di Mirko Corli
C'è un posto, a Barriera di Milano, che ha valore davvero per pochi.
Quella rotonda in via Mercadante.
Piccola, anche un po' insignificante, poco distante dal campo di terra battuta aspra e dura dell'oratorio.
Non c'è niente, nella rotonda di via Mercadante, a parte qualche panchina, e un albero secco al centro.
E’ vero, dipende dal mese dell'anno in cui ci andate. Se ci andate in estate non c'è comunque niente, ma almeno l'albero è pieno di foglie.
Non c'è neanche un motivo per sedersi sulle panchine della rotonda, a meno che non siano le uniche panchine a portata di mano per voi. E perché si realizzi questa condizione, dovete necessariamente abitare nelle vicinanze, o trovarvi lì per caso.
Allora non potrete ignorare la bellezza, cristallina, di un pomeriggio di mezzo sole in cui avete cinque minuti da perdere, e quelle panchine sembrano chiamarvi.
Poi, si sa, le cose capitano.
E capita che in quel pomeriggio arrivi un certo Filippo, che vi ha puntato appena vi siete seduti.
E' un mattacchione, uno schiodato, Filippo. E vuole una sigaretta. Voi non ce l'avete, avete il tabacco. Ma lui accetta di farsela rollare, e ci vuole pure il filtro. Vi fissa, con quell'occhio indagatore e un po' ossessivo di un mezzo matto.
Così, quel minuto scarso che serve ad una mano esperta a confezionare la sigaretta diventa un minuto scarso di commedia dell'arte. Diventa Kaurismaki, Kusturica, Woody Allen tutto insieme. Diventa racconto. Il racconto della mente di Filippo. Cinema, immagini, poesia.
Poi, una Smart cabriolet.
Nera, percorre la rotonda a tutta velocità, strombazzando per salutare il tizio che sta alzando la saracinesca.
Eccola, Barriera di Milano.
Filippo è già qualche metro più in là, se ne va bofonchiando qualcosa, ancora perso nell'esposizione del suo mondo, nutrito e alimentato anche dagli incontri alla rotonda di via Mercadante.
Che adesso non è più insignificante. E' un ombelico di storie
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