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Ecco il testo del ricordo del sindaco Piero Fassino dedicato a Bianca Giudetti Serra, letto oggi alle ore 14,30 nella Sala del Consiglio Comunale dal vicesindaco Elide Tisi in occasione della cerimonia funebre. Il sindaco Fassino era presente al Cimitero Monumentale per l’ultimo saluto all’avvocato ed ex consigliere comunale.
Ci sono persone che attraversano la loro vita sapendo sempre da quale parte stare. Bianca era una di quelle. Lei, che nella sua lunga carriera di avvocato difese, aiutò e tutelò i più deboli, ha sempre saputo dove collocarsi. Il suo rigore morale e l’onestà intellettuale le hanno sempre indicato la via. In tutto ciò in cui s’impegnò, dall’adesione alla Resistenza, quando si adoperò per diffondere clandestinamente i bollettini partigiani, passando per le tantissime cause in cui difese i militanti politici, ai processi alle Brigate Rosse, alla banda Cavallero, Bianca pose sempre il suo valore aggiunto: la salvaguardia dei diritti.
Bianca Guidetti Serra è stata protagonista e testimone della storia d'Italia del Novecento nei suoi passaggi più importanti: dalla Resistenza condivisa con gli amici Primo Levi, Ada Gobetti e Alberto Salmoni - che in seguito sarebbe diventato suo marito - alla militanza nel Partito Comunista e poi alla fuoriuscita nel 1956 in seguito ai fatti d'Ungheria; fino alla scelta di perseguire l'impegno sociale attraverso la professione di avvocato penalista.
Mi ha sempre stupito quanta tenacia albergava nel suo fisico solo apparentemente gracile. I suoi occhi azzurri riflettevano tutta la passione, con la quale affrontava le aule di un tribunale o le tante battaglie politiche e civili a cui lei aderì. Fu una donna coraggiosa che non si lasciò certo intimidire dal pubblico ministero che, in occasione della suo primo processo in difesa di tre operaie che avevano fatto un "picchetto" durante uno sciopero, le chiese di dimostrare che titolo avesse per difendere le imputate: così ebbe inizio nel 1947 la sua carriera di avvocato penalista. Non solo, aprì anche un suo studio in una Torino dove all’epoca le donne avvocato erano pochissime.
Il suo testamento morale potrebbe essere racchiuso in una frase che disse in una intervista rilasciata al quotidiano “La Stampa” in occasione del suo novantesimo compleanno: “Ho cercato di fare le cose giuste da fare”. E di cose giuste Bianca ne ha fatte molte a partire dalle battaglie per l’emancipazione femminile sin dagli anni della Resistenza quando entrò a far parte dei “Gruppi di difesa della Donna e per l'assistenza ai combattenti per la libertà” costituitisi nel dicembre del 1943.
Si chiedeva Bianca: “Perché non posso essere come gli uomini?” A questa domanda nella sua vita ha sempre cercato di rispondere con un impegno che resterà d’esempio per le donne avvocato incontrate in tribunale nei cinquant’anni di carriera forense, per le consigliere comunali che hanno condiviso la sua esperienza (dal 1985 al 1987, poi dal ’90 al ‘99) in questo Consiglio comunale, per le deputate del Parlamento della Repubblica e per le tante tantissime donne che hanno condiviso insieme a lei la lunga strada verso l’emancipazione, verso una società più giusta e più equa. Parole come “Democrazia”, “Libertà” e “Giustizia” per lei non erano termini astratti, bensì una bussola che le ha sempre indicato la giusta via da percorrere.
La statura morale e l’impegno civile e politico dell’ “avvocato dei diritti” si evincono anche dai molti libri che scrisse per raccontare il mondo degli ultimi. Le memorie dell’avvocato torinese sono raccolte nel racconto autobiografico “Bianca la rossa” scritto insieme a Santina Mobilia. Nelle belle pagine c’è il punto di vista privilegiato di una donna che ha saputo vivere da protagonista non sottraendosi mai alle contraddizioni, alle difficoltà, affrontando a viso aperto temi importanti e non facili.
Piero Fassino, sindaco della Città di Torino.
(mm)