Quando Salvatore abbassa la serranda laterale del furgone, lo fa con un sospiro di stanca soddisfazione. L’orario del mercato è passato da un’ora e sotto il cielo scuro le luci dei lampioni si accendono - lui le guarda, solo per un attimo. Tiene ancora calcato bene in testa il berretto a forma di barca di carta che, se non fosse per il grembiule e il banco di salumi e formaggi, lo farebbe somigliare a un muratore. Invece no.
Come chiunque altro in Piazza della Repubblica, o quasi, Salvatore è un commerciante che si è fatto da solo: quinto di sette figli, non ha avuto la possibilità di studiare e, in verità, neppure l’intenzione. Dopo qualche lavoretto è partito militare: Bersaglieri, sesto reggimento - lì, dice, lo hanno messo in riga. La sveglia all’alba è diventata naturale e, una volta rientrato a Torino, gli è venuto piuttosto facile adattarsi alle levatacce del mercato. Quel ritmo, in un certo senso, era già suo.
Ha iniziato a vendere salumi e formaggi per conto di un uomo che si è fidato di lui lasciandogli gestire il banco. E gestire il banco gli è piaciuto da subito, e gli piace tuttora. Non è mai riuscito a capire bene il motivo, però. Sarà che il mercato gli tiene compagnia. Il suono dei dialetti, l’incrocio di accenti, le parole prese in prestito da altre lingue l’hanno sempre incuriosito. E i colori della frutta e della verdura, che ogni giorno danno a Porta Palazzo un aspetto nuovo - basta che un collega posizioni in maniera diversa una cassetta di carote o di limoni ed ecco che il quadro cambia. Per non parlare di come lo cambiano le stagioni…
Anche se Salvatore non sa bene perché lì, nel mercato, si sente a suo agio, una certezza ce l’ha: i clienti. Parlare con loro gli viene facile, lo fa per l’intera giornata ed è solo verso sera, quando tutti se ne vanno, che lo prende una certa stanchezza. Ma la realtà è che non vede l’ora di ricominciare daccapo perché è una bella soddisfazione vederli tornare: è una forma di felicità. Ed è con la felicità addosso che Salvatore tira giù la serranda del furgone che è diventato suo. Se la gode proprio, questa felicità.
Poi la risata di Miriam lo richiama alla realtà. Allora Salvatore toglie il cappello e asciuga la fronte, le sorride, lei ricambia il saluto e inizia subito a scherzare con suo zio Wayl, che sta mettendo via tre casse di melanzane impilate le une sulle altre e barcolla come un ubriaco. Miriam gli grida di fare attenzione, le melanzane sono più fragili di quanto sembrano! Miriam conosce il segreto di ogni verdura, per questo - pensa - la gente viene da lei. Anche Salvatore. E come molti altri clienti di Miriam, Salvatore non si limita a comprare da lei le verdure: le chiede come cucinarle, vuole conoscere le migliori ricette. Zuppa, tajine, cous cous al profumo di menta…
A Salvatore piace sperimentare in cucina. E, a dirla tutta, anche al resto dei commercianti: così, a fine giornata, quando l’aria si fa più fresca e la gente si disperde a poco a poco, trovano il tempo per chiacchierare tra di loro e, con il chiasso anche nello stomaco - perché quella è l’ora che precede la cena - finiscono spesso per parlare di merce e di cibo, della maniera in cui ognuno prepara i piatti che preferisce. Formaggio di capra con le olive, anacardi tostati, macedonia di mele o di mango, poi spaghetti, merluzzo, wanton, parmigiana, lasagne, shekabia, bunet. Ed è quasi come se tirassero su un ristorante tutto loro, con scritte sul menu le specialità del mondo intero. Prima o poi lo facciamo davvero, scherzano sempre.