![]() a cura di Olga Gambari |
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PIXELPANCHO
Torino 1984
PERSONALI |
Una
sorta di factory che si cela dietro al nome di PixelPancho.Tele,murales
e graffiti, design, ma soprattutto la strada, la città, che diventano
luogo naturale per gli interventi. Come nella tradizione dei writers,
a PixelPancho, nome d’arte per una giovane identità che mescola
arte e azione, gesto e materia, interessa comunicare con la gente, quella
che cammina per strada e per qualche istante entra in contatto con i suoi
lavori. Impatto e messaggio chiaro, dice. Il suo logo è come un
marchio di fabbrica, in cui sta anche tutta la sua poetica: il robot.
Un piccolo robottino clandestino che appare sui muri, nei locali, in giro,
disegnato direttamente a parete, fotocopiato su adesivi e poster, dipinto
su tele e mattonelle. La sua visione del mondo è fatta da una massa
di robottini, omologati e meccanizzati. Per Pixel il robot è l’icona
del nostro tempo. I suoi robot non hanno gravità, volano tra le
nuvole. Con l’alfabeto del disegno a fumetto Pixel racconta cosa
vede e pensa, usando sempre il registro dell’ironia, perché
il sorriso rappresenta il miglior modo per far passare il messaggio. |
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PIXELPANCHO
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