ALMANACCHI, LUNARI E CALENDARI PIEMONTESI NELLE COLLEZIONI
DELL'ARCHIVIO STORICO
di Luciana Manzo
Libelli modesti nelle dimensioni,
dimessi nella veste editoriale, stampati su carta scadente, gli
almanacchi furono nel Settecento il genere letterario di più
larga diffusione. Per il basso costo e per le informazioni che
fornivano entravano anche nelle case dei ceti popolari e, anzi,
per molte famiglie costituivano l'unico rapporto con la carta
stampata. Mentre la censura sabauda ostacolava con determinazione
la circolazione delle idee e delle notizie che potevano turbare
l'ordine pubblico, fatto che creò enormi difficoltà
alla stampa periodica settecentesca, essa fu estremamente blanda
con gli almanacchi, che nello stesso periodo raggiunsero il centinaio
di titoli, segno che nella ripetitività delle rubriche
e nei contenuti privi di riferimenti alla situazione politica
non si individuavano pericoli per le istituzioni.
L'almanacco settecentesco è il risultato dell'evoluzione
e della fusione di elementi ricorrenti in tre tipi di pubblicazioni
annuali, molto diverse per contenuti e per destinazione, nate
nei secoli precedenti.
Innanzitutto il prognosticon o iudicium: diffuso dal medioevo
al XVII secolo era destinato ad un pubblico colto. Redatto inizialmente
in latino e successivamente in lingua volgare, esso conteneva
le tavole delle effemeridi, un discorso sul pianeta dominante
nell'anno, le congiunzioni dei pianeti nel corso delle stagioni
con le relative conseguenze sul clima e sulle malattie. Non conteneva
il giornale dei santi né le tavole del sorgere e del tramontare
del sole; la parte di maggior interesse verteva sui pronostici
relativi alle guerre, alle calamità naturali, all'oroscopo
dei potenti: era questo il campo della cosiddetta "astrologia
giudiziaria", l'applicazione cioè delle categorie
interpretative dell'astrologia al campo della politica.
Destinato al clero era invece il kalendarium, redatto in
latino e pubblicato nelle città sedi vescovili ad uso di
tutta la diocesi. La sua struttura, che restò stabile dal
Cinquecento al Settecento, comprendeva l'elenco delle feste mobili,
i quattro tempi, i giorni in cui non si potevano celebrare le
nozze, il calendario dei santi, l'indicazione dei testi sacri
e dei colori dei paramenti da indossare per ogni celebrazione.
Verso la metà del XVI secolo fecero la comparsa sul mercato
i lunari, libretti che riportavano il calendario con le
fasi della luna e il giornale dei santi. Pur nella loro estrema
modestia, che ha fatto sì che se ne siano conservati pochissimi,
essi costituirono un fenomeno importante in quanto furono forse
i primi libri stampati ad avere una diffusione popolare.
Dall'unione di queste tipologie differenti nacque l'almanacco
comune, che ebbe nel Settecento il suo periodo di massimo fulgore.
Esso conteneva alcune rubriche fisse: il giornale dei santi, le
festività religiose, le lunazioni, le tavole del levar
del sole, l'elenco delle fiere in Piemonte, la tariffa delle monete,
la partenza e l'arrivo delle poste, le date di nascita dei principi
d'Europa, l'elenco degli Arcivescovi, vescovi e abati e dispensava
inoltre consigli sulla coltivazione degli orti e dei giardini.
Le rubriche erano introdotte da un discorso generale sull'anno
e sulle stagioni che conteneva previsioni sul clima e sulle malattie
formulati sulla base dell'astrologia naturale. Erano invece scomparsi
l'oroscopo dei potenti e le previsioni su guerre e catastrofi,
duramente avversate dalla Chiesa che condannava la convinzione
che gli eventi umani fossero determinati dagli astri. Si continuava
invece a tollerare l'astrologia naturale, ossia il principio per
cui le stelle potessero influire sugli eventi atmosferici e sulle
malattie, anche se nel secolo dei lumi gli esponenti della cultura
alta la avversavano in quanto fonte di menzogna e di superstizione.
Tra i titoli si ricordano: Il novello specolatore, La sollecita
giardiniera del zodiaco, Il mondo nuovo tra i venti, Il Provinciale.
Almanacco, Rustico indovino, Il Chiaravalle, Almanacco Universale
del Gran Astrologo di Valserena.
Per la semplicità e la ripetitività dei temi trattati,
questo modello godeva di un pubblico vastissimo: per fruirne era
sufficiente saper leggere e spesso a divulgarne i contenuti provvedevano
le letture che la sera radunavano l'intera famiglia.
Nella seconda metà del Settecento alcuni stampatori decisero
di intraprendere un cammino meno sicuro dal punto di vista dei
profitti, ma più stimolante nei contenuti. Essi si rivolsero
a un pubblico più esigente che non si accontentava del
semplice pronostico, ma che dall'almanacco si aspettava informazioni
e notizie. Nacquero così gli almanacchi con compendio,
che puntavano sulla divulgazione scientifica; essi proponevano
veri e propri trattati pubblicati a puntate anno dopo anno, stampati
in fascicoli che in seguito potevano essere scorporati dall'almanacco
e legati insieme a formare una piccola enciclopedia. Trattavano
di astronomia, di meteorologia, di agronomia, di medicina, di
geografia, di storia. A questo settore esponenti di spicco del
pensiero illuminista rivolsero la loro attenzione, non disdegnando
di compilare almanacchi che per la loro diffusione costituivano
uno degli strumenti più efficaci per l'educazione della
società civile. Gli argomenti erano proposti in forma di
dialogo tra docente e allievo, in un susseguirsi di domande e
di approfondimenti, mentre le rubriche tradizionali costituivano
ormai soltanto l'ossatura dell'almanacco. I trattati di geografia
prendevano le mosse dalla descrizione del globo terrestre passando
in rassegna i "luoghi più considerabili delle quattro
parti del mondo" per esaminare infine i paesi dal punto di
vista fisico, economico, culturale. Numerosi erano i compendi
di storia che affrontavano le vicende del mondo a partire dalla
creazione; grandi affreschi analizzavano le vicende dei paesi
europei attraverso le gesta dei loro sovrani, così come
ricostruivano le tappe della storia della Chiesa attraverso la
successione dei Pontefici.
Lo sforzo di combattere pregiudizi e false credenze era particolarmente
accentuato nelle pubblicazioni che si occupavano di medicina e
di agronomia. Intento di Maurizio Pipino, medico cuneese compilatore
dell'Almanacco di sanità (1785-1789), era di realizzare
una enciclopedia medica tascabile destinata a un pubblico il più
possibile vasto; in particolar modo si rivolgeva agli abitanti
delle campagne, ai parroci e in genere a tutti coloro i quali
si trovassero nella necessità di dover soccorrere e curare
infermi in luoghi dove i medici scarseggiavano. A una gestione
più razionale dell'agricoltura mirava il gruppo di accademici
della Reale Società Agraria compilatori del Calendario
Reale Georgico, seguaci delle teorie fisiocratiche secondo
le quali un'agricoltura efficiente è la base della vita
prospera della nazione.
Puntavano invece su una lettura dilettevole e distensiva, seppure
con interventi moralistici, gli almanacchi letterari, ricchi di
aneddoti curiosi, di commedie, di racconti a puntate. Parlavano
di feste, di spettacoli teatrali, di moda; mantenevano il giornale
dei santi e delle lune, ma avevano ormai abbandonato le tradizionali
rubriche. Onorato Derossi pubblicava l'Almanacco pellegrino,
La fortuna è in giro, Il sollievo dei malinconici.
Altri titoli, quali La capricciosa e La Ninfa Doride,
rivolti alle signore, erano ricchi di componimenti poetici che
esaltavano le doti delle bellezze subalpine, mentre l'Almanacco
per la Gioventù e La pietra filosofale erano
veri e propri manuali di comportamento e di educazione indirizzati
ai giovani.
Un discorso a parte merita il Palmaverde, che vide la luce
nel 1722 presso l'editore Fontana. Costruito sul modello dell'Almanac
Royal francese, esso fu l'almanacco della corte fino al 1774,
anno in cui la Stamperia Reale iniziò la pubblicazione
del Calendario della Real Corte. In origine esso riportava,
oltre alle solite rubriche e alle previsioni sul clima, sul raccolto,
sulla salute, un quadro completo della corte e delle cariche politiche
e religiose del paese. A metà del Settecento, quando cominciarono
ad affermarsi gli almanacchi con compendio, il Palmaverde
si specializzò, fornendo un quadro ancora più completo
delle istituzioni. Raggiunse tirature altissime (da un'indagine
condotta nel 1783 risulta che se ne vendessero 18.000 copie all'anno),
mantenendo inalterato il suo successo anche dopo l'entrata in
scena del Calendario della Real Corte, di costo peraltro
molto elevato per la raffinatezza della stampa e della legatura.
Capostipite della moderna guida della città è L'Almanacco
reale o sia guida per la Città di Torino edito da Onorato
Derossi. La formula innovativa univa una descrizione della città
dal punto di vista architettonico ad una dettagliata elencazione
dei servizi cittadini (istituzioni assistenziali, alberghi, scuole,
ospedali, funzioni e competenze degli uffici postali, nomi e indirizzi
di professionisti, medici, notai, commercianti, artigiani). Sempre
con la formula dell'almanacco-guida, Derossi pubblicò inoltre
l'Almanacco dei teatri di Torino, mezzo secolo di cronaca
teatrale di estremo interesse e il Giornale per le dame coll'abitazione
loro, un indirizzario per le feste dell'alta società.
Nel corso dell'Ottocento si assistette a una ulteriore specializzazione
delle categorie: se da un lato continuò la pubblicazione
di ingenui almanacchi con proverbi e ricette per tentare la fortuna
al gioco del lotto, il modello dell'almanacco letterario con intenti
educativi e pedagogici si consolidò. La novità più
consistente intervenne allorché gli almanacchi presero
a occuparsi di politica: la libertà di stampa sancita dalla
Statuto Albertino e i travagli che il Piemonte visse nei decenni
successivi crearono le premesse per la nascita di una categoria
di almanacchi prossimi per contenuti alla stampa periodica contemporanea.
Gli almanacchi esposti appartengono perlopiù alla Collezione
Simeom, che ne comprende 1055, editi a Torino tra gli anni
1673 e 1935, oltre ad alcuni provenienti dalla Collezione Falzone
del Barbarò, recentemente pervenuta all'Archivio Storico
per lascito testamentario.
Per un esame approfondito della materia si rimanda al lavoro
di Lodovica Braida, Le guide del tempo: produzione, contenuti
e forme degli almanacchi piemontesi del Settecento, Torino,
Deputazione subalpina di Storia Patria, 1989, al quale anche il
titolo della presente mostra si richiama espressamente. |