Invito a pranzo in Archivio
Liste di pranzi e ricettari dell’Archivio Storico della Città di Torino.
Documenti in mostra
Dal 16 settembre 2016 - 28 gennaio 2017
Archivio Storico della Città di Torino
Via Barbaroux 32
Orario: lunedì – venerdì 8,30 – 16,30
Orario estivo: lunedì, mercoledì, giovedì 8,30 - 16,30
martedì e venerdì 8,30 - 13,30
Aperture straordinarie: 16 settembre 2016 ore 19-24
festivi chiuso
Ingresso libero
Può sorprendere che l’Archivio Storico del Comune di Torino, luogo deputato a conservare le carte relative all’amministrazione della città, custodisca più di ottocento menu e oltre venti libri di ricette realizzati in un arco temporale compreso tra la seconda metà del Settecento e la prima metà del Novecento. L’origine di questo cuore goloso e inaspettato si deve soprattutto ad alcune collezioni di natura eterogenea confluite nell’Archivio nel corso degli anni, che hanno arricchito e reso più variegato il suo patrimonio. Fondamentale in questo senso è la Collezione Simeom, miniera inesauribile di testimonianze della storia torinese, nata dalla collaborazione di due insigni bibliofili, Vincenzo Armando e Silvio Simeom, che annovera oltre trecento liste di pranzi. Trecentocinquantatre menu fanno parte delle Nuove Acquisizioni, raccolta nata come appendice alla Collezione Simeom. Infine centoquarantuno menu e una ventina di ricettari, alcuni manoscritti, altri a stampa, redatti tra Ottocento e Novecento, sono pervenuti all’Archivio in anni recenti per lascito testamentario con la Collezione Falzone del Barbarò.
A questo nucleo importante si aggiungono alcune liste di pranzi conservate nel fondo Affari perché legati all’attività istituzionale dell’Amministrazione civica torinese.
L’uso di mettere a disposizione di ogni commensale all’inizio del pranzo il menu si diffonde nella prima metà dell’Ottocento, quando il servizio «alla francese», in cui tutte le vivande erano disposte sulla tavola fin dall’inizio del pranzo, viene sostituito dal servizio «alla russa», che prevede invece l’entrata delle portate secondo una rigida successione. Il menu ha quindi la funzione di un programma che offre la possibilità agli invitati di conoscere in anticipo i piatti e quindi di accettare o rifiutare le portate offerte dai camerieri.
Degli oltre ottocento menu dell’Archivio, circa centosettanta risalgono all’Ottocento, mentre il nucleo più consistente appartiene prevalentemente ai primi decenni del Novecento.
I pranzi di cui elencano le portate spesso celebravano eventi particolari, pubblici o privati: il più antico, che risale al 2 ottobre 1839 a Palazzo Reale, era stato organizzato in occasione del genetliaco del re Carlo Alberto; nel pranzo del 10 febbraio 1848, il corpo decurionale torinese festeggiava con quello genovese la concessione dello Statuto; il 17 settembre 1871 si celebrava l’inaugurazione del traforo del Frejus. Altre volte si ricordava un anniversario: il 18 giugno 1886 il cinquantenario della nascita del Corpo dei bersaglieri; il 9 maggio 1898 il cinquantenario dello Statuto; il 10 agosto 1910 il centenario della nascita di Camillo Cavour. Numerosi sono i pranzi svoltisi durante le Esposizioni e molti infine quelli di nozze (il più importante quello del 22 aprile 1868, per il matrimonio dell’erede al trono, il principe Umberto di Savoia, con la principessa Margherita).
Ma come venivano realizzati i piatti, spesso citati in francese, la lingua ufficiale della cucina almeno fino all’inizio del Novecento? A dar forma a queste espressioni dal significato il più delle volte oscuro vengono in soccorso alcuni chef prestigiosi attivi a Torino tra la seconda metà del Settecento e la prima metà dell’Ottocento, autori di ricettari frutto della loro lunga esperienza, conservati presso l’Archivio Storico: primo fra tutti l’anonimo Cuoco piemontese perfezionato a Parigi che aprì la strada alla formazione di una vera e propria cucina regionale, poi Francesco Chapusot, cuoco dell’ambasciatore d’Inghilterra a Torino, Ralph D’Abercromby, negli anni che precedettero l’Unità d’Italia, e Giovanni Vialardi, al servizio di Carlo Alberto e di Vittorio Emanuele II, che minuziosamente descrivono ingredienti, dosi e procedimenti. Dalle loro opere è tratta la maggior parte delle ricette che corredano alcuni dei menu selezionati e raccolti nel catalogo che correda la mostra.