Alla Mole antonelliana, emblema e vanto della Città, di cui rappresenta il carattere, i primati e le contraddizioni ben al di là di quanto si sia comunemente portati a ritenere, è dedicato questo ventesimo volume della collana «Atti consiliari. Serie storica». Esso rappresenta una nuova edizione del diciannovesimo che, dato il successo ottenuto, si è pensato di rieditare, fortemente arricchito nell’apparato iconografico, come secondo volume della Serie Fatti Luoghi Arte.
Questo libro intende chiarire, sulla scorta di un’attenta ricognizione delle fonti e in primis dei verbali delle adunanze del Consiglio comunale, le origini, i significati che gli si vollero attribuire, il tormentato iter progettuale, le vicende costruttive di un monumento che oggi, felicemente riplasmato come sede del Museo nazionale del cinema, costituisce uno dei luoghi più vitali e attraenti di una Città che sta laboriosamente e generosamente trovando nuove prospettive di crescita. Esattamente come fu costretta a fare durante tutto il lungo periodo di gestazione e costruzione della Mole, allorché dovette progettare il proprio adeguamento al ruolo di capitale dell’Italia unita e poi, repentinamente, reinventarsi un futuro, saldamente ancorato alla memoria del passato, ma privo di certezze.
Prima di tutto, però, la Mole rappresenta un grandioso simbolo della conquistata tolleranza religiosa; anche se molti torinesi lo dimenticano, essa fu inizialmente progettata quale sinagoga per la comunità ebraica della capitale, dopo che le riforme carloalbertine avevano finalmente posto fine alla sua segregazione e discriminazione. Il trasferimento della capitale, con il conseguente ridimensionamento delle speranze e delle ambizioni, l’imprevedibilità del genio di Antonelli, i costi fuori controllo indussero la committenza a sospendere e poi abbandonare il progetto iniziale e la Città, istituzioni e società civile, si trovò a discutere appassionatamente sulla sorte dell’edificio ormai avviato. Il lungo dibattito, di cui Mauro Volpiano rende conto con notevole puntualità e competenza, rappresenta un punto di osservazione privilegiato sulle prospettive e sui tormenti che attraversavano la classe dirigente cittadina in quei difficili decenni: accettazione del declino, ripiegamento su se stessi, o piuttosto lancio di nuove sfide, orgogliosa affermazione del proprio ruolo storico, fiducia nelle proprie risorse?
Non senza tormenti e battute d’arresto vinse infine la prospettiva più generosa, che avrebbe dotato la Città di un monumento assolutamente singolare e perfettamente rappresentativo di un primato tecnico in cui si scorgeva la radice dei possibili futuri successi; un monumento, al tempo stesso, che, divenuto sede del Museo nazionale dell’indipendenza italiana, avrebbe per sempre ricordato il ruolo di Torino in tale processo epocale. Poco importa che la sua destinazione sia stata fino a tempi recenti mutevole e incerta: la Mole è ancora lì, con il suo concentrato di storia, di sogni, di genio a simboleggiare una città viva, tollerante e mai arrendevole.
Mauro M. Marino
Presidente del Consiglio Comunale di Torino
Torino, dicembre 2004