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2008 - I don't speak contemporary. La Mediazione nei Musei d'Arte Contemporanea, a cura di CCCS (FI)

La Regione Toscana assieme al Centro di Cultura Contemporanea Strozzina di Palazzo Strozzi, hanno organizzato in data venerdì 3 ottobre 2008 un incontro presso le sale del CCCS a proposito dell'importanza dell'attività didattica nei musei d'arte contemporanea. All'incontro hanno partecipato Marco Bazzini (Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato), Franziska Nori (Centro di Cultura Contemporanea Strozzina di Firenze) e Marco Pierini (Santa Maria della Scala Contemporanea di Siena). Ospite d'onore dell'incontro è stata Janna Graham, membro del Dipartimento di Educazione della Serpentine Gallery di Londra, uno dei più importanti palcoscenici dell'arte contemporanea a livello internazionale.

La necessità d'invitare un operatore del settore proveniente dall'Inghilterra è derivata, anzitutto, dal ben diverso peso che viene dato all'esperienza didattica museale nel contesto di oltremanica, come ben testimoniato a un recente
convegno in materia svoltosi presso l’AAH (Association of Art Historians) di Londra.
In tale incontro sono emersi i fattori che hanno, negli anni, caratterizzato l'attività educativa nei musei e, ancor di più, negli spazi dedicati all'arte contemporanea. Fattori come la pratica artistica che ha caratterizzato la fine degli anni '60 e gli anni '70, incentrata sulle problematiche femministe, postcoloniali, o sull'indipendenza dalle correnti maistream dell'arte di allora, il tutto puntando su nuovi linguaggi come quello della performatività del corpo. A tale momento si deve un diverso approccio nei confronti della società e un sostanziale sdoganamento di forme alternative di realizzazione e, parimenti, di esperienza delle opere d'arte.

Nello specifico, Graham ha indicato come elementi fondanti dell'attuale pratica educativa nei musei le esperienze di gruppo, l'esperienza pratica come momento primo dell'apprendimento, l'attivazione dei sensi come strumento per il cambiamento sociale, la compartecipazione dei diversi soggetti della gamma sociale per abbattere le barriere di disuguaglianza, gli artisti e le loro opere come mezzi d'indagine sociologica disancorati dalla mera catena mercantile del sistema dell'arte.
Sono questi i presupposti su cui si muovono le iniziative organizzate dalla Serpentine Gallery di Londra, e che in parte giustificano gli ottimi risultati d'affluenza annuale negli spazi della galleria, drammaticamente utopici per la grande maggioranza delle istituzioni italiane del medesimo tipo.

Alla consapevolezza degli intenti si deve affiancare, ha sostenuto Graham, la sistematicità con la quale si definiscono le diverse offerte in base ai diversi bacini di pubblico. Scuole di ogni ordine e grado, giovani e università, famiglie, anziani, comunità d'immigrati, disabili, associazionismo in genere: tralasciare un singolo anello della catena sociale significherebbe negare la sua specificità, la sua peculiare capacità di mettersi in discussione e di mettere in discussione il mondo che lo circonda tramite l'esperienza estetico/artistica.

Un esempio su tutti è l'audace esperimento promosso dalla Serpentine Gallery in Edgware Road, una delle principali arterie del traffico londinese, da sempre zona ad alta densità d'immigrazione – soprattutto pakistana, mediorientale e latinoamericana. In questo caso la Galleria ha deciso di uscire - letteralmente - dai propri spazi, inserendosi in un particolare contesto del tessuto sociale e urbano della città con progetti di residenza per artisti, programmi di educazione, progetti di collaborazione con curatori provenienti da Libano ed Egitto. È così che, con la sua diffusione da un lato e progetti educativi appositamente realizzati dall'altro, l'arte contemporanea si è andata a incuneare in un contesto particolare come quello di Edgware Road, diventando mezzo privilegiato di integrazione e riflessione culturale, rimettendo in discussione il ruolo delle istituzioni ed il loro rapporto con la città in cui operano.

Ed è proprio sulla riconsiderazione del ruolo delle istituzioni museali che si esaurisce l'intervento di Janna Graham: queste, in base a un principio che la stessa Graham definisce di vibrancy1, non devono identificarsi in destinazioni monolitiche di curiosi o aficionados della cultura, ma diventare agenti attivi e critici del contesto sociale in cui sono inserite, facendosi interpreti di quei principi da cui gli artisti degli anni '70 avevano non solo fondato la loro attività artistica, ma il loro modo di intendere le relazioni della società.
 

CCCS – Centro di Cultura Contemporanea Strozzina, Palazzo Strozzi, Firenze


Note: 
1. Vibrazione, risonanza.

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