Parco Aurelio Peccei
Parco Aurelio Peccei
Cenni storici, architettonici, paesaggistici, naturalistici
La grande superficie ex industriale - circa 43mila metri quadri - chiusa tra passante ferroviario, via Cigna e via Valprato è ora il cuore verde del quartiere: una sintesi di innovazione, ambiente e qualità della vita.
Una trasformazione complessa
Una sfida iniziata quasi 20 anni fa nella quale Torino ha messo in campo una continuità economica, politica e tecnica veramente unica nel suo genere perché solo con un’azione incessante si poteva passare da fabbrica – come questa zona era – a parco. Una trasformazione resa possibile dalla determinazione e dall’impegno di un gruppo di lavoro interdivisionale – agronomi, architetti, ingegneri, e persino antropologi – coordinato nella fase paesaggistica dal settore Grandi Opere del Verde del Comune, che precedentemente aveva già partecipato a tutte le fasi dei lavori di questi anni: la demolizione dei vecchi edifici, la bonifica, la progettazione partecipata e, in ultimo, il concorso d’arte.
Il cuore verde del quartiere
Con i suoi 27mila metri quadrati di prato, 420 alberi, un centinaio di corpi luminosi a led, giochi e attrezzi per grandi e piccini, percorsi ciclabili e una cattedrale rimasta indenne per ospitare grandi eventi di aggregazione e sociali, l’area è pronta ad accogliere le idee e le esigenze dei suoi fruitori. Terminato il cantiere prosegue ancora il processo di progettazione partecipata con Urban Barriera, il programma di sviluppo urbano partito nel 2011 e finalizzato a innescare un processo di miglioramento complessivo dell’area del quartiere. Da qualche mese è stato avviato un tavolo di lavoro nato per incontrarsi, discutere e costruire una ricco cartellone di attività e occasioni mirate alla cura e alla gestione del parco.
Grande attenzione alla sostenibilità ambientale
Ciò è dovuto al fatto che le scelte progettuali sono state particolarmente attente alla sostenibilità ambientale: dalla bonifica, attuata sul posto, con reimpiego dei materiali inerti e ferrosi non inquinanti alla realizzazione di pavimentazioni e all’uso di vernici che attivano il processo ossidativo di fotocatalisi di cui è responsabile il biossido di Titanio (TiO2), che, in presenza di luce (raggi ultravioletti), scinde le polveri sottili inattivando l’ossido di azoto che viene dilavato con le piogge. Un processo di ossidazione che già avviene naturalmente ma che la fotocatalisi accelera, favorendo una più rapida decomposizione ed evitando l’accumulo delle sostanze nocive.
Dalle modalità di gara – che hanno previsto a carico della ditta aggiudicataria dei lavori l’onere di un cantiere a impatto zero che bilanciasse, attraverso la messa a dimora di nuovi alberi, le tonnellate di CO2 prodotte e immesse nell’atmosfera nel corso dei lavori – all’ autonomia energetica su cui può contare il parco grazie all’ impianto fotovoltaico montato da IREN sulla capriata Porcheddu che compensa i quasi 100 corpi a led introdotti per la sua illuminazione. Fino alle panchine in alluminio, in parte proveniente da materiale riciclato e all’ innovativa tecnica utilizzata in vivaio per gli alberi, allevati in contenitori speciali, e poi messi a dimora senza l’ausilio di pali tutori.
Elementi di interesse
La fantasia dei bambini per l’area giochi
Una novità è rappresentata anche dalle modalità di progettazione dell’ area giochi del parco, frutto di un articolato percorso partecipato con i bambini della scuola elementare Pestalozzi che, davanti all’enorme distesa “lunare” della bonifica dovuta agli imponenti scavi, hanno immaginato un’invasione pacifica di extraterrestri ecologisti, che tornano sulla Terra a insegnare ai bambini ad averne cura. Dalle loro suggestioni raccolte dai progettisti, è nato il cratere, uno spazio di oltre 1000 mq delimitato da una caratteristica collinetta rivestita in gomma colorata che ospita al suo interno numerose attrezzature per il gioco suddivise per fasce d’età.
Un percorso artistico per raccontare la storia operaia dell’area
Ad arricchire il Parco contribuiscono dieci opere d’arte – 5 sono già state posizionate – ispirate alla storia operaia dell’area. Memoria di un luogo che per più di un secolo è stata un’area industriale, delle persone e delle storie che lo hanno attraversato, le opere sono state realizzate da giovani artisti che hanno partecipato a un concorso nazionale di idee aperto a studenti degli Istituti di Alta Cultura (Accademie di Belle Arti italiane) e delle Facoltà di Architettura indetto della Città, in collaborazione con il Politecnico e con l’Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino.