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In riferimento alla Legge di stabilità e ai provvedimenti che riguardano la finanza locale la misura di cui si è data informazione all’opinione pubblica è un contenimento della spesa pari a 12 miliardi di euro: distribuiti per sei miliardi di euro a carico dell’amministrazione dello Stato, per quattro miliardi a carico delle Regioni, per un miliardo a carico di Province e Città Metropolitane e per un miliardo e 200.000 euro a carico dei Comuni. Contemporaneamente è previsto un allentamento del patto di stabilità il cui saldo passa dai 4,3 miliardi a un miliardo. Così configurata la manovra apparirebbe sostenibile, ma letta in tutte le sue parti la Legge di stabilità, pur richiedendo sacrifici, configura una serie di misure che, se quantificate, determinano una ricaduta sui Comuni molto maggiore. Infatti al miliardo e duecento milioni di euro di taglio a carico dei Comuni, bisogna aggiungere trecento milioni di tagli già previsti in provvedimenti di anni precedenti.
A questo bisogna aggiungere l’impatto sulla finanza locale derivante dall’istituzione del Fondo per Crediti di Difficile Esigibilità valutato dal Ministero dell’Economia in 2,2 miliardi di euro, che genera l’obbligo di accantonare risorse nel bilancio di parte corrente, col doppio effetto di ridurre la spesa corrente effettivamente spendibile e di incidere sul Patto di stabilità.
Inoltre la Legge prevede che per il 2015 non siano utilizzabili gli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente, per l’ammontare di un miliardo di euro, e che il contenimento di 1,2 miliardi può essere realizzato solo con compressione di spesa, nonchè il mantenimento di una serie di vincoli ordinamentali.
La valutazione fatta dall’Anci è che la manovra avrebbe in questo modo un incidenza a carico dei Comuni non di 1,2 miliardi, ma di 3,7 miliardi e sarebbe insostenibile. Scopo del confronto col Governo nell’incontro di ieri sera ( ve n’era stato uno la scorsa settimana e ve ne sarà un altro la prossima settimana, prima dell’esame della Legge in Parlamento) è di verificare la congruità di queste stime e, se confermate, di individuare azioni correttive al fine di rendere la manovra sostenibile.
Il confronto è stato costruttivo e ha visto la disponibilità del Governo a esaminare le nostre valutazioni. E’ stata accolta la nostra richiesta di utilizzare anche nel 2015 gli oneri per urbanizzazioni anche per la spesa corrente, alleggerendo così il taglio alla spesa. Il Governo ha manifestato inoltre la disponibilità a rinegoziare i mutui contratti dai Comuni con la Cassa Depositi e Prestiti del Ministero delle Finanze quando si tratti di prima rinegoziazione. Il Governo sta valutando la possibilità di accogliere la nostra richiesta di estendere la misura anche ai mutui già rinegoziati.
Il Governo ha anche proposto che i Comuni possano nel 2015 contrarre mutui a interesse zero, facendosi carico esso stesso dei costi del mutuo: misura che favorisce gli investimenti e non incide sul bilancio di parte corrente.
Sulla riduzione della spesa di 1,2 miliardi, abbiamo ottenuto inoltre il superamento della clausola che vincolava i Comuni ad agire sulla sola spesa, introducendo flessibilità e la facoltà per le amministrazioni locali di individuare altre modalità per raggiungere l’obbiettivo. Sui crediti di difficile esigibilità è stato riconosciuto che la valutazione di 2,2 miliardi era sottostimata: l’accertamento effettuato ha portato la stima a 2,6 miliardi il che significa ridurre il saldo di Patto, dunque un ulteriore allentamento del Patto di stabilità che cuberebbe non più un miliardo di euro, ma seicento milioni circa.
Rimangono irrisolte tre questioni su cui rimane aperto il confronto.
La prima riguarda i crediti di difficile esigibilità che la Legge di stabilità dell’anno scorso prevedeva fossero assorbiti in un arco decennale, noi chiediamo che il lasso temporale sia esteso a trenta anni, in coerenza con il decreto legislativo 35 sui pagamenti delle Pubbliche amministrazioni che prevede che le somme anticipate siano restituite nell’arco di trenta anni. In secondo luogo abbiamo chiesto che il fondo pari al 100% dei crediti di difficile esigibilità possa essere distribuito gradualmente sui prossimi cinque anni. La terza questione che abbiamo posto riguarda la necessità di ridurre il taglio di un miliardo su Province di secondo livello e città Metropolitane, perché è molto oneroso.
Mentre c’è accordo sugli altri punti su queste ultime tre questioni il Governo si è riservato di valutare costi e compatibilità con i saldi globali e di esprimersi nel prossimo incontro in programma.
Negli incontri sono state accettate le proposte dell’Anci relative al superamento di molti vincoli ordinamentali istituiti negli ultimi anni. Sia nelle politiche di bilancio che nella spending review, nei rapporti tra Governo e Enti Locali, saranno definiti i saldi lasciando alle Amministrazioni locali piena libertà di determinare le modalità idonee a raggiungere gli obbiettivi e superando così vincoli che ledevano fortemente le prerogative e l’ autonomia dei Comuni. C’è l’accordo inoltre per recuperare un finanziamento adeguato al fondo nazionale per le non autosufficienza che era stato penalizzato nel testo originario. C’è l’impegno a ricostituire il fondo per gli investimenti infrastrutturali di grande scala, che riguarda principalmente le metropolitane nelle grandi città. C’è l’impegno per il settembre 2015 a trasferire in capo allo Stato le spese per il funzionamento degli uffici giudiziari che attualmente i Comuni anticipano e che lo Stato dovrebbe rimborsare, ma poi i rimborsi non arrivano.
Infine si è avviato un confronto, per ora di ordine generale, sulla local tax, poiché la Legge di stabilità dovrebbe essere occasione per dare corso anche alla riorganizzazione del sistema fiscale.
Noi abbiamo proposto due principi che sono stati accettati. Il primo: i tributi locali siano di piena ed esclusiva competenza dell’Ente locale. Secondo: i gettiti previsti per il 2015 non siano inferiori a quelli del 2014, altrimenti si introdurrebbe una nuova riduzione di risorse.
Sono stati attivati gruppi di lavoro, con esponenti di Anci e del Ministero delle Finanze che
approfondiranno tutti gli aspetti del nuovo sistema fiscale.
Infine la Legge di stabilità ha acquisito, già nel testo iniziale, le proposte Anci sulle società partecipate. Per la loro dismissione non ci si limita a fissare un termine, ma si prevedono strategie industriali e meccanismi di accompagnamento.
Nell’incontro di ieri sera, infine, abbiamo avanzato la proposta, ora all’esame del Governo, volta a ridurre l’impatto del taglio di 1,5 miliardi: in caso di dismissioni patrimoniali, mobiliari e immobiliari, il 20% del ricavato possa essere utilizzato per la spesa corrente nel 2015.
Questo è lo stato dell’arte, per un giudizio compiuto bisogna attendere che tutto ciò che è stato acquisito sia tradotto in emendamenti al testo di legge e poi bisognerà vedere l’esito del confronto sulle questioni ancora aperte.
Il dibattito sulla comunicazione:
Fabrizio Ricca (Lega Nord): Non ci siamo accorti, Sindaco, degli interventi di riduzione della pressione fiscale che Lei attribuisce al Governo Renzi. Anzi, ci sembra che si tenti sempre di scaricare la colpa sugli Enti Locali. Spalmare i crediti non più esigibili e concedere mutui a tasso zero forse potrà aiutare i bilanci locali, ma temo che con la local tax i Comuni dovranno di nuovo aumentare le tasse a carico dei cittadini. Di fronte a nuovi tagli annunciati dal Governo, Sindaco, provi a far sentire la sua voce e a imporsi con Renzi.
Paolo Greco Lucchina (NCD): Si sta discutendo di rinegoziare i mutui, adeguare il fondo di svalutazione dei crediti, utilizzare gli oneri di urbanizzazione per la copertura della spesa corrente, ecc. Condivido l’ottica con cui Renzi guarda al Patto di Stabilità in merito alla necessità di risparmiare non con tagli netti, ma con un processo di selezione sui capitoli di risparmio, che significa eliminare veri e propri sprechi. Come, ad esempio, nella gestione delle aziende partecipate e, soprattutto, nella concessione di generosi contributi da parte della Giunta del Comune di Torino a vari Enti e Associazioni. Basta sfogliare l’albo dei beneficiari di provvidenze di natura economica per farsi un’idea della quantità di denaro pubblico speso male.
Giusy La Ganga (PD): È giusto eliminare i crediti non più esigibili, così come impedire che le dismissioni finanzino la spesa corrente, ma bisogna tenere conto che si opera in condizioni di emergenza. È giusto razionalizzare gli immobili con la riforma del catasto, ma diamo vera responsabilità e competenza tributaria esclusiva ai Comuni. La local tax va ridefinita come un tributo immobiliare locale, senza aggiungere altri tributi: non facciamoci entrare Tari, Cosap o altro.
Chiara Appendino (5 Stelle): Non si possono usare oneri di urbanizzazione e entrate una tantum per finanziare la spesa corrente, anche se si dichiara di lavorare in emergenza: siamo sempre e solo in emergenza, da anni. Ho poi molta paura della local tax: ogni volta che arriva un nuovo tributo, si inseriscono al suo interno nuove tasse e complicazioni per i cittadini. Lasciamo quindi fuori Tari e Cosap dalla local tax: dev’essere una tassa patrimoniale, totalmente gestita dai Comuni. E non è vero poi che si debba sempre tagliare e vendere aziende partecipate per fare efficienza, accusando Regioni e Comuni di non essere in grado di gestirle: è falso e pretestuoso.
Alessandro Altamura (PD): Ringrazio il Sindaco per il lavoro svolto e per le trattative che sta conducendo in una situazione non facile: sono cambiati 4 Governi negli ultimi 4 anni e le proiezioni di crescita economica continuano a essere negative. Mi appello al Sindaco affinché chieda di prolungare i mutui e di spalmare su più anni l’eliminazione dei crediti non più esigibili. Questa Amministrazione ha subìto 330 milioni di euro di tagli negli ultimi 4 anni (8,6 milioni di tagli solo nell’ultimo bilancio!): stiamo facendo miracoli, ma non possiamo continuare in questo modo.
Replica del Sindaco, Piero Fassino
Lo sforzo chiesto ai Comuni in questi anni è stato notevole: tra il 2010 e il 2014 si tratta di quasi 17 miliardi di euro: circa 8 miliardi di tagli lineari e 9 miliardi di contribuzione al Patto di stabilità. Dal 2007 ad oggi la spesa corrente dei Comuni è diminuita, mentre quella dello Stato è aumentata. Se si fa 100 la spesa globale italiana, quella imputabile ai Comuni è il 7,6% e se si fa 100 il debito pubblico italiano, la quota imputabile ai Comuni e il 2,5%.
Non c’è dubbio che è stato chiesto soprattuto in questi due anni a Regioni, Province e Comuni uno sforzo superiore a quello richiesto ad altri soggetti e allo Stato in particolare. Perciò chiedere che ci sia equità nello sforzo, come qui è stato fatto, è giusto e noi, come Anci, lo ribadiamo costantemente.
Su alcune questioni specifiche: la possibilità di utilizzare gli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente attualmente c’è, nel 2015 doveva venire meno. Noi ci siamo fatti carico di chiedere lo spostamento del provvedimento al 2016 per attutire il taglio di 1,5 miliardi di euro alla spesa.
Sulla questione della fiscalità anche la posizione dell’Anci è che Tari e Cosap, ne sono fuori. Sul gettito è evidente che quello del 2015 non può essere inferiore a quello del 2014.
Infine, quel che forse non è ancora chiaro è che in questi anni a forza di manovre, i trasferimenti nel senso classico sono ridotti al lumicino. La maggioranza dei Comuni oggi è contributore attivo, cioè dà più di quello che riceve.
Il Comune di Torino è stato tra i più rigorosi, siamo tra i pochi che non hanno per il 2014 poste di entrate straordinarie in bilancio.
Ufficio stampa del Consiglio comunale (S.L.)