Città di Torino > Ufficio Stampa > Comunicati stampa 2015 > NOVEMBRE
La vita e soprattutto le opere del poeta piemontese Nino Costa, nel 70° anniversario della sua scomparsa, sono state al centro di una conferenza di Giovanni Tesio che si è svolta questo pomeriggio a Palazzo Civico, in Sala Rossa. L’iniziativa, all’insegna della lingua e della letteratura piemontesi, ha concluso le celebrazioni per il 70° anniversario della Casa editrice Viglongo, fondata all’indomani della Seconda Guerra mondiale da Andrea Viglongo, già collaboratore di Antonio Gramsci all’Ordine Nuovo. Dopo il saluto del presidente del Consiglio comunale, Giovanni Porcino, che ha aperto l’incontro sottolineando l’importanza di Nino Costa nel panorama letterario della nostra regione e ricordando come lo stesso papa Francesco ne avesse citato alcuni versi durante la sua visita pastorale sotto la Mole, ha preso la parola Giovanni Tesio. Il filologo e critico letterario ha esordito definendo Costa “un classico da rileggere” e salutandone la “schiettissima vocazione poetica, improntata alla semplicità che ne accompagna il respiro”, procedendo poi ad una disamina della struttura e dei versi del poeta, dotato di uno “sguardo conciliativo” che nella speranza trovava una delle proprie parole chiave. “Costa rappresenta il quid medium della poesia piemontese del Novecento, non semplicemente poesia dialettale, bensì poesia in dialetto”, ha spiegato Tesio, delineando analogie con Gozzano ma anche con François Villon. “Occasioni di vita trasformate in parole”, questo erano i versi del poeta, piemontese per nascita e formazione, vissuto tra il 1886 e il 1945. Il relatore ha anche voluto soffermarsi sulla costante presenza, nell’opera di Costa, di una geografia dei luoghi, di una topografia piemontese sempre presente, “una genialità toponimica”, esemplificata dalla dolente descrizione di una Torino devastata dai bombardamenti in ogni suo angolo, nominato con una precisione che sfocia nella macabra constatazione che da questi luoghi “i morti han cominciato la loro processione”. Nino Costa come “interprete di una comunità”, portatore di un anima popolare, di una “rasa intesa come etnia”. “Un monumento spirituale al Piemonte”.
Albina Malerba, che a nome del Centro Studi Piemontesi ha curato la “regia” dell’incontro - al quale hanno preso parte più di un centinaio di persone, tra le quali il consigliere Maurizio Trombotto – ha ricordato sorridendo come i versi citati da papa Francesco senza nominare Costa, avessero scatenato in molte redazioni la frenetica ricerca dell’identità del poeta.
Toccante la testimonianza di Cesare Alvazzi Del Frate, ex partigiano, amico e poi compagno d’armi del figlio di Nino Costa, Mario, caduto durante la Guerra di Liberazione, sui monti tra le valli di Susa e Chisone. Giovanna Viglongo, che con la figlia Franca prosegue il lavoro della casa editrice fondata nel ’45, ha offerto ai presenti i ricordi della sua frequentazione con Nino Costa, “di statura media, biondo, con occhi arguti e baffi arguti a loro volta” e i figli Celestina e Mario. Tra i diversi aneddoti, quello di un verso nel quale una nuvola era paragonata ad un tessuto chiamato “mussolina”, modificato dal regime fascista con l’’inserimento del tessuto detto “percallina” e la scherzosa spiegazione data da Costa al fatto che sua moglie fosse più alta di lui “Dovendo prender moglie, ne ho preso più che potevo”.
C.R.- Ufficio stampa del Consiglio comunale