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Comunicato stampa

UN PATTO DI CONDIVISIONE CON LA COMUNITÀ ISLAMICA DI TORINO. Discussione in Sala Rossa

L’assessora alle Politiche per la multiculturalità Ilda Curti è intervenuta oggi in aula per fornire comunicazioni, su richiesta del Gruppo Lega Nord, sulla firma del Patto di condivisione tra la Città di Torino e i rappresentanti della comunità islamica cittadina, prevista il prossimo 9 febbraio, alle ore 15, in Sala Congregazioni:
“Il 9 dicembre 2015 avevo già risposto ad analoga richiesta di comunicazioni. Oggi vorrei aggiornarvi su cosa è successo nel frattempo.
Lo scorso novembre, in seguito alla drammatica situazione internazionale, c’era stato un incontro con il Sindaco richiesto da tutti i centri islamici della città, frutto di anni di lavoro e di incontri precedenti. In seguito, i centri islamici stessi hanno proposto la firma di un Patto di condivisione e cittadinanza attiva, per promuovere l’affermazione dei valori di convivenza, il rispetto reciproco e la comune conoscenza, riconoscendosi nell’articolo 3 della Costituzione e nei principi fondamentali che regolano la nostra convivenza civile.
Sono tre le proposte contenute nel Patto: 1) Formalizzare la costituzione di un Coordinamento permanente con i centri islamici cittadini 2) Redigere una bacheca con comunicazioni sulla vita della città in tutte le moschee torinesi, grazie al supporto di giovani ragazze e ragazzi di seconda generazione, che stanno lavorando con la Città su articoli e interviste. 3) Una giornata di “Moschee aperte - spazio per tutti”, in cui tutti i fedeli musulmani possano raccontarsi al territorio e fare entrare la città dentro i propri luoghi di preghiera.
L’8 febbraio ci sarà la firma ufficiale del Patto di condivisione. Nel frattempo, tante altre città italiane ci hanno chiesto copia del documento per avviare analoghe iniziative.
È un investimento per il futuro, senza mai smarrire i principi di laicità delle istituzioni, tenendo insieme tutte le diverse componenti della nostra comunità”.

Sono quindi intervenuti i consiglieri comunali:

Fabrizio Ricca (Lega Nord): Il Sindaco afferma di voler chiedere un Patto di condivisione cittadino con i rappresentanti islamici per il riconoscimento della nostra Costituzione. Fatto peraltro del tutto scontato e già sancito proprio dalla Costituzione. Ma ci sono delle comunità che non hanno mai avuto bisogno di questo e si sono organizzate, come quella ebraica, senza dover essere richiamate a riconoscere la Costituzione italiana. Tutto ciò dimostra un programma privilegiato nei confronti della comunità islamica.
E invece vorrei vedere iniziative pro religione e non pro Islam! Manifestazioni inclusive per tutte le religioni presenti a Torino, con apertura e disponibilità a 360 gradi nei confronti di tutte le comunità presenti in Città. Anche se strizzare l’occhio alla comunità islamica, in vista delle elezioni amministrative, capisco possa far comodo per i potenziali voti dei cittadini di quella comunità.

Enzo Liardo (NCD): Sarò più esplicito del collega Ricca: questa è sudditanza. L’ultima dimostrazione l’abbiamo data nei giorni scorsi con le statue coperte. Evidentemente, siamo molto spaventati e per tenerli buoni andiamo a dialogare. Partecipando a un incontro con rappresentanti ebraici mi è stato detto: “Come si fa a dialogare con gente che pone al centro del proprio credo lo sterminio degli ebrei?”. Incontriamo anche gli ebrei, oltre ai musulmani, e vediamo se riusciamo a farli sedere tutti attorno allo stesso tavolo.

Maurizio Marrone (F.D’.I.): Sono convinto che la competenza per stabilire intese sia la sede nazionale del Governo. L’operazione di instaurare un Patto di condivisione che intendete fare è un atto puramente simbolico, allo stesso modo di unire in matrimonio omosessuali con un falso uso della fascia tricolore. Delegare al simbolico un tema così importante porta a inciampi così come l’assessora di sinistra che porta i saluti della Città e noi tutti all’imam nei Ramadan che escludono le donne.
Aprire le moschee significa dare importanza a questi luoghi che sono gli stessi da dove con l’uso di social network si propaganda il califfato e sono gli stessi che con l’iniziativa “Le notti della speranza” raccolgono migliaia di euro a destinatari che Israele li ha definiti come Hamas, struttura armata. Chiedo se si possono monitorare queste iniziative e di non accontentarci di piccoli segnali, ma di avere una trasparenza più ampia.

Silvio Viale (PD): Confondere il rapporto con le comunità islamiche, che hanno certamente le loro contraddizioni, con una sorta di “open day” per la conversione all’Islam, è sbagliato. Non dobbiamo temere contaminazioni da altre religioni. L’Islam ha delle sfaccettature sconosciute ai più, ma anche il cristianesimo non è monolitico, nonostante la tendenza che ravviso in alcuni a dire “noi cristiani” per non dire, più correttamente “noi cattolici”.
In questa città ci sono un gran numero di confessioni: quindici anni fa, su mia proposta, la Città organizzò un incontro interreligioso in questa stessa Sala Rossa, al quale presero parte i rappresentanti di una ventina di confessioni: oggi se ne conterebbero in numero ancora maggiore. Le Istituzioni sono laiche ed è più che normale che entrino in relazione con le diverse confessioni religioso, è giusto che il sindaco si rechi al Ramadan, come in Sinagoga, al Tempio Valdese come in Duomo.
Sulle moschee aperte al pubblico, ricordo come le sinagoghe facciano lo stesso da molto tempo, in occasione dell’anniversario dello Statuto Albertino che mise fine alle discriminazioni contro di essi: le moschee aperte non rappresentano il “cedere di fronte all’Islam”, con il quale occorre dialogare anche se alcuni suoi aspetti, come la discriminazione di genere, sono per noi inaccettabili. Mi auguro che si lavori per avvicinare tra loro le diverse comunità di questa città, che deve essere accogliente, non diffidente.

Roberto Carbonero (Lega Nord): L’entusiasmo dell’assessora Curti ricorda quello di Paperon de’ Paperoni quando trova un centesimo sulla propria strada. Ma allinearsi al volere del Governo centrale nel lasciare spazio aperti all’infinito quando tutto il resto dell’Europa comincia a chiudere le frontiere, fa pensare che il mondo islamico sia un grosso business per tutta una serie di associazioni che vivono grazie al denaro pubblico. Una serie ramificata di associazioni che diventa ogni anno che passa un bacino elettorale sempre più consistente. Ma l’integrazione è una questione seria, soprattutto verso popoli così diversi, anche lontanissimi, dal nostro. Da decidere con l’intera comunità, non per il volere di un gruppo di pochi che detiene il potere e non condivide le scelte. Decidere scelte di integrazione verso un popolo che non vuole saperne di integrarsi e non ha interesse a farlo andrebbe fatto con molta attenzione e cautela, mentre stiamo correndo e non si capisce perché. Forse perché siamo di fronte a uno spot elettorale che rischia però di farci trovare in casa persone determinate a imporci il proprio modello di vita, non ad accettare di integrarsi con il nostro.

Andrea Tronzano (Forza Italia): Io credo che tutti i consiglieri sappiano che il Consiglio Comunale è il simbolo della politica cittadina e quindi credo che il Sindaco, in qualità di presidente dell’Anci, avrebbe dovuto coinvolgere il Consiglio in questa discussione. Penso infatti che in questo caso sia necessario un approfondimento comune, specialmente sul tema delle cittadinanze; infatti ho notato che il 90 per cento dei nuovi cittadini di lingua araba non sanno la lingua italiana e faticano a leggere il giuramento. Perché prima di attuare questo Patto non ragioniamo in modo attento a ciò che potremmo inserire?

Michele Paolino (PD): Nel condividere l’intervento dell’assessora Curti, intervengo in risposta alla posizione manifestata in aula unicamente da parte dell’opposizione di centrodestra.
Il nostro gruppo continua a ritenere che mai come oggi si sconfigga l’estremismo islamico con il dialogo, isolando i fomentatori della violenza e dell’integralismo.
I loro figli vanno a scuola con i nostri figli ed è basilare che si sentano integrati nella nostra città. Non vogliamo che la paura e la diffidenza li escludano dalla vita sociale. Se non ci si rende disponibili al dialogo, alzando barriere ideologiche e fisiche, non cresce nemmeno la nostra città e si rischia che nella marginalizzazione trovi il suo terreno di coltura la propaganda estremistica.
Esiste il modello della Torino aperta al dialogo interreligioso. Un modello da far crescere, mantenendo alta la vigilanza e l’attenzione sugli atti violenti che accadono. Ma occorre rimanere disponibili a confrontarsi con tutte le persone che vivono con noi nella nostra città.

Fosca Nomis (PD): La nostra comunità è accogliente ed è basata su principi di cittadinanza condivisi. L’iniziativa, che ha origine dall’Anci, pone le comunità locali al centro di un processo di dialogo e riflessione molto importante, così come fa la Commissione europea nell’ambito del Radicalisation Awareness Network (RAN).
Nella recente iniziativa in questo ambito promossa dalla Commissione legalità e dalla Città metropolitana abbiamo registrato una grande adesione da parte dei giovani e delle scuole per parlare di radicalizzazione. Questo è il modo migliore di prevenire fenomeni di radicalizzazione e violenza.

Ha concluso il dibattito il Sindaco Piero Fassino:
“Nella discussione non si è mai detto come nasce questa iniziativa, messa in campo nei giorni immediatamente successivi agli attentati di Parigi, in un contesto di grandissimo allarme e preoccupazione, che aveva come conseguenza un clima di sospetto e pregiudizio verso i tanti cittadini islamici presenti nella nostra società.
Questa iniziativa ha un doppio valore: da un lato, riconoscere la presenza a Torino di tanti cittadini di Paesi islamici e arabi; dall’altro assumere un atto che riconduca tutti – e in primo luogo le comunità islamiche – all’impegno a condannare e contrastare il terrorismo e a riconoscersi nelle norme che regolano la convivenza civile.
All’indomani degli attentati di Parigi, era stata avanzata la proposta di chiedere ai cittadini islamici un giuramento alla Costituzione. Un atto che tuttavia potrebbe essere interpretato come pregiudizio e sospetto aprioristico di slealtà. Un atto per questo eccessivo, che non viene richiesto agli altri cittadini. Abbiamo invece preferito proporre un Patto in cui tutti i rappresentanti delle comunità islamiche potessero riconoscersi in valori comuni. Ha un forte valore simbolico, che vuole rendere evidente l’assoluta centralità dell’impegno comune nel contrasto al terrorismo.
A Torino ci sono 150mila cittadini di origine straniera (il 17%): compito delle Istituzioni è di farli sentire cittadini, con eguali diritti e eguali doveri. Una politica di integrazione intelligente e responsabile – e non di assimilazione – deve consentire a ogni cittadino di conservare la propria identità.
L’atto che proponiamo non rappresenta un privilegio o una “concessione”, ma ha l’obiettivo di liberare la vita dei cittadini dalle paure, ribadendo valori di libertà, democrazia e rispetto della vita umana, già affermati dal Comitato Interfedi, attivo da anni.
Nostro obiettivo è far sì che Torino sia città tollerante, aperta, capace di riconoscere ogni identità. E anche per questo stigmatizzo chi propone di boicottare l’accordo tra il Politecnico di Torino e Technion, l’Israel Institute of Technology di Haifa”.

(Ufficio stampa Consiglio Comunale)


Pubblicato il 1 Febbraio 2016

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