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Neet, acronimo inglese di "Not in education, employment or training", é l'indicatore con cui si identifica la fetta di popolazione di età compresa tra 15 e 29 anni che non è né occupata, né inserita in un percorso di istruzione o di formazione.
Mettere in luce le diverse identità che si celano dietro questo acronimo e le differenti criticità da cui origina è l'obiettivo del seminario "Neet: identità e differenze" promosso dall'Assessorato alle Politiche educative della Città di Torino, guidato da Mariagrazia Pellerino, che si svolgerà domani, 30 marzo alle ore 10.30, al Circolo dei Lettori, via Bogino, 9.
“Nell’ambito del Piano Adolescenti della Città di Torino, vorremmo attivare politiche educative e formative per contrastare il fenomeno dei neet. Per questa ragione partiamo con un seminario di approfondimento che dia elementi utili per progettare azioni efficaci” ha detto Pellerino, che ha anche aggiunto: “L’Italia ha la più bassa popolazione europea di under 30 e uno dei più alti tassi di Neet: per questo è urgente intervenire con politiche formative adeguate alle domande delle ragazze e dei ragazzi e coerenti con le necessità di innovazione che ha il nostro sistema imprenditoriale”.
Alla luce delle ricerche e dell’esperienza maturate fino a oggi su questo fenomeno vi è l’esigenza di valutare l'incidenza dell’orientamento scolastico, la rispondenza dell’offerta formativa alle richieste delle ragazze e dei ragazzi e mettere a confronto l'offerta formativa di istruzione e formazione con la domanda di lavoro espressa dal territorio.
Secondo l'Istat in Piemonte nel 2015 i Neet in età compresa fra i 15 e i 34 anni sono 185mila, poco meno di un quinto dei giovani della stessa età: la percentuale più alta fra le regioni industrializzate del centro Nord.
Anche nella nostra regione il mondo dei Neet è un contenitore di situazioni molto diverse, perché molteplici sono anche le cause: mancanza del lavoro dovuta alla crisi economica; riforma delle pensioni che ritarda se non ostacola l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro; dispersione scolastica; formazione non del tutto adeguata alle richieste del mondo produttivo e la scarsa alternanza scuola-lavoro; difficolta dei centri per l'impiego di individuare i Neet; situazione di precarietà lavorativa che dura tutta la vita; rifiuto del lavoro manuale e prevalenza culturale del lavoro alle dipendenze; permanenza prolungata nella famiglia sempre più chiamata a essere un "ammortizzatore sociale".
La situazione non migliora a livello europeo: secondo il rapporto OCSE 2015 l'Italia figura tra le nazioni con la più alta percentuale (35 per cento) di Neet tra i ragazzi di età compresa tra i 20 e i 24 anni.
È possibile dimostrare come una formazione efficace paghi in termini di “successo” lavorativo? Si può mettere in campo una programmazione che renda coerenti i diversi fattori relativi a formazione/lavoro tenendo conto della velocità con la quale cambiano i profili richiesti?
A questi e a altri quesiti tenterà di dare una risposta l’incontro di domani. (ma.co.)