“Io penso che il museo, sempre all’interno di un progetto di rete educativa, abbia come compito prioritario quello di agire più nell’ambito dell’educazione che su quello dell’istruzione: educazione alla conoscenza, alla formazione del libero pensiero e dell’autonomia morale, al “rispetto della fatica degli uomini nella storia”, alla salvaguardia della storia stessa e quindi dei beni culturali, materiali ed immateriali, che ci sono stati tramandati” [1].
Storia, educazione e patrimonio culturale sono tre tematiche su cui Mauro Gelfi ha a lungo riflettuto nel corso del suo lavoro, prima come conservatore del Civico Museo del Risorgimento di Bergamo, poi come direttore della Fondazione Bergamo nella storia[2]. La gestione di più complessi monumentali, sedi operative della nuova Fondazione[3], l’ideazione e il coordinamento di progetti culturali strettamente connessi alla mission dell’istituzione museale e concepiti in rete con altre realtà, l’elaborazione di strategie per comunicare con i differenti pubblici (dalla scuola materna all’università della terza età), ponevano continue sollecitazioni che Mauro traduceva in riflessioni e nuovi imput lavorativi.
Mauro Gelfi è passato dalla grande storia, quella scritta con la S maiuscola, alle storie. Facendo proprie le tesi della storiografia degli Annalès[4] , Mauro ha abbandonato la sola chiave interpretativa della storia politico-militare ed ha utilizzato più chiavi di lettura.
Il museo ha così ampliato i settori nei quali condurre le proprie indagini, effettuando ricerche su temi inerenti la storia di genere, la storia del lavoro e, più in generale, delle attività produttive, la storia della cultura popolare e del dialogo interculturale, la storia della scienza[5], della moda e del territorio[6]. Ogni approfondimento si concretizzava nell’allestimento di sezioni tematiche all’interno delle mostre in corso, nella progettazione di nuovi percorsi educativi da proporre alle scuole, nell’ampliamento della superficie espositiva con allestimenti permanenti, nella pubblicazione di qualche volume[7]. “Una storia multidisciplinare e interdisciplinare- come scriveva Gelfi- che racconta le storie degli uomini e delle donne, del rapporto tra essi e la società e il territorio” [8] . A partire dalla fine degli anni Novanta, quando la didattica nei musei di storia aveva da poco fatto la sua comparsa, Mauro dà la possibilità a un gruppo di giovani di riflettere sulle modalità più efficaci per mediare i saperi del museo all’esterno, sperimentando i primi percorsi didattici con le scuole. Quell’esperienza, consolidata negli anni, consentirà nel 2003 di riorganizzare la pianta dell’organico del museo, già diventato Fondazione, e di assumere un Responsabile dei Servizi Educativi, cioè un referente interno alla struttura incaricato di costruire il racconto storico a più livelli, di elaborare approcci adeguati per “fare storia”, di valutare la ricaduta delle azioni educative. In modo graduale ma deciso il museo abbandonava la modalità della visita guidata, frontale ed episodica, per strutturare progetti di medio-lungo periodo, basati su modalità laboratoriali, che gli consentivano di mettere a disposizione le sue competenze anche in ambienti esterni alle sue mura, le scuole, in uno scambio che prevedeva incontri nelle classi e uscite sul territorio.
Nel laboratorio gli studenti lavorano alla ricerca diretta, consultano fonti documentali, entrano in relazione col territorio, studiandone le trasformazioni nell’arco di un tempo lungo e percorrendone personalmente alcune aree per ri-conoscerlo e ri-significarlo. Si tratta di un’esperienza d’apprendimento totale, che include sia l’area cognitiva sia quella affettiva, che implica un cambiamento mittente-destinatario, perché la relazione che si instaura tra chi lavora nel museo e chi fruisce dell’azione educativa non è di tipo gerarchico ma paritario, grazie alle testimonianze documentali proposte all’analisi che aprono alla discussione e al confronto [9]. I documenti, riprodotti, escono dalle vetrine e dagli archivi per essere oggetto di considerazioni critiche, attivando così nei ragazzi un processo di apprendimento che coinvolge le conoscenze in loro possesso e sviluppa le abilità.
In tal modo essi non sono i destinatari finali di un’azione educativa che trasmette i saperi in modo verticale, ma soggetti attivi e partecipi che si relazionano alla pari con gli operatori museali.
In ultimo qualche riflessione sul patrimonio culturale, materiale ed immateriale, e sul territorio. Mauro aveva costruito una rete di relazioni che metteva il museo al centro di un sistema che dialogava costantemente con le istituzioni culturali presenti sul territorio della provincia, della regione, dell’intera nazione, e anche dell’Europa e delle terre oltreoceano[10] facendo del territorio cittadino non solo l’interlocutore privilegiato dei progetti del museo ma anche uno dei principali oggetti di studio. La città ed il territorio come documenti “visibili”: così è stato nell’ultima mostra allestita con i materiali fotografici conservati negli archivi del museo con l’intento di restituire le trasformazioni del territorio urbano e le voci di alcuni protagonisti tra Ottocento e Novecento. La città non solo come patrimonio monumentale ma come comunità di cittadini con bisogni ed aspettative che vanno conosciuti e monitorati. Due indagini ci hanno permesso di conoscere meglio i visitatori del museo e le modalità di comunicazione degli adolescenti bergamaschi. La prima, strutturata come questionario on line, interno all’esposizione La città visibile[11], è stata compilata da 2.319 persone e ci ha fornito l’identikit del visitatore (l’età, il sesso, il luogo di residenza e il titolo di studio) e il livello di conoscenza/frequentazione della città, soprattutto in relazione ai luoghi di incontro e all’identificazione dello spazio del “centro”. Un dato che ci ha fatto riflettere molto è quello che ha messo in luce che ben il 34% afferma di non conoscere per nulla la città. Di questi, il 41% ha un’età compresa tra 0 e 19 anni, seguito da un 18% di giovani compresi tra i 20-30 anni. Tali dati, unitamente ad altri, ci hanno indotto a modificare alcuni percorsi rivolti alle scuole, potenziando i riferimenti ai luoghi della città, attraverso l’analisi della toponomastica, e a elaborarne di specifici sui cambiamenti del volto urbano in età contemporanea.
La seconda indagine, rivolta a studiare la presenza dei giovani nelle piazze della città oggi e negli anni Settanta, è stata condotta realizzando una quarantina di interviste tra i ragazzi adolescenti che frequentano le piazze e quelli che le popolavano negli anni Settanta, con il supporto di un’operatrice didattica e di due ragazzi della scuola secondaria superiore in stage. I dati emersi hanno tracciato una nuova geografia delle piazze reali (aree in genere nate con altre funzionalità ma divenute luoghi d’incontro e quindi indicate, impropriamente, “piazze”) e di quelle virtuali, soffermandosi soprattutto sull’uso pubblico e privato dello stesso luogo da parte di generazioni cronologicamente distanti[12]. La ricerca storica, per i due ragazzi del Liceo Mascheroni, si è rivelata, soprattutto, un’esperienza emotiva, come emerge chiaramente dalla relazione di uno dei due: “Le prime interviste ci hanno visti un po’ impacciati ma proseguendo ci sentivamo sempre più spigliati e partecipi. In conclusione voglio quindi ringraziare tutta la fondazione per quello che ho potuto visitare e assaporare, per tutto ciò in cui sono stato coinvolto, per avermi mostrato che la storia è interessante, attuale e costante fonte di ricerca e di spunti. Il mio grazie va quindi va a Silvana, Lia, Edoardo, Mimmo, Roberta e tutte le persone che mi hanno affiancato durante lo stage”.
La funzione direttoriale che Mauro Gelfi esercitava si esplicava nel dialogo tra tutte le funzioni che sostanziano l’attività del museo (conservazione, educazione, comunicazione, ricerca) e nell’infaticabile produzione di idee, stimoli, nuove occasioni di collaborazioni istituzionali. La prematura scomparsa lascia un patrimonio professionale ed umano inestimabile, che segna il procedere del lavoro e si riversa nei progetti lasciati interrotti. Tra questi, i due più importanti: il Museo del palazzo del Podestà e il Museo del Novecento.
[1] Mauro Gelfi, Dalla didattica museale ai programmi educativi per i museo storici, in “Museo & Storia”, 2000, n. 2.
[2] La trasformazione del Civico museo del Risorgimento e della Resistenza in Fondazione Bergamo nella storia è stata portata avanti da Gelfi tra il 2001 e il 2002.
[3] Convento di San Francesco- area mostre ed uffici, Rocca-Museo storico dell’Ottocento, Campanone, Torre dei caduti, Museo donizettiano, Palazzo del Podestà- Museo dell’età veneta- sezione Il Cinquecento)
[4] Le annales e i loro caratteri originali, a cura di David Bidussa e Scipione Guarracino, in “I viaggi di Erodoto”, settembre-dicembre 1996, n. 30.
[5] Si veda la partecipazione al progetto EST, Educazione alla Scienza e alla Tecnologia, in http://www.progettoest.it/tycoon/light/doAction/ThemeDisplay?site=201 e http://fondazione.bergamoestoria.it/progetto_est.aspx
[7] Si vedano i cataloghi L’Italia, la Lombardia e Bergamo. Carte geografiche dal XV al XIX secolo e Incanto di tessuti. Trame di vita a Bergamo tra Sette e Ottocento; i due numeri speciali de“La Rivista di Bergamo”, Per filo e per segni. Innovazione e creatività dell’industria tessile a Bergamo tra XIX e XXI secolo, gennaio-marzo 2008, n. 53 e La città visibile. Bergamo nell’Archivio fotografico Sestini- omaggio a Domenico Lucchetti, ottobre-dicembre 2008, n. 56; le monografie M. Gelfi, G. Marcandelli, A. Scanzi, F. Sonzogni, The tower of silente. Storie di un campo di prigionia, Bergamo 1941-1945, Bergamo, 2010 e Lungo il filo della storia. L’industria tessile bergamasca dal XIV e XXI secolo, a cura di Stefania Licini, Bergamo, Fondazione per la storia economica e sociale di Bergamo, 2008. Si veda anche la guida alle attività educative del Museo storico di Bergamo e Museo donizettiano, I fili della storia, a partire dal 2003 sino ad oggi.
[10] Si vedano le mostre I garibaldini bergamaschi (Marsala), maggio 2000, e quella su Costantino Beltrami (New York), ottobre 2005, in occasione del Columbus Day. Nel 1995 Gelfi è stato nominato, per Bergamo, nel comitato scientifico della manifestazione culturale europea (Lussemburgo, settembre 1995) Histeuro '95. Nel 2000 è responsabile per Bergamo del progetto europeo “Un monumento da adottare”, nel 2002 del progetto europeo “Schools and Museums”.
[11] http://www.lacittavisibile.eu/