Era
il 1472. Finalmente, l'amministrazione comunale torinese si insediava
nell'area in cui ancor oggi sorge il Palazzo Civico. Per secoli
il Comune, privo di una sede propria ove si potesse riunire il Consiglio,
amministrare la giustizia e conservare le carte, aveva trovato di
volta in volta ospitalità presso le residenze di importanti
famiglie cittadine o in locali di fortuna. In quell'anno venne acquistato
un edificio, e altri ne furono acquisiti in seguito - ancora fino
a tutto il Settecento - finché l'intero isolato che si affacciava
sull'antica piazza del mercato fu occupato dalla sede comunale.
Costruzioni,
rifacimenti, ricostruzioni si susseguirono nel tempo. Il nucleo
principale e più antico dell'attuale Palazzo Civico è
costituito dall'edificio progettato dall'architetto ducale Francesco
Lanfranchi, realizzato tra il 1659 e il 1663: un tipico palazzo
nobiliare, caratterizzato dal portico, l'ampio scalone, il ricco
salone e il cortile d'onore. Gli interni vennero decorati secondo
i dettami barocchi di Emanuele Tesauro, letterato di corte.
Affreschi
d'ispirazione storico/mitologica arricchirono il salone centrale;
pitture allegoriche, tuttora conservate, abbellirono la Sala delle
Congregazioni, posta accanto al salone, ove si svolgevano le riunioni
invernali del Consiglio: qui spiccava il grande dipinto dal significato
simbolico, allora collocato al centro del soffitto, intitolato "Ego
Sapientia habito in Consilio", trasferito poi nella nuova Sala
del Consiglio e sostituito da una raffigurazione de "La Fede
e la Virtù vincono l'eresia". Nella Sala del Sindaco,
posta all'altro lato del salone centrale, le decorazioni pittoriche
furono dedicate alla celebrazione del Miracolo dell'Ostia.
Importanti
interventi vennero realizzati nel corso del Settecento. In particolare,
a partire dal 1756 l'architetto regio Benedetto Alfieri pose mano
a un radicale riassetto urbanistico dell'area circostante il Palazzo
Civico: l'edificio lanfranchiano venne inserito in una scenografia
ordinata e simmetrica, centrata sulla fuga prospettica da piazza
Castello. Furono aggiunte due campate per ogni lato della facciata,
che, grazie allo stile architettonico adottato, determinarono una
saldatura armonica tra il Palazzo Civico e il resto della piazza,
e consentirono una più funzionale configurazione degli spazi
interni.
Nel 1758 venne realizzata, sul lato sud dell'edificio, la nuova
Sala del Consiglio, fin dall'origine tappezzata di velluto cremisi,
plafonata in legno, corredata di banchi, impreziosita da dorature
e altri ornamenti.
Nel
1788, completate le facciate a nord e a ovest, si chiuse il lungo
processo di ampliamento del Palazzo di Città, che occupava
ormai l'intero isolato denominato "di San Massimo".
L'edificio
ospitava gli uffici comunali e i servizi connessi, quali l'archivio,
l'armeria, la spezieria per i poveri, la cappella per i decurioni;
ma anche altri uffici come il Vicariato, la Giudicatura, l'Insinuazione,
il Magistrato del Consolato, le scuole. Numerosi locali, poi, erano
dati in affitto a privati: librai e calzolai, acquavitari e minusieri,
speziali e tappezzieri tenevano bottega al piano terreno e molti
di loro abitavano i piani superiori; qui risiedevano anche nobili,
professionisti, ecclesiastici e funzionari pubblici. Con il periodo
francese, però, la crescita demografica della città
e la riorganizzazione dell'apparato amministrativo, nonché
la scomparsa di antiche magistrature e istituzioni, fecero sì
che spazi sempre più ampi dell'edificio fossero destinati
agli uffici comunali e ai funzionari cittadini: lentamente scomparvero
gli affittuari.
Nell'Ottocento
vennero realizzati gli ultimi significativi interventi sul Palazzo,
soprattutto sulle decorazioni, gli arredi e la facciata sulla piazza,
secondo i canoni del gusto neoclassico. Il principale rifacimento
riguardò il salone centrale che fu rivestito di marmi (di
qui la denominazione "Sala dei Marmi") e decorato con
un monumento equestre del re Vittorio Emanuele I. Anche il portico
d'ingresso venne ristrutturato e arricchito con statue di Carlo
Alberto e di Vittorio Emanuele II. Tra il 1880 e il 1882 venne modificata
la Sala Rossa, anche per rispondere alle nuove esigenze nate con
l'unificazione nazionale: cambiava la composizione del Consiglio
e le sedute venivano aperte al pubblico. Vennero rifatti e ridistribuiti
i banchi destinati ai consiglieri e costruita una tribuna per i
giornalisti e i cittadini; con l'occasione, venne sostituita la
tappezzeria e fu decorato il soffitto, dando alla Sala l'aspetto
che si è conservato fino ai giorni nostri.
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