Candidato: Gianfranco Ingardia
e-mail: architettonews@libero.it
Relatore: Prof. Arch. Maria Adriana Giusti
Facoltà: Politecnico di Torino – Facoltà di Architettura II - CdL Magistrale in Architettura per il Restauro e la Valorizzazione del Patrimonio - (A.A. 2011/2012)
Abstract della tesi
Le particolari condizioni geomorfologiche e climatiche della costa occidentale della Sicilia e il lavoro costante dell’uomo hanno determinato nei secoli la creazione di quello che non è soltanto uno dei più importanti complessi di produzione di sale marino nel Mediterraneo, ma anche uno dei più delicati e affascinanti ambienti naturali. Un sistema che da circa tre millenni viene ricordato e implementato e talvolta distrutto dall’uomo.
La bellezza delle saline costituisce un elemento inconfondibile della costa che va da Trapani a Marsala con i suoi grandi mulini a vento, con i vasti specchi d’acqua e i canali, con le grandi montagne di sale ricoperte da tegole di terracotta. Un paesaggio che è rimasto immutato nei secoli e nel quale si possono trovare rare ed esemplari specie animali e vegetali; un paesaggio che può anche sembrare monotono ed uniforme, ma fondamentale per Trapani che affonda le sue radici nell’attività salinaia. Proprio per queste caratteristiche la città di Trapani viene da sempre annoverata come “città del sale”.
In passato le saline erano assai più numerose e una larga fetta della popolazione trapanese vi trovava lavoro e anche il vicino porto ne traeva vantaggio, poiché l’esportazione del sale veniva effettuata esclusivamente con navi a vela e a vapore, oppure con gli “schifazzi”, le tipiche imbarcazioni per il trasporto del sale nella tradizione trapanese; ma nel primo e nel secondo Dopoguerra molte saline sono state abbandonate e molti mulini a vento sono scomparsi insieme alla figura del mulinaro.
Ma la costa trapanese non è solamente caratterizzata dalla cultura materiale del sale, infatti in essa sono radicate diverse tradizioni popolari e culturali che hanno contribuito ad accrescere il ruolo socio-economico che le città di Trapani e Marsala hanno giocato durante i secoli scorsi. Non dimentichiamo, solo per citarne alcune, la grande arte espressa dai corallai trapanesi tra i secoli XVI e XIX, oppure il tanto conosciuto vino Marsala.
Tradizioni che provengono da tempi remoti e che sono state introdotte dai popoli che hanno regnato in queste città già dall’epoca fenicio-punica. Proprio in tal senso rivestono un ruolo primario i reperti archeologici e in particolare l’isola di Mozia.
Basta fare qualche ricerca in archivio per trovare disegni raffiguranti le saline trapanesi, ciò può solo voler dire che da diversi secoli il paesaggio trapanese è ammirato e documentato per il suo grande valore estetico, paesaggistico ed ambientale.
Si tratta infatti di un paesaggio incantevole sotto diversi punti di vista e che ogni anno attrae centinaia di visitatori. E su quest’ottica si è concentrato il mio progetto, ovvero sul mantenimento delle caratteristiche territoriali e paesaggistiche che, insieme al recupero dei manufatti architettonici che denotano questo tratto di costa, mirano ad una valorizzazione complessiva del sistema parco delle saline. Per far ciò ho previsto il recupero della linea ferrata che diverrebbe una sorta di “metropolitana a cielo aperto” collegando i due poli urbani di Trapani e Marsala e permettendo ai visitatori di fruire un luogo sfruttando una serie di servizi, attività e funzioni dislocate nei mulini, nelle case salinaie e nelle torri costiere, oltre che nelle stazioni e caselli ferroviari.
Si tratterebbe di creare un vero e proprio polo museale, ad alta fruizione turistica, che racchiuda in se tutte le strutture delle saline, vasche e bacini compresi, dove individuando una sede principale, le altre fungerebbero da strutture satellite specializzandosi in determinate tematiche espositive di approfondimento legate al tema principe delle saline.
Insomma, il “Parco delle Saline” come eco-museo a disposizione sia dei visitatori che dalle popolazioni che vi risiedono.
A tal proposito ritengo di fondamentale importanza riportare il concetto espresso dal museologo francese Hugues de Varine secondo cui un eco-museo è: «un qualcosa che rappresenta ciò che un territorio è, e ciò che sono i suoi abitanti, a partire dalla cultura viva delle persone, dal loro ambiente, da ciò che hanno ereditato dal passato, da quello che amano e che desiderano mostrare ai loro ospiti e trasmettere ai loro figli».