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Rimane in Sala Rossa il crocifisso, collocato a fianco dei banchi della Giunta intorno al 1960. Lo ha stabilito la seduta odierna del Consiglio comunale, respingendo una proposta di deliberazione presentata dai consiglieri Silvio Viale, Vittorio Bertola e Piera Levi-Montalcini, che proponeva di sancire per regolamento l’assenza di simboli religiosi dall’aula non legati a opere d’arte storiche, prevedendo pertanto la rimozione di quello già esistente. La votazione ha visto il voto contrario alla proposta di 25 consiglieri, con 3 a favore e un non partecipante al voto.
Prima del pronunciamento da parte dei consiglieri, si è svolto un dibattito che viene qui di seguito sintetizzato:
Silvio Viale (PD)
Questo è il Consiglio comunale di Siccardi e di Cavour, della tradizione risorgimentale, ecco perché nelle sue sale riunione non sono presenti simboli religiosi. Una tradizione laica che è stata rotta solo alcuni decenni fa con l’apposizione in Sala Rossa di un crocifisso “concordatario”.
La delibera che discutiamo oggi non dice di rimuovere il crocefisso, semplicemente stabilisce che non vi siano simboli religiosi in Sala Rossa. Io sostengo le ragioni della laicità, l’Italia non ha più una religione di Stato imposta a tutti, anche ai non credenti o ai seguaci di altre religioni.
Alcuni consiglieri mi hanno confidato che, oggi come oggi, il crocifisso se non ci fosse già, non lo metterebbero: questo dimostra la sua inopportunità. Attenzione, io non parlo del crocifisso in generale ma di questo crocifisso, in questa sala. Nella sede del gruppo PD ce ne sono due e non ho mai chiesto di toglierli.
Alcuni sostengono che questo “non sia il momento”, alla luce della preoccupazione per la crescente immigrazione dal mondo islamico. Ma proprio per questo, è sbagliato fare di un simbolo religioso un segno d’identità in contrapposizione all’Islam. “Difendere i diritti civili significa difendere i diritti degli altri”, diceva Pier Paolo Pasolini, e io penso che oggi il Consiglio comunale debba chiedersi se davvero ostentare un simbolo religioso sia il modo migliore di difendere i diritti di tutti i cittadini che la nostra assemblea elettiva rappresenta. Il crocifisso non è un simbolo universale, neppure tutti i cristiani lo adottano, come i valdesi, o gli ortodossi che rappresentano il Cristo risorto e non quello sofferente.
Non si tratta di un simbolo di unità, di universalità umana: e non credo che all’ONU esporrebbero in aula un crocifisso quale “simbolo di tutti”. E’ un simbolo cattolico: e se io fossi un cattolico, non vorrei che il simbolo della mia fede venisse imposto come “universale”. La Chiesa sbaglia, da un lato parla di pace e accoglienza e dall’altro propugna il posizionamento dei crocifissi nei luoghi pubblici. Capisco ovviamente che il centrodestra voglia usare il crocifisso come una spada contro l’Islam, contro i valdesi e gli ebrei, sostenendo che sia il simbolo della nostra civiltà occidentale mentre tutto il resto è barbarie. Credo d’altra parte che il PD non proponga di mettere crocifissi dove non ve ne sono, però non si può sostenere che laddove ce ne sia uno debba essere mantenuto, anche se in luogo inopportuno. Io mi rivolgo al Consiglio comunale come rappresentanza politica di una città fatta di persone tra loro diverse. Ognuno voterà secondo le proprie convinzioni, ma nell’Italia del 2016, in una Repubblica senza religione di Stato, discutere di questo tema è legittimo. Ora, non sarebbe pensabile esporre in Sala Rossa i simboli della trentina di religioni presenti nella nostra città. Altra cosa, magari, sarebbe una targa in ricordo dei santi sociali, parte integrante della storia torinese. L’esposizione del crocifisso, estraneo alle tradizioni di questa istituzione laica, ben lontana dall’unire rappresenta un fattore di divisione. E chi vota per il suo mantenimento in aula se ne assume la responsabilità.
Giuseppe Sbriglio (Insieme)
Voterò contro questa delibera, pur essendo laico e credente. Il crocifisso non dà fastidio alla maggior parte dei valdesi, dei musulmani ecc. e degli atei di questa città. La Sala Rossa non può diventare luogo di simbolismi ma non avrei difficoltà a vedere altri simboli in quest’aula.
Questo crocifisso che è stato diversi decenni in questa sala, in una visione laica è diventata un’opera d’arte essa stessa quindi esente dal divieto proposto da Viale.
Un simbolo inserito come uso e consuetudini ha valore di norma, quindi si pone un problema anche sul piano giuridico.
Maurizio Marrone (AN-Fd’I)
Il crocifisso sta in un’aula istituzionale e laica senza urtare le coscienze di chiunque perché la stessa laicità dello Stato e delle Istituzioni è stata resa possibile dall’identità e dal pensiero del cristianesimo. Il crocifisso non è lì per esercizio di culto, né per imporre una fede rispetto all’altra. Sta a ricordare che se anche un ateo può portare un attacco radicale al simbolo che rappresenta questa fede, è grazie alla cultura di tolleranza e di amore del Cristianesimo. Cosa che non avviene in altre culture. Se mai venisse rimosso il crocifisso, invito Viale ad impegnarsi anche a rimuovere la statua del Principe Eugenio che fermò l’avanzata islamica a Vienna. Senza quel personaggio storico forse non ci sarebbero donne nella sala consiliare, senza la difesa della nostra identità la nostra civiltà sarebbe molto più buia. Per questo da laico ritengo che il crocifisso debba rimanere per ragioni storiche e di identità della nostra civiltà.
Rocco Lospinuso (Moderati)
Mi sembra di rivivere un analogo dibattito fatto nel lontano 1997. Il Consiglio fu sospeso per la concomitante festa del Kippur e anche Viale si espresse a favore della sospensione. E se da un lato riconosco l’intelligenza del consigliere Viale mi spiace vederlo cadere nell’errore di inseguire la pubblicazione di un’inutile richiesta per vedere pubblicate poche righe di resoconto sui giornali.
Perché è un errore chiederne la rimozione. Stiamo semplicemente perdendo tempo con questo dibattito. Il crocifisso è in questa Aula da molti anni (scomparve e poi ricomparve in poco tempo) e rappresenta tutti e va difesa la sua presenza anche come fatto culturale. Occorre sempre essere coerenti con l’adesione al concetto di laicità.
Silvio Magliano (Area popolare)
Il crocifisso appeso in quest’Aula non è soltanto un simbolo religioso. Rappresenta la storia del nostro Paese, la nostra storia, la nostra cultura. Se oggi siamo quello che siamo diventati è anche grazie a quello straordinario simbolo, portatore di valori. E infatti accompagna con sé tutti i valori fondanti della nostra convivenza civile: libertà, fraternità, uguaglianza, carità, sacrificio, accoglienza.
Ed è un simbolo di laicità: voglio ricordare che la croce è uno dei simboli presenti in molte bandiere degli stati nazionali europei. Un emblema della nostra storia, della nostra tradizione e cultura che deve continuare a restare in Sala Rossa.
Michele Paolino (PD)
Il Partito Democratico è per definizione e natura un partito plurale e il Gruppo consiliare ne è la sua espressione: Viale ha diritto a esprimere la propria opinione, altri consiglieri voteranno contro, altri non parteciperanno alla votazione. Siamo al terzo tentativo di portare questa discussione in aula: mi auguro che oggi si concluda la questione. È un’ossessione che non ha ragion d’essere: noi cristiani non saremo giudicati sui simboli ostentati, ma sulle opere realizzate. Mentre vengono rimossi simboli religiosi a colpi di bombe – come è avvenuto in Afghanistan con le statue del Buddha – portare in aula il tema della rimozione dei simboli è un’azione violenta, che enfatizza le divisioni, invece di creare ponti di comprensione e condivisione.
Il palazzo è pieno di simboli: non abbiamo rimosso i simboli di casa Savoia o le maniglie fasciste di Sala Marmi, perché fanno parte di questa storia, così come il crocifisso in Sala Rossa, collocato in quest’aula in un determinato contesto storico. Concentriamoci su battaglie più urgenti, lavoriamo sui diritti.
Luca Cassiani (PD)
Ritengo che nei luoghi pubblici non debbano esserci simboli religiosi, ma nessuno dovrebbe abbattere i simboli già esistenti. In aula c’è anche il ritratto di Carlo Alberto, che indica con lo scettro la croce sulla corona. Ha un forte valore simbolico: dovremmo rimuovere anche questa e tutte le altre opere non laiche o che non corrispondono alla nostra visione, come avviene in Siria o in Iraq? Questa furia iconoclasta talebana è fuori dal tempo. Non parteciperò al voto e non voglio vengano posti nuovi simboli religiosi, ma non vanno rimossi i simboli già esistenti, che rappresentano la storia dell’arte occidentale.
Enzo Liardo (NCD-UDC)
Rimuovere un simbolo è un gesto forte e rimuovere il crocifisso dalla Sala Rossa vorrebbe dire rimuovere non solo e non tanto una fede quanto una tradizione ed una storia che appartengono alla collettività. Perché prendersela tanto accanitamente con un simbolo positivo, quello di un uomo morto in croce per l’arroganza dei potenti, che diceva di “dare a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare”, sostenendo che quanto si fosse fatto verso i più deboli si sarebbe fatto a lui a al Padre suo? Davvero paradossale accanirsi contro un simbolo positivo. La speranza di qualche consigliere, ossessionato da quel simbolo, è forse quella di sostituirlo con paccottiglia sincretista, arcobaleno, decadente o statolatria. Allora resti lì, quel crocifisso, simbolo di umanità, crescita civile, amore verso il prossimo.
Lucia Centillo (PD)
Mi sono sempre schierata, anche nei momenti più difficili, per la salvaguardia dei diritti e delle libertà di tutte le persone e contro ogni discriminazione e ritenendo la fede un fatto privato e personale, per la libertà di esprimere il proprio credo religioso, mi batterò sempre e comunque. Sono d’accordo che non ci siano simboli religiosi in quest’aula. Si tolga pure il crocifisso dalla Sala Rossa come si è tolto in altre importanti sedi istituzionali quali il Parlamento europeo. Ma serve discrezione e non il clamore e la spettacolarizzazione che nuocciono ad un processo verso la piena laicità. Essere laici non significa utilizzare a fini di propaganda politica le proprie posizioni, utilizzando il momento storico e la campagna elettorale ormai prossima per tenere alto il livello di scontro e alterando così il senso e il significato di un percorso. Serve invece un ragionamento condiviso in Conferenza capigruppo per avviare eventuali procedure lontane dal clamore. Per questo non parteciperò al voto, in disaccordo con le modalità scelte per affrontare questa discussione.
Michele Curto (SEL)
Credo che ci sia stata una discussione lunga, addirittura eccessiva, rispetto alla percezione di questo atto. Il gruppo di SEL non parteciperà al voto dal momento che secondo noi questa delibera è stata realizzata come una provocazione politica e non come uno spunto di innovazione culturale. Siamo attenti ad altre forme di laicità, come l’attività del Parlamento in materia di unioni civili e la gestione delle “croci” che i torinesi in difficoltà sono costretti a portare.
Domenica Genisio (PD)
Io intervengo per dire esplicitamente che voterò no; non tanto per mantenere il crocifisso in questa sede, ma per avversare le motivazione con cui i proponenti hanno deciso di toglierlo, considerando il crocifisso unicamente dal punto di vista religioso. Questo simbolo rappresenta la nostra storia e la nostra cultura; se si toglie il crocifisso dovremmo eliminare ogni riferimento (come ad esempio nelle toponomastica cittadina) a fatti religiosi. Il crocifisso, in qualità di simbolo, vuole simboleggiare l’importanza dell’agire collettivo, in ottemperanza con il motto evangelico che invita ad amarsi gli uni gli altri.
Vittorio Bertola (M5S)
Anche se più sono favorevole a toglierlo, il crocifisso in sala Rossa non mi ha mai disturbato, ma anche se ci sono problemi importanti è giusto affrontare questi temi.
Questa è la sala di tutti i cittadini, non è un luogo sacro dove ci si riflette sull’esistenza ma è dove si fanno le regole di convivenza civile. Qui il crocifisso rappresenta invece l’intromissione della Chiesa Cattolica nella politica con le agevolazioni fiscali, le discriminazioni sulle unioni civili, i limiti posti alla scienza. Mi spiace che il centrodestra abbia difeso la collocazione del crocifisso come un baluardo contro l’Islam, quando l’unica difesa dalla Sharia è la laicità. Io non mi sento offeso dalla presenza del crocifisso, mi sento offeso sentendomi dire che la croce, per definizione, rappresenta tutti. Non è così perchè sono io che scelgo chi mi rappresenta. Quando ci libereremo dal peso politico delle chiese sarà sempre troppo tardi; questo è il ritardo che ci separa dai paesi del centro-nord europeo.
Andrea Tronzano (FI)
Vorrei far notare al consigliere Bertola che la Chiesa da decenni non controlla più i voti e quindi la nostra non è una ragione di consenso. Forza Italia voterà no alla rimozione del crocifisso perché fa parte della nostra storia e mantiene alto il nostro senso di identità. E’ una scelta miope rinunciare a un simbolo così fortemente legato alla nostra tradizione millenaria.
Paolo Greco Lucchina (NCD-UDC)
Il crocifisso in questa sala non rappresenta un atto di fede ma la nostra identità culturale profonda. Perché dovrei rinunciarvi? Questa è una laicità ostentata in funzione elettorale. Non è annullando una cultura che si includono le altre culture. Il cristianesimo permea la nostra società e la nostra cultura.
Fabrizio Ricca (Lega Nord)
Non entro nel merito della religiosità Qui ci sono molti simboli religiosi dunque, artistici o no la invito, Viale, a essere coerente. Occorrerebbe togliere dalla sala del Consiglio non il crocifisso ma Silvio Viale… a questo provvederanno gli elettori.
Laura Onofri (PD)
Faccio mie le parole della consigliera Centillo e non parteciperò al voto. E vorrei sottolineare che il consigliere Viale non mi rappresenta, così come in molte altre occasioni.
Angelo D’Amico (FI)
Sulla questione lasciamo decidere la democrazia, ma secondo me il crocifisso dovrebbe rimanere in quest’aula: è assurdo volerlo rimuovere con perché non ci rappresenterebbe.
Piera Levi-Montalcini (Gruppo Misto di maggioranza)
Quando avevo chiesto di mettere in Sala Rossa il ritratto del Presidente della Repubblica ero stata accusata di chiedere una cosa per ottenerne un’altra, ovvero la rimozione del crocifisso. Ciò non era nelle mie intenzioni, ma ho sottoscritto questa delibera perché non tutti siamo della medesima religione. Qui non siamo né in chiesa, né in una sinagoga, né in una moschea, siamo in un luogo pubblico, pertanto è necessario tutelare la neutralità del luogo. Come avvenuto per decidere di appendere il ritratto del Presidente della Repubblica, probabilmente sarebbe stato più saggio discuterle l’atto in Conferenza dei capigruppo.
Prima della votazione, il consigliere Viale ha preso la parola ricordando la responsabilità di ogni consigliere nell’esprimere il proprio voto e sostenendo che la Storia stessa, nei prossimi decenni, porterà al superamento della presenza dei simboli religiosi in luoghi pubblici. Viale ha ricordato anche come la delibera fosse nata dalla vicenda del tappeto da preghiera islamico rimosso da alcuni consiglieri in nome della laicità dell’istituzione, sottolineando infine come la pluralità del PD non possa portare al permanere di posizioni permanentemente congelate.
(Ufficio stampa del Consiglio comunale)