro che emerge dal rapporto con i brani e i testi.
F3fa - talentuosa. Mostra subito una buona capacità vocale e interpretativa nel miscelare vibes latine e note r&b. Si racconta con brani maturi, accompagnando in un viaggio tra lingue e culture. Ha uno stile e un’identità artistica già chiara e, aggiungerei, vincente. F3fa inizia a cantare e arriva subito la sua potenza artistica, a differenza però della sua potenza scenica. Non è ancora capace di governare il palco con il corpo, resta lontana dal pubblico, guarda di lato. Un aspetto che sicuramente potrà migliorare, acquisendo maggiore consapevolezza della sua bravura e talento, che deve brillare sul palco e non essere offuscato dalla timidezza.
Sin De - Sicuro, d’impatto, audace. L’ambizione di Sin De di fare del palco il suo futuro è chiara. Specializzato nel genere "New Gothic", come ama dire, ha già pubblicato diversi brani. Una dedizione che sul palco arriva ma, come accade quando si intraprende un percorso così, non basta. Così arriva il suo personaggio ma non molto la sua arte, con brani che non spiccano come lui. E per quanto l’immagine sia fondamentale, per un artista resta pura forma. Insomma, dopo essere stato capace così giovane a costruire uno stile comunicativo che funziona, il consiglio è perfezionare quello artistico e tecnico.
Miri - La sua forza è la verità. Quando si mostra, canta a suo padre, emergono le sue emozioni e arriva al pubblico. Però, questa forza più volte durante il live viene oscurata dall’insicurezza artistica e dalla poca esperienza che trapela sul palco. Piccoli ostacoli che per Miri potranno diventare la spinta per sfidare soprattutto se stessa a lasciarsi andare e mostrarsi di più, perché è chiaro che ha molto da raccontare e raccontarsi, ferite ma anche gioie, deve solo trovare la chiave giusta. Proprio come è accaduto nella canzone per suo padre.
CRISTINA PALAZZO
Giornalista originaria della provincia di Frosinone, laureata in Scienze della Comunicazione e attiva nel mondo del giornalismo da quasi dieci anni. Dopo essersi trasferita a Torino nel 2017 per completare un Master in Giornalismo, si è innamorata della città e ha infine deciso di rimanerci. Collabora con l'edizione torinese de La Repubblica dal 2018, occupandosi principalmente del mondo della scuola e dell'Università.
Ha anche esperienze lavorative con altri quotidiani e testate web, come L'indiependente, dove si è concentrata soprattutto su articoli riguardanti arte, cultura e soprattutto musica, la sua vera costante nella vita.
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