Comunicato stampa
MUSY, L’ADDIO DELLA SALA ROSSA
La Sala Rossa ha dato l’estremo saluto ad Alberto Musy, eletto in Consiglio comunale nel 2011 e morto martedì scorso, dopo 19 mesi di coma in seguito ad un attentato.
Il presidente del Consiglio comunale Giovanni Maria Ferraris, introducendo la commemorazione, ha espresso vicinanza alla famiglia, presente in aula. Ferraris ha ricordato in Musy “un uomo che sapeva farsi amare, un politico e professionista che ha portato un respiro di onestà, generoso all’ascolto e propositivo nel confronto”.
Il presidente ha quindi dato la parola agli interventi successivi, a cominciare da quelli di alcuni consiglieri comunali. Le qualità umane, professionali e politiche di Musy, così come la solidarietà affettuosa con la sua famiglia così duramente colpita, sono state il filo conduttore che ha attraversato tutte le testimonianze.
Michele Curto ha voluto ricordare lo scomparso come “una brava persona, portatore di una cultura storica di questa città, quella liberale. Non aveva paura delle diversità, che considerava un valore: ci costringeva a riflettere insieme, anche sui limiti della politica. Nel suo ricordo, proveremo a cambiare questa città”.
Dario Troiano, subentrato a Musy sui banchi della Sala Rossa, ne ha rievocato “la grande competenza, i modi pacati e l’entusiasmo, espressione di una visione affascinante e innovativa della Torino futura. Sarebbe stato un grande sindaco, ora spetta a noi il compito di portare avanti i suoi progetti e le sue idee”. L’evocazione della banalità del male, abbattutosi su Musy il 21 marzo del 2012, ha aperto l’intervento di Alessandro Altamura, che ha parlato di “un amico più volte ritrovato, fin dai tempi della comune appartenenza alla Gioventù liberale. Alberto era un costruttore di ponti, fautore del dialogo, con un’idea della politica liberale che non doveva essere conservatrice, ma profondamente democratica”.
L’intervento di Michela Malerba, a nome degli avvocati torinesi, si è soffermato sulle qualità professionali di Musy, “un uomo che non creava ostacoli, ma cercava di rimuoverli. Alberto si riconosceva nella famosa frase di Kennedy per la quale ognuno deve chiedersi cosa può fare per il proprio Paese: ed ha sempre agito in questo senso”.
E’ poi stata la volta di Pierferdinando Casini, leader di quell’UDC della quale Alberto Musy era capogruppo in Sala Rossa. Ricordata la “prova straordinaria di amore, dignità e discrezione” offerta dalla famiglia dello scomparso, Casini ha sottolineato come egli “abbia mostrato, in modo fermo ma gioioso, come la politica possa essere veramente servizio alla comunità. Era una delle espressioni migliori di quella borghesia torinese che tanta parte ha avuto nella storia del Paese. Ciò che è accaduto è troppo grande e misterioso, forse solo chi ha il dono della fede può dargli un senso. Ma a tutti noi spetta di fare il proprio dovere, il modo migliore di onorare la memoria dell’avvocato Musy”.
Al sindaco Piero Fassino è spettata la conclusione della cerimonia. Il primo cittadino ha ricordato “i mesi strazianti in cui abbiamo sperato che Musy potesse tornare alla sua famiglia, al suo lavoro e in questa sala”. La sera prima dell’attentato, “un atto barbarico contro un uomo mite”, Fassino e Musy si erano parlati a lungo: “Alberto aveva riaffermato il suo spirito propositivo: rifuggiva da etichette come ‘opposizione’ o ‘maggioranza’, per lui contava lavorare per la città, la funzione istituzionale prevaleva sullo spirito di appartenenza”. “Era animato - ha aggiunto Fassino - “da uno spirito civico tipicamente sabaudo”. Espressa la sua commossa solidarietà alla famiglia, il sindaco ha poi ricordato l’assenza di pregiudizi di Musy, uomo capace di ascoltare e proporre. “Torino ha conosciuto gli anni oscuri della violenza, superandoli grazie all’impegno democratico di tutta la città – ha proseguito Fassino – e ricordando questo dobbiamo batterci perché nessuna forma di violenza possa minare la vita della nostra comunità. Ognuno di noi deve poter sapere di vivere in una città che lo rispetta””. E il primo cittadino ha chiuso il suo intervento ricordando la costituzione a parte civile del Comune nel processo per l’attentato a Musy, decisa unanimemente dal Consiglio comunale nell’aprile scorso, “non per spirito di vendetta ma per ansia di verità e giustizia”.
Infine, dopo un ulteriore, intenso momento di raccoglimento, il feretro dell’avvocato Musy ha lasciato la Sala Rossa, diretto verso il vicino Santuario della Consolata.
C.R. - Ufficio stampa del Consiglio comunale