Fotografi torinesi
di Pierangelo Cavanna
Torino è stata per circa un
secolo il centro più importante per le vicende della fotografia
italiana 1. Già nei primi
mesi del 1839 il "Messaggere Torinese" e la "Gazzetta
Piemontese" pubblicano notizie relative all'annunciata invenzione
di Daguerre, mentre l'8 ottobre dello stesso anno Enrico Federico
Jest realizza la prima ripresa dagherrotipica torinese, la terza
italiana dopo le prove di Firenze e Pisa, ma la sola a essersi
conservata sino a oggi: una Veduta della Gran Madre di Dio, in
formato di poco inferiore alla mezza lastra, oggi compresa nei
fondi della Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di
Torino. Alla vitalità della scena fotografica torinese
nel corso dell'Ottocento contribuiscono sia una qualificata attività
editoriale di supporto (Paravia pubblica il fondamentale Plico
del fotografo di Giuseppe Venanzio Sella nel 1856, l'Unione Tipografico-Editrice
dà alle stampe le traduzioni italiane di importanti manuali
stranieri), sia e soprattutto un rilevante stuolo di autori (professionisti
e amateurs) che intendono sempre più precisamente l'attività
fotografica come specifica pratica culturale, alla quale dedicare
momenti di confronto e riflessione che si traducono, sul finire
del secolo, nella costituzione delle prime associazioni fotografiche
(Circolo dei Dilettanti fotografi: 1890, poi Società Fotografica
Subalpina: 1899) e nella convocazione del Primo Congresso Fotografico
Italiano, proposto dalla Commissione fotografica in seno al Comitato
per l'Esposizione nazionale del 1898, prima occasione di riflessione
e dibattito sulle "molteplici applicazioni della fotografia"2.
Sempre a Torino si tiene, nell'ambito della Prima Esposizione
Internazionale d'Arte Decorativa Moderna del 1902, l'Esposizione
internazionale di fotografia artistica, "evento cruciale
per le vicende della cultura fotografica del nostro paese"3,
per le possibilità che offre di confronto con le tendenze
più avanzate e momento fondamentale di quel processo pluridecennale
di conquista alla fotografia della dignità di prodotto
culturale complesso che prenderà corpo di lì a poco
sulle pagine de "La Fotografia Artistica" (1904-1917),
il più importante periodico europeo di settore negli anni
antecedenti la prima guerra mondiale, fondato a Torino da Annibale
Cominetti 4. L'attività
editoriale proseguirà, dal 1924, con il "Corriere
Fotografico", trasferito in quell'anno a Torino dai tre soci
fondatori del Gruppo Piemontese per la Fotografia Artistica 5:
Carlo Baravalle, Achille Bologna e Stefano Bricarelli, il quale
ne manterrà la direzione fino alla chiusura, nel 1963.
Se il "Corriere Fotografico", e ancor più i suoi
annuari "Luci ed Ombre" segnano il passaggio per la
cultura fotografica torinese e italiana da un'estetica tardo pittorialista
verso caute aperture moderniste, con la pubblicazione del primo
numero dell'edizione italiana di "Galleria" (luglio
1933), diretta da Luigi Andreis 6,
l'attenzione per la più aggiornata produzione internazionale
(non per le avanguardie, però) si fa più esplicita
e si intreccia al progetto ideologicamente connotato di una fotografia
fascista, specialmente a opera di Mario Bellavista. Si deve attendere
il dopoguerra, con la pubblicazione de Il messaggio della camera
oscura di Carlo Mollino (1949), per avere un'opera di rilevanza
capitale per il rinnovamento della cultura fotografica italiana,
finalmente aperta alla riflessione e alle opere dei più
innovativi autori stranieri, ma questa pubblicazione coincide
con la perdita della centralità torinese in ambito fotografico,
soppiantata da Milano, sede di una sempre maggiore concentrazione
di attività editoriali e della comunicazione in genere.
Nelle fotografie realizzate dalle generazioni di fotografi torinesi
che hanno attraversato e vissuto questo scenario ritroviamo tutte
le funzioni espresse dalla fotografia nella sua breve storia e
ormai quasi compiuta dall'intenzione documentaria, con funzioni
di preservazione della memoria e del ricordo, alla ricerca estetica,
alla comunicazione, sovente così inestricabilmente connesse
tra loro da risultare testimonianze tanto affascinanti quanto
difficili da utilizzare quale fonte documentaria nella accezione
più familiare allo storico 7.
Forse anche per questo gli archivi istituzionali solo da poco
tempo dedicano attenzione all'acquisizione e tutela di questa "presenza-feticcio universale" (Edgard Morin) che è
la fotografia. Prova ne siano le stesse vicende legate alla acquisizione
dei fondi oggi facenti parte dell'Archivio Storico della Città,
di cui di seguito forniamo una prima sommaria ricognizione, specialmente
destinata a sottolinearne gli elementi qualificanti, da intendersi
quale suggerimento per ipotesi di ricerca e di approfondimento,
in attesa della messa a punto di un organico programma di interventi
di catalogazione che conduca a una loro più approfondita
conoscenza 8.
Le più antiche immagini conservate nell'Archivio comunale
non appartengono a un fondo propriamente fotografico ma fanno
parte della Collezione Simeom 9:
architetture e vedute urbane, tra cui l'album dello stabilimento
Brogi dedicato a Torino (1890 circa), e il dagherrotipo raffigurante
L'elefante di Torino, che poi morì pazzo, ripreso prima
del 1852 a Stupinigi, da un anonimo che potrebbe essere identificato
nel marchese Faustino Curlo, nuovo nome nel ricco elenco di esponenti
della piccola nobiltà sabauda attratti dalla fotografia 10.
Troviamo poi il fondo legato al nome di Giuseppe Ratti (1890-1965)
11, interessante figura di imprenditore
e amateur photographer a cui si devono importanti iniziative nel
campo della promozione della fotografia, quali la Prima Esposizione
Internazionale di Fotografia Ottica e Cinematografia, aperta al
Palazzo del Giornale al Valentino nel 1923 (documentata in alcune
tavole di un album) 12, esempio
complesso di esposizione fotografica, strutturalmente distante
dai più tradizionali Salons che seguiranno, ancora per
iniziativa di Ratti, dal 1925, con cadenza biennale non sempre
rispettata. A lui si deve anche il progetto di Scuola di fotografia
intitolata a Teofilo Rossi di Montelera 13,
istituita nel 1935 per iniziativa del Consorzio per l'Istruzione
Tecnica, con una strutturazione dei corsi finalizzata a ottenere
una formazione a largo raggio del "fotografo totalitario",
dotato di cultura generale e professionale specifica: a tale scopo
accanto agli insegnamenti tecnici, tecnologici e merceologici
sono attivati i corsi di Storia dell'Arte, Storia delle Tecniche
Fotografiche, Estetica Fotografica e Storia dell'Arte Fotografica.
Altrettanto rilevanti sono i materiali che formano il Fondo Dall'Armi-Cagliero
14, costituito dalle fotografie
prodotte da Giancarlo Dall'Armi (1881-1928), uno dei più
importanti e colti professionisti torinesi, specialmente attivo
nel campo della documentazione (arte e architettura, insediamenti
e produzioni industriali) e del ritratto, genere nel quale adotterà
con grande eleganza e misura stilemi di matrice pittorialista,
conservati ben oltre la loro stagione più efficace nella
produzione dello studio, gestito dalla moglie Giovanna Andrate
fino al 1951. A questa data l'attività viene rilevata da
Ernesto Cagliero (1920-1993), figlio del fotografo Antonio (1890-1941),
che per circa trent'anni svolgerà attività di ritrattista,
dedicandosi specialmente a soggetti legati al mondo dello spettacolo
e contribuendo così a realizzare alcune delle più
efficaci icone dell'Italia negli anni del boom economico. In parallelo
all'attività di Cagliero va letta la produzione dello studio
Carlo Pozzo 15, dedicata al ritratto
di studio e di circostanza (comunioni, cresime, matrimoni) per
una clientela prevalentemente borghese, che richiede stampe preziose
e manipolate con sapienti interventi di ritocco, ancora nel solco
della tradizione "artistica" di primo Novecento.
Fondamentali per la ricostruzione delle vicende urbanistiche di
Torino sono le immagini provenienti direttamente dalla committenza
municipale, sebbene non sia stato sinora possibile ricostruire
nel dettaglio il destino dei materiali raccolti in occasione dei
concorsi fotografici banditi dalla Città (1900: "Collezione
di vedute di vie o di piazze o di edifizi vari di Torino o di
altre città del Piemonte"; 1928: "Le belle fotografie
di Torino") 16 né la
più parte di quelli prodotti o conservati dalla Fototeca
Municipale, dei quali rimane copiosa testimonianza specialmente
sulle pagine della rivista municipale "Torino", ma di
cui pare si siano perse le tracce a partire dal secondo dopoguerra 17. La Fototeca era stata istituita
nel 1931 allo scopo di "seguire e fissare nella documentazione
fotografica lo sviluppo urbanistico in genere e sotto l'aspetto
estetico dell'edilizia in ispecie [...] con l'occasione dell'imminenza
dei lavori di risanamento dei quartieri adiacenti via Roma"18 e proprio a questa imponente fase di trasformazione urbana si
riferiscono le centinaia di immagini costituenti la serie Via
Roma anni trenta conservata presso l'Archivio Storico, mentre
le terribili distruzioni operate dai bombardamenti nel corso della
seconda guerra mondiale sono testimoniate dalla documentazione
raccolta in un altro fondo, quello dell'Ufficio Protezione Antiarea
e Mobilitazione Civile (UPA), istituito tra il 1936 e il 1937
presso la Divisione Urbanistica e Statistica del Comune, soppresso
nel 1946, che "non disponendo di personale e attrezzature
idonee, si avvaleva delle riprese effettuate sia da ditte specializzate
- quali la Società Anonima Torinese Industrie Zincografiche
(SATIZ) - sia dai fotoreporter della "Gazzetta del Popolo";
per convenzione inoltre si giovava del tempestivo ed efficace
lavoro dei fotografi-pompieri appartenenti all'83° Corpo dei
Vigili del Fuoco di stanza a Torino"19.
Caratteristica comune a molte di queste immagini è la loro
grande efficacia visiva, che lascia intuire da parte degli autori
una buona conoscenza delle vicende recenti della fotografia internazionale,
certo dovuta alla particolare ricchezza della cultura fotografica
torinese richiamata in apertura, alla quale si dovrà aggiungere
- in questi anni - il ruolo di strumento di diffusione di un'aggiornata
cultura grafica e fotografica, orientata alla comunicazione propagandistico-editoriale,
svolto da una rivista come la tedesca "Signal"20.
Sono tutte immagini in cui - per riprendere la distinzione di
Roland Barthes - lo studium (qui la volontà documentaria)
è certamente preponderante, ma nelle quali il particolare
contesto della loro realizzazione fa emergere un punctum: "quella
fatalità che in esse mi punge [...] e che non posso definire"21:
si pensi ai due uomini che si fanno ritrarre all'interno del Caffé Raymondi distrutto o al grande punto interrogativo che campeggia
sul muro sventrato delle carceri Nuove 22.
Le foto sono per ora anonime e forse per gran parte lo resteranno
23, unica testimonianza - nella
loro qualità anche estetica - della capacità di
un operatore di raccontare efficacemente, di esprimersi al meglio
per testimoniare, ma anche per conquistare una necessità vitale continuamente negata dallo scenario di quei giorni.
Tematicamente eterogeneo e di interesse non solo locale è
invece l'enorme fondo fotografico della "Gazzetta del Popolo",
pervenuto all'Archivio dopo la chiusura del giornale 24,
costituito da stampe fotografiche databili dagli anni trenta al
1983 25, tra le quali si segnalano
i 47 faldoni relativi alla seconda guerra mondiale, contenenti
circa 20.000 immagini realizzate da agenzie fotografiche internazionali,
la coeva documentazione relativa a Torino, ma anche le migliaia
di stampe di soggetti vari (ritratti di personaggi famosi, cronaca,
cinema e quant'altro) che formavano il patrimonio vitale di un
giornale di grande diffusione, attento da sempre alle vicende
e all'uso della fotografia, e che in questa sede è possibile
richiamare solo per exempla, in attesa di una futura, lunga e
impegnativa ma necessaria opera di inventariazione.
Non considerando altre serie minori 26,
resta da segnalare l'interessante materiale costituente la Collezione
Aldo Bubbio, alcune migliaia di stampe e diapositive prodotte
nel periodo 1970-1980 da Bubbio e altri membri del Circolo Ricreativo
Dipendenti Comunali di Torino, tutte di soggetto locale 27,
caratterizzate da temi e scelte compositive che rimandano a quella
tradizione fotografica che ha avuto in Mario Gabinio, Giancarlo
Dall'Armi e Augusto Pedrini i propri padri nobili, priva di tentazioni
aneddotiche, poco fotoamatoriale e civicamente utile, ulteriore
testimonianza del ruolo attivo, culturalmente propositivo ed efficace
svolto dai fotografi amatori. Coerentemente con questa volontà,
alla chiusura della attività del Circolo nel 1981, le immagini
prodotte vengono versate all'Archivio Storico della Città,
segnando l'avvio della ricca serie di acquisizioni che abbiamo
ricordato, atti concreti di una politica di tutela e valorizzazione
dell'enorme patrimonio locale costituito da questi documenti/monumenti.
Immagini di una città e di una cultura attraverso il tempo.
Il testo è tratto dal volume Itinerari fra le carte,
a cura di GUIDO GENTILE e ROSANNA ROCCIA, Archivio Storico della
Città di Torino, Torino, 1999. |
NOTE:
1 Per un approfondimento delle vicende legate
alle origini e alla diffusione della fotografia a Torino si vedano:
GIORGIO AVIGDOR, CLAUDIA CASSIO e ROSANNA MAGGIO SERRA (a cura
di), Fotografi del Piemonte 1852-1889. Duecento stampe originali
di paesaggio e veduta urbana, Torino, Musei Civici, 1977;
CLAUDIA CASSIO (a cura di), Fotografi ritrattisti nel Piemonte
dell'800, Aosta, Musumeci Editore, 1980; MARINA MIRAGLIA,
Culture fotografiche e società a Torino. 1839-1911,
Torino, Allemandi, 1990; PIERANGELO CAVANNA, Culture photographique
et société en Piémont: 1839-1898, in
Photographie, ethnograhie, histoire, "Le Monde Alpin
et Rhodanien", XXIII, (1995), pp. 145-160.
2 Atti del Primo Congresso Fotografico Nazionale,
Torino, ottobre 1898, Torino, Roux Frassati e C., 1899.
3 PAOLO COSTANTINI, L'Esposizione internazionale
di fotografia artistica, in ROSSANA BOSSAGLIA, EZIO GODOLI
e MARCO ROSCI, (a cura di), Torino 1902. Le arti decorative
internazionali del nuovo secolo, Milano, Fabbri Editori, 1994,
pp. 94-179, in particolare p. 95.
4 PAOLO COSTANTINI, "La Fotografia Artistica"
1904/1917, Torino, Bollati Boringhieri, 1990.
5 PAOLO COSTANTINI e ITALO ZANNIER, Luci ed
Ombre. Gli annuari della fotografia artistica italiana 1923-1934,
Firenze, Alinari, 1987.
6 ITALO ZANNIER, Leggere la fotografia. Le
riviste specializzate in Italia (1863-1990), Roma, La Nuova
Italia Scientifica, p. 40. Si veda anche SILVIA PAOLI, L'Annuario
di Domus del 1943, in TIZIANA SERENA (a cura di), Per Paolo
Costantini, vol. I, Fotografia e raccolte fotografiche, "Centro
di Ricerche Informatiche per i beni Culturali. Quaderni",
VIII, (1998), pp. 99-129, in particolare pp. 109-111.
7 Per una sintetica rassegna dei problemi posti
dall'uso storiografico della fotografia si vedano: PEPPINO ORTOLEVA,
La fotografia, in GIOVANNI DE LUNA, PEPPINO ORTOLEVA, MARCO
REVELLI e NICOLA TRANFAGLIA (a cura di), Gli strumenti della
ricerca. 2. Questioni di metodo, Firenze, La Nuova Italia,
1983, pp. 1122-1154; MARIA TERESA SEGA, La storia scritta con
la luce, in "I viaggi di Erodoto", II (1988), n.
4, pp. 58-71. Un'esperienza problematica di ricerca storiografica
con la fotografia è stata descritta in modo esplicito e
chiaro da LILIANA LANZARDO, Lo storico e le fotografie,
in SAURO LUSINI (a cura di), Fototeche e archivi fotografici,
Atti del convegno, Prato, Comune di Prato, 1996, pp. 68-74.
8 Una prima descrizione quantitativa dei fondi
fotografici dell'Archivio è fornita dalla scheda in TIZIANA
SERENA (a cura di), Per Paolo Costantini, vol. II, Indagine
sulle raccolte fotografiche, "Centro di Ricerche Informatiche
per i beni Culturali. Quaderni", IX, (1999), p. 405.
9 Collezione Simeom. Inventario,
vol. I, Torino, Archivio Storico della Città, 1982, pp.
176; 596-597; LUIGI FIRPO (a cura di), Immagini della Collezione
Simeom, Torino, Archivio Storico della Città, 1983.
Significativo è il fatto che in questa fondamentale collezione
torinese, ricca di materiali eterogenei, la fotografia risulti
una presenza poco più che episodica (circa 150 unità).
Numerosissime fotografie sparse, non considerate in questa sede,
sono invece comprese in altri fondi documentari quali: Tipi e
disegni, Miscellanea Lavori pubblici, Affari Gabinetto del Sindaco,
Miscellanea Agricoltura Industria Commercio ecc.
10 PIETRO PASSERIN D'ENTREVES, La cultura
scientifica: zoologia ed evoluzionismo, in UMBERTO LEVRA e
ROSANNA ROCCIA (a cura di), Milleottocentoquarantotto. Torino,
l'Italia, l'Europa, Torino, Archivio Storico della Città,
1998, pp. 247-258. L'elefante Fritz, donato a Carlo Felice dal
Viceré d'Egitto nel 1827, sembra condividere lo stesso
destino della fotografia: è traccia "re-ale"
di mondi lontani, ma la fotografia, diversamente dall'elefante,
non morirà pazza. La singolare presenza del pachiderma
era stata tempestivamente registrata nella veduta del R. Castello
di Stupinigi incisa da Demetrio Festa su disegno di Enrico Gonin,
compresa nella serie di Monumenti e siti pittoreschi della città
e dintorni di Torino Disegnati da Enrico Gonin, Torino, presso
Pietro Marietti, 1833; si veda ANGELA GRISERI, Itinerari a luce
radente, in ROSANNA ROCCIA e COSTANZA ROGGERO BARDELLI (a cura
di), La città raccontata. Torino e le sue Guide tra
Settecento e Novecento, Torino, Archivio Storico della Città,
1997, pp. 83-133. L'attribuzione a Curlo del dagherrotipo, suggerita
dall'iscrizione posta al recto dell'immagine, in basso lungo il
margine, a penna nera, che oltre al titolo recita "Espone
il M.se Faustino Curlo" (M. MIRAGLIA, Culture fotografiche
cit., p. 325, sch. 19), potrebbe assumere ulteriore valore ricordando
che tra i bibliofili con cui Simeom era in contatto vi era un
marchese Curlo probabilmente erede del primo: ADA PEYROT, La
collezione Simeom, in L. FIRPO (a cura di), op. cit., pp.
13-17.
11 Sulla figura di Giuseppe Ratti si veda DINA
REBAUDENGO, Un uomo, una città, Torino, Toso, 1971.
Una parte consistente del Fondo Ratti (negativi e stampe di Giuseppe
e del fratello Odoardo) è confluita al Museo Nazionale
del Cinema-Fondazione Maria Adriana Prolo di Torino per donazione
di Thelma Ratti (moglie di Giuseppe) nel 1972 e nel 1983.
12 Su sollecitazione di Ratti, Sem Benelli scrive
per l'Esposizione l'opera La Sacra Primavera che rimanda, almeno
nel titolo, al precedente stravinskiano, certamente conosciuto
per il tramite di Alfredo Casella. La rappresentazione dell'opera
è documentata da alcune fotografie di Ratti, mentre un
ritratto dell'autore, opera di Giancarlo Dall'Armi, venne presentato
con successo alla stessa Esposizione ed è conservato nel
Fondo omonimo.
13 Sulle prime scuole di fotografia istituite
a Torino si veda P. COSTANTINI, "La Fotografia Artistica"
cit., p. 142, n. 229.
14 Il Fondo comprende anche un interessante album
LUMIÈRE & JOUGLA, Papier Photographiques, s.d. [1911
post], album di 13 fogli con 25 stampe fotografiche di differente
tipologia (albumina opaca, celloidina opaca, citrato opaco, gelatine
diverse). L'attività dello studio Dall'Armi-Cagliero è
stata studiata da DARIO RETEUNA, Premiato Studio. Da Dall'Armi
a Cagliero sessant'anni di vita a Torino, Torino, Regione Piemonte-Fondazione
Italiana per la Fotografia, 1998.
15 Foto Studio Carlo Pozzo, piazza Castello 29,
attivo nel periodo compreso tra l'immediato secondo dopoguerra
e il 1970 circa.
16 Si vedano PIERANGELO CAVANNA, Mario Gabinio,
vita attraverso le immagini, in PIERANGELO CAVANNA e PAOLO
COSTANTINI (a cura di), Mario Gabinio. Dal paesaggio alla forma.
Fotografie 1890-1938, Torino, Allemandi, 1996, p. 10; D. REBAUDENGO,
op. cit., p. 74.
17 Questa attenzione per la documentazione fotografica
potrebbe essere stata suggerita da Vittorio Viale, dal 1930 direttore
del Museo Civico in cui istituisce un primo nucleo di Archivio
Fotografico per ovviare alla dispersione del materiale di interesse
documentario conseguente alla chiusura degli studi professionali
per cessazione dell'attività. In questo contesto va collocata
anche l'acquisizione del fondo Gabinio, motivata "in relazione
essenzialmente all'interesse connesso alla conoscenza dello stato
di fatto in cui si trovavano l'edilizia cittadina e parecchi servizi
municipali, fra l'ultimo Ottocento e il primo Novecento, da cui
risultano evidenti le trasformazioni verificatesi sotto l'impulso
innovatore del Regime" (ASCT, Atti Municipali, Deliberazioni
del Podestà, verbale n. 28 del 17 giugno 1940, par. 40).
La perizia relativa viene affidata a Viale, il quale ne opera
una prima selezione, trattenendo per l'Archivio Fotografico dei
Musei Civici solo quelle "di carattere artistico o archeologico",
e restituendo le altre, oggi non più reperibili, alla Divisione
VIII Amministrazione Patrimonio e Lavori Pubblici (Archivio dei
Musei Civici, cat. IX, cl. 6, pr. 425 del 18 ottobre 1941).
18 ASCT, Atti Municipali, Deliberazioni del
Podestà, verbale n. 4 del 24 gennaio 1931, par. 35.
19 ROSANNA ROCCIA, Immagini di Torino in guerra,
in ROSANNA ROCCIA e GIORGIO VACCARINO (a cura di), Torino in
guerra tra cronaca e memoria, Torino, Archivio Storico della
Città, 1995, pp. 537-538.
20 PIERANGELO CAVANNA, "Signal",
la fotografia come sistema, in "L'impegno",
13 (1993), n. 1, pp. 71-74.
21 ROLAND BARTHES, La camera chiara, Torino,
Einaudi, 1980, p. 28 e sgg.
22 Si veda R. ROCCIA e G. VACCARINO (a cura di),
Torino in guerra cit., p. 25 e p. 103.
23 Sfuggono all'anonimato e sono ben riconoscibili
le fotografie realizzate dal vigile del fuoco Domenico Scrigna
(Alpignano 1901-Torino 1957): composizioni attente, spesso giocate
su forti simmetrie centrali, a voler mettere ordine nel caos delle
distruzioni, studiate per la prima volta da DARIO RETEUNA, Fotografia
e storia dell'Archivio dei Vigili del fuoco di Torino, in MICHELE
FALZONE DEL BARBARÒ e ITALO ZANNIER (a cura di), Fotografia
luce della modernità. Torino 1920/1950: dal pittorialismo
al modernismo, Firenze, Alinari, 1991, pp. 167-169, che attribuisce
- credo correttamente - a Scrigna (p. 171), la ripresa fotografica
Torino. Via Stampatori 1, palazzo Balbo Bertone di Sambuy. "Danni
apportati da incursione nemica nella notte del 30 Nov. 1942/XXI"
assegnata all'Archivio della "Gazzetta del Popolo" in
R. ROCCIA e G. VACCARINO (a cura di), Torino in guerra
cit., p. 72. Anche le stampe realizzate dagli operatori della
SATIZ mostrano una efficacia descrittiva non banale, ottenute
sovente per montaggio di due o più riprese per restituire
una visione panoramica (orizzontale o verticale) del luogo o dell'edificio
distrutto.
24 Sulle vicende della "Gazzetta del Popolo"
si veda il contributo di Giorgio Calcagno nel volume Itinerari
fra le carte, Torino, Archivio Storico della Città,
1999. Nella sede di corso Valdocco, inaugurata il 12 marzo 1930
dopo la precedente collocazione in via IV Marzo angolo via Conte
Verde, viene istituito nel 1932, per iniziativa del direttore
Ermanno Amicucci, l'Archivio storico del giornale, diretto da
Eula, ordinato in 12 sale in cui sono esposti cimeli vari; si
vedano DONATO COSTANZO EULA, La Gazzetta del Popolo in ottant'anni
di vita nazionale 1848 - 16 giugno-1928, Torino, SET, 1928;
ID., La Gazzetta del Popolo nel suo novantesimo anno, Torino,
SET, 1938.
25 Il giornale era dotato di un proprio staff
fotografico, che comprendeva tra gli altri Emanuele Elia Treves,
membro dell'Unione Escursionisti, tra i partecipanti al Secondo
Congresso Fotografico Nazionale di Firenze nel 1899 e amico di
Mario Gabinio. La presenza documentata di una precisa struttura
di servizio e la costante attenzione che questa testata dedicava
alla fotografia lasciano solo intuire la ricchezza dell'archivio
fotografico antecedente gli anni trenta, purtroppo non pervenuto.
26 Segnalo qui almeno l'album, anonimo, intitolato
1848-1898 / Al Cav. Uff. Carlo Ferraris. Omaggio, "A ricordo
della cerimonia di consegna della bandiera d'ono-re offerta dagli
italiani alla Città di Torino - II Maggio MDCCCXCVIII";
l'album EUROFOTO, Società Anonima/ Michele Talmone/ Fabbriche
di cioccolato/ Torino /1920, con immagini della costruzione dello
stabilimento, del processo di lavorazione e dei prodotti e l'album
Firmiter U.N.I.C.A., 24 ottobre 1932 (X E.F.), con foto dello
Studio Dall'Armi e di Ottolenghi.
27 Una significativa selezione del pregevole
materiale è stata pubblicata in ALDO BUBBIO, EZIO CAPOSTAGNO,
TERESIO DUFOUR, SAVINO MANSI, FRANCO MINELLI, Torino. Immagini
di una città sconosciuta, Torino, Grafiche Alfa Editice,
1975, con testi di Angelo Dragone e Augusto Cavallari-Murat. |