Sui banchi di scuola
un bimbo ogni otto parla straniero
Da un’indagine risulta che il fenomeno è
diffuso sul territorio con particolare concentrazione
a Porta Palazzo e a San Salvario
I figli degli immigrati stranieri rappresentano ormai,
a Torino, il 13,63 per cento del
totale degli allievi della scuola dell’obbligo.
Sette anni fa erano appena il 2,3 per cento. Il dato
colpisce per la sua dimensione e impone al sistema
scuola - nelle grandi città il fenomeno è
cresciuto allo stesso modo - di farsi carico delle
necessità legate a questa presenza. In questo
quadro, la divisione Servizi Educativi del Comune
ha realizzato un monitoraggio - la riflessione si
svilupperà nel seminario del 3 e 6 febbraio
al Centro Interculturale di corso Taranto 160 - per
analizzare la realtà della presenza straniera
nelle scuole (v. grafici), le attività e le
iniziative per favorire la piena integrazione, per
ascoltare i problemi e le proposte dei docenti. L’indagine
ha evidenziato un fenomeno diffuso in quasi tutte
le scuole, anche se resta una particolare concentrazione
a Porta Palazzo e San Salvario. «Dai dati a
livello di circoscrizione - spiega Carla Bonino, dirigente
del settore Integrazione Educativa - si può
escludere a Torino la scuola-ghetto, anche se il rischio
di “polarizzazione” è presente
in alcune scuole nel cui ambito si trovano sedi con
netta prevalenza di stranieri e sedi con netta prevalenza
di italiani». Sono 12 gli istituti (sedi o succursali,
nelle circoscrizioni 1, 6, 7, 8 e 10) in cui gli alunni
stranieri rappresentano oltre il 30 per cento degli
iscritti. La percentuale più alta è
al comprensivo «Manzoni» di San Salvario.
La ricerca fotografa un universo di bambini e ragazzi
che per il 50 per cento frequenta la scuola da meno
di tre anni. Le nazionalità più presenti?
Sono 28 quelle indicate ai primi tre posti, ma su
tutte svettano Romania (la prima nel 75 per cento
dei casi) e Marocco. Il monitoraggio non evidenzia
una correlazione significativa tra presenza di insegnanti
formati in «Didattica dell’italiano-lingua
2» e concentrazione di alunni stranieri.
Al Comune - che sostiene le attività delle
scuole con il 15 per cento dei fondi per il diritto
allo studio, con Crescere in Città, il Centro
di Educazione all’identità e alle culture,
con il Polo educativo a Porta Palazzo e Tappeto Volante,
con Provaci ancora Sam - sono stati presentati 55
progetti dal 72 per cento delle scuole (chi non ha
presentato nulla ha, tranne pochi casi, meno dell’8
per cento di stranieri). Tra i problemi sottolineati
nella ricerca, prioritario è considerato quello
della lingua nell’80 per cento delle scuole
elementari e nel 60 per cento delle medie e dei comprensivi.
Al secondo posto ci sono le relazioni all’interno
delle classi: il rifiuto da parte degli italiani,
la tendenza a fare gruppo chiuso da parte degli stranieri
(per questo le scuole tendono a mescolare le nazionalità),
i diversi ritmi di lavoro e apprendimento. «Il
rapporto con le famiglie è giudicato prevalentemente
positivo, meno conflittuale che in passato - dice
Carla Bonino - anche perché le famiglie romene,
oggi in maggioranza, attribuiscono alla scuola notevole
importanza. Tuttavia, il rapporto con le famiglie
resta al terzo posto tra i problemi più urgenti:
le difficoltà sono legate soprattutto alla
scarsa presenza dei genitori per motivi di lavoro,
alle difficoltà comunicative, specie con i
cinesi». Altri problemi evidenziati sono poi
l’instabilità delle iniziative di sostegno
all’integrazione e la scarsità di materiali
didattici specifici (per lo più sono realizzati
dagli insegnanti stessi). «E’ compito
dell’amministrazione creare sinergia tra le
realtà interessate alla presenza degli alunni
stranieri. Non possiamo pensare - ha osservato ieri,
alla presentazione dello studio, l’assessore
al Sistema Educativo Paola Pozzi - che questo fenomeno
riguardi solo la scuola: è nelle aule che si
sta delineando il futuro della città».
Ancora: «La norma, nelle nostre scuole, è
accogliere tutti. Ma se in due mesi i bambini stranieri
aumentano di 15-20 unità e gli organici sono
stabili, bisogna pensare a come accoglierli».
Nel seminario di febbraio le scuole si confronteranno
su problemi, ma anche buone pratiche. Per valorizzare,
magari, un aspetto sottolineato ieri dalla direttrice
della «Gabelli», Nunzia Del Vento: che
nelle zone disagiate l’arrivo di alunni stranieri
ha anche alzato il livello delle classi. <