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Fulvio Vatta, esule: “siamo un’etnia cacciata dalle terre in cui abitava da duemila anni”
Nel giorno del ricordo, dedicato alla tragedia dell’eccidio dell’esodo degli istriani, fiumani dalmati, dopo la Messa in Duomo e la commemorazione presso il monumento che sorge nel Cimitero monumentale, si è svolta una breve cerimonia in Municipio.
In Sala Rossa, allestita per l’occasione, molti esuli, consiglieri e rappresentatati di Comune, Provincia, Regione e autorità militari (prefetti, carabinieri, finanzieri e altri militari, in grande numero caddero vittime delle le persecuzioni scatenate dalle bande titine).
Gli interventi del Presidente del Consiglio comunale e del Sindaco di Torino, hanno preceduto e seguito, quello di Fulvio Aquilante, presidente del comitato torinese dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, cui è stato riservato il momento centrale della cerimonia.
Il Presidente del Consiglio comunale ha ammonito sulla necessità di “vigilare per imparare a riconoscere in anticipo il germe dell’intolleranza”.
Il Sindaco ha detto che con questa giornata “si restituisce dignità a chi ha pagato con la vita il disegno criminale della pulizia etnica antitaliana” e ha ricordato le molte ragioni che fanno del ricordo una risorsa importante oltre che un fatto doveroso.
Aquilante ha espresso felicità, perché la Città di Torino e le sue autorità “rendono onore alla nostra storia, che è la storia di un’etnia, che abitava la sua terra da duemila anni”.
“Abbiamo sempre creduto nella libertà e nelle istituzioni – ha proseguito- e siamo infastiditi da alcune frange estremiste minoritarie”.
Aquilante ha ripercorso le tappe della storia che la legge istitutiva della Giornata del ricordo definisce “la complessa vicenda del confine orientale”.
“Siamo stati forgiati per più di 900 anni sotto la Repubblica di Venezia” ha detto prima di elencare la successione di regimi illiberali o autoritari sotto i quali quel popolo ha sofferto, da ultimo quello comunista, che li ha di fatto espulsi.
Aquilante ha descritto quel dramma e le feroci persecuzioni che l’hanno preceduto, attraverso gli occhi di un bambino quali, in quegli anni, erano lui e i numerosi rappresentanti della sua comunità presenti in Sala Rossa. Poi, rivolgendo il discorso al futuro ha auspicato che le istituzioni cittadine creino opportunità di confronto sul piano della cultura e della storia, “per far sì che la nostra storia sia la storia di un’etnia e non una storia di politica, di politici e di estremisti”.
Ufficio stampa del Consiglio comunale (S.L.)