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«Terra di tutti e di nessuno»
Le voci degli abitanti tra orgoglio e proteste
di Monica Perosino(La Stampa
16/7/2003)
C'è un diciottesimo
documentario, oltre ai diciassette in cartellone per
Documè. Un diciottesimo film che nessuno vedrà
mai se non vorrà vederlo, quello che nessuno
ha ancora girato e che racconta di Porta Palazzo e delle
sue storie, di Tony e Ahmed, di Ion e Salvatore, di
Fatima e Maria, del mercato ma anche di quella «terra
di nessuno» che si può vedere solo dal
tramonto all'alba. A pochi metri dallo scintillio dei
locali del Quadrilatero Romano e dal centro storico,
a Porta Palazzo si vivono le contraddizioni di tutta
una città, l'immigrazione e l'integrazione, la
microdelinquenza e l'intolleranza, la paura e la ricchezza
interculturale. «La gente pensa a Porta Palazzo
come ad un posto pericoloso: da non attraversare se
non stringendosi la borsa al petto.
Io vivo qui da quarant'anni e non lo cambierei nemmeno
per un attico in via Roma». E' decisa Annamaria,
settant'anni e un lungo passato come rammendatrice,
impegnata a scegliere pomodori e zucchine tra i banchi
sotto la tettoia dei contadini, trasformati, ieri sera,
in un'arena cinematografica all'aperto. «La gente
deve venire fin qui, vivere il quartiere e capire che
l'unica cosa che fa veramente paura è la povertà,
e quella c'è dappertutto». Tra le fila
del mercato si incontrano marocchini e tunisini, romeni
e pugliesi, piemontesi e senegalesi.
«Qui l'integrazione è perfetta - dice Adel,
tunisino sposato con una marocchina e titolare del Ristorante
"Cartagine" di piazza della Repubblica -:
ai nostri tavoli mangiano persone di tutte le etnie,
alla faccia di chi pensa che un tunisino e un marocchino,
per definizione, siano nemici». Anche Tony, titolare
dell'omonimo bar, è d'accordo nel sottolineare
la ricchezza multietnica della piazza, invita le persone
a scoprirne la bellezza e sottolinea a più riprese
che delinquenza e stranieri non sono la stessa cosa:
«lo spaccio e la criminalità esistono,
non si può negare, ma esisterebbero anche senza
stranieri: è un male della società. Poi,
la gente si spaventa perché, alla sera la piazza
diventa un punto di ritrovo e diversi giovani hanno
l'abitudine di trovarsi qua: magari vedere una folla
di ragazzi di colore che parlano arabo e si comportano
in modo diverso da noi fa paura. Tutto sta a voler conoscere
l'altra faccia di Porta Palazzo, quella che non c'entra
niente con la violenza e la criminalità».
«La fama negativa di Porta Palazzo è esagerata
- dice Nicola, del negozio di orologi di piazza della
Repubblica -: qui non è certo tranquillo come
un convento, ma se si dà retta ai giornali sembra
che sia un posto da cui non si esce vivi». Sarà
un'esagerazione dei giornali, ma intanto le vie del
quartiere, al calar della sera, si riempiono di spacciatori,
i disordini e le risse sono all'ordine del giorno.
«E' vero, ci vorrebbe più controllo da
parte delle forze dell'ordine e più educazione
e rispetto per la città da parte dei cittadini
stranieri, ma sono d'accordo anch'io nel sostenere che
i mezzi d'informazione hanno deciso di raccontare solo
una parte della storia», dice Franco, titolare
del «Bar Franco» e si lancia in una serie
di esempi che corroborano la sua teoria e sostengono
chi si sente imprigionato nel cliché: «Ad
esempio, quando quella banda di marocchini ha fatto
quella serie di rapine hanno detto che erano avvenute
a Porta Palazzo: ma invece erano al Rondò della
Forca, vicino a corso Valdocco». Franco si arrabbia,
agita lo strofinaccio: «se viene Umberto Agnelli
a pregare alla Consolata, però, non si dice che
è venuto a Porta Palazzo».
Tutti sono d'accordo che iniziative come quelle di Documè
siano un incentivo a migliorare le condizioni della
piazza, che «al tramonto diventa terra di nessuno».
Alcuni non ci pensano proprio a spingersi fin quaggiù
dopo le otto di sera, altri, come Carlo Illengo, farmacista,
sono convinti che stimolando il passaggio di gente e
la vivibilità della piazza, anche lo spaccio
sarà costretto a sparire: «oltre alle iniziative
culturali, però, è importante procedere
con l'azione di risanamento delle abitazioni della zona».
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