Comunicato stampa
CANCELLIERI: “DALLA CHIESA, UN GRANDISSIMO ITALIANO”, IL MINISTRO DELL’INTERNO A TORINO PER IL TRENTENNALE DELL’ASSASSINIO DEL GENERALE. In città una giornata di ricordo solenne per commemorare il Generale, prefetto di Palermo, alla presenza del figlio, on. Nando Dalla Chiesa
Dopo l’omaggio in mattinata al Monumento nazionale al Carabiniere presso i Giardini Reali, con l’intervento del Sottosegretario di Stato alla Difesa Filippo Milone, la Città di Torino ha commemorato il Generale dell’Arma dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, prefetto di Palermo, con una cerimonia svoltasi questo pomeriggio nella Sala Rossa del Municipio.
Alla presenza del figlio, on. Nando Dalla Chiesa, hanno ricordato la figura del Generale ucciso dalla mafia a Palermo il 3 settembre 1982 assieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo, il presidente del Consiglio comunale Giovanni Maria Ferraris, il procuratore della Repubblica Gian Carlo Caselli, il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri gen. di Corpo d’Armata Leonardo Gallitelli, il sindaco di Torino Piero Fassino. Ha concluso la cerimonia il Ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri.
Ha aperto la cerimonia il presidente del Consiglio comunale Giovanni Maria Ferraris: “Nelle azioni di Carlo Alberto Dalla Chiesa ritroviamo il forte senso del dovere, la capacità di servire lealmente le Istituzioni per il bene comune, l’abnegazione per il suo lavoro, incarnando quei valori di giustizia e nazione ereditati da altrettanto valorosi eroi. Più volte, durante lo svolgimento dei suoi compiti, il Generale si è trovato a svolgere servizio in Sicilia. L’ultima volta nell’aprile 1982, in qualità di prefetto di Palermo, Dalla Chiesa chiede al Governo poteri speciali per proseguire nella lotta alla mafia, con la stessa determinazione che ha avuto durante gli anni di lotta contro il terrorismo. Poteri che non sono mai arrivati, come il Generale stesso denuncia prendendo atto della sconfitta in questa lotta a Cosa Nostra. Rivolgiamo il nostro pensiero, sinceramente e senza falsa retorica, alle donne e agli uomini, ai magistrati e alle forze dell’ordine da sempre impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, facendo sentire loro la vicinanza delle Istituzioni oggi qui presenti.
La commemorazione di questo anniversario vuole anche essere un’occasione per rafforzare, soprattutto nei giovani, la cultura della legalità, affinché ricordare il passato ci aiuti a meglio comprendere il nostro presente, per fare in modo che certi orrori non si ripetano, perché le vite messe al servizio degli altri e perdute possano indicare la via a chi oggi è in cammino”.
Ferraris ha quindi ricordato l’impegno fattivo della Città di Torino, prima con la Biennale della Legalità, poi con la costituzione di una Commissione speciale per la legalità e, non per ultima, la partecipazione alle Giornate della memoria in ricordo delle vittime di mafia.
È quindi intervenuto il procuratore della Repubblica Gian Carlo Caselli: “Pio La Torre e Carlo Alberto Dalla Chiesa furono uccisi nel 1982 a soli quattro mesi di distanza l’uno dall’altro, ma lasciarono un’eredità fondamentale valida ancora oggi. Si tratta di due pilastri nella lotta all’antimafia: le misure contro i patrimoni mafiosi e l’introduzione del reato associativo.
Dalla Chiesa fu ucciso perché lasciato solo. Pezzi consistenti della politica lo vedevano come fumo negli occhi. Ad esempio, quando si insediò a Palermo, l’allora sindaco palermitano Martellucci si rifiutò di andare a salutarlo. Quel che è certo e che fu costretto a operare in una situazione difficile. I 100 giorni nei quali fu impegnato a Palermo prima di essere ucciso furono un periodo di isolamento verso il Palazzo: attorno a lui si fece terra bruciata. Fu la cronaca di una morte annunciata, dal preannunzio ossessivo dell’attentato senza che nessuno facesse qualcosa per proteggerlo o sostenerlo.
È evidente che Dalla Chiesa non avrebbe fatto sconti e avrebbe affrontato la mafia nella sua globalità e avrebbe affrontato quelle dinamiche del potere che riguardano mafia e politica. Dalla Chiesa è stato vittima di queste dinamiche che per certi profili ricordano quelle che oggi vengono rubricate alla voce ‘trattative’.
Dalla Chiesa è il simbolo della lotta vincente al terrorismo, verso le Brigate Rosse e Prima Linea. E proprio qui a Torino diede un contributo decisivo al processo torinese dei capi storici. Il segreto dei successi di Dalla Chiesa fu la sua capacità di non frammentare le indagini, scavando nelle BR come organizzazione. Fu una svolta nella lotta al terrorismo. In quegli anni fu provocato un volume di fuoco spaventoso per provocare il cedimento dello Stato, ma lo Stato non cedette e, nel rispetto delle regole, le condanne furono fatte, le istituzioni si rafforzarono e diventarono più credibili. Fu l’inizio della loro fine con un percorso che portò a una slavina di pentimenti e al crollo verticale dell’organizzazione terroristica. Il pentimento di Patrizio Peci fu il perno iniziale, come dimostra il verbale dell’interrogatorio dell’aprile del 1980.
Dalla Chiesa è stato un grande uomo, votato alla repressione istituzionale nel rispetto delle regole, capace di risultati eccezionali, ma anche di sensibilità e attenzione verso tutte le persone. Un uomo completo, a cui essere infinitamente grati, come torinesi e come italiani”.
“Ricordare tutto ciò che il Generale Dalla Chiesa ci ha insegnato – ha detto il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri gen. Leonardo Gallitelli – trova rispondenza nell’essenza di questa cerimonia dove i sentimenti di ciascuno di noi portano a collegare i fili del passato con il presente. Ma il passaggio fra passato e presente spesso rischia di smarrirsi. E perdere la capacità di saper leggere il passato e di raccogliere l’esempio che ci viene trasmesso, per la società vuole dire perdere quei valori che devono ispirare la sua azione presente e di lettura del futuro.
Un patrimonio storico di conoscenza che ha arricchito tutta la società civile del nostro Paese di cui noi carabinieri siamo gelosi custodi, consapevoli di essere istituzione di riferimento accanto alla magistratura e alle forze dell’ordine.
Nessun straordinario successo può mai essere definitivo: l’impegno deve essere quotidiano per riconquistare ogni giorno quello che si è conquistato il giorno prima. Un impegno a replicare quotidianamente lo sforzo è difficile, ma non impossibile. Noi ci crediamo, il Generale Dalla Chiesa affermava che il carabiniere è uomo che crede. E lui ci credeva. Credeva nel bene comune, che non è qualcosa che si può possedere. Al bene comune si possono soltanto dedicare tutte le risorse disponibili per conseguire risultati, ma soprattutto per sollecitare la convinta adesione di tutta la società civile. Serve coesione sociale contro le minacce che ancora incombono. Penso soprattutto alla criminalità organizzata, ostacolo totale allo sviluppo economico e civile del Paese. Serve uno sforzo comune per combattere contro queste forme di inquinamento della società civile. Sforzo e impegno che viene rinnovato oggi dalle Istituzioni qui presenti.
Il nostro operato deve ottenere un risultato fondamentale: dare fiducia ai giovani per poter immaginare e costruire il proprio futuro è un impegno che è certezza. Si può trasmettere fiducia solo se si ha fiducia. Noi abbiamo questa certezza”.
È poi intervenuto il sindaco Piero Fassino: “Palermo e Torino sono le due città che hanno segnato la lunga e prestigiosa carriera del generale Dalla Chiesa. La presenza del Ministro dell’Interno dà a questa celebrazione una dimensione non solo locale. L’abbiamo organizzata per rendere onore a chi ha pagato con la vita il prezzo della libertà di un intero Paese e per ricordare che la convivenza civile non è mai acquisita per sempre, che corre sempre dei pericoli.
Se da 60 anni il nostro Paese vive nella democrazia e nella certezza del diritto è perché ci sono uomini e donne dello Stato che garantiscono la nostra libertà con competenza e generosità. Ricordiamo anche per trasmettere memoria: il tempo rischia di offuscare la drammaticità dei fatti e la loro natura di passaggio epocale. Solo trasmettendone la memoria alle nuove generazioni un Paese può guardare con sicurezza al proprio avvenire, consapevole della propria storia e dei propri valori.
Abbiamo voluto ricordare il Generale Dalla Chiesa, così come Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo, chiedendoci se questo sacrificio sia stato vano o se abbia prodotto benefici per la società. La lotta alla mafia è dura e difficile, non è mai vinta per sempre, perché la criminalità organizzata ha grandi capacità di riprodurre le sue strutture dopo aver subito colpi anche gravi.
Ebbene, dal 1982 a oggi sono stati arrestati capimafia importanti, sono stati inferti duri colpi al crimine organizzato, anche grazie al sacrificio del Generale Dalla Chiesa. La mafia è ancora un pericolo, ma oggi è decisamente meno forte di trent’anni: l’azione dello Stato può colpirla.
Ricordiamo anche gli anni torinesi del Generale, anni difficili, anni di piombo in cui l’estremismo ideologico colpiva i rappresentanti delle Istituzioni, il movimento operaio e i suoi partiti, una città intera. Carlo Alberto Dalla Chiesa è stato un protagonista di quella stagione. Grazie a lui l’azione investigativa ruppe quello che sembrava un muro impenetrabile. Riferendosi ai terroristi, Walter Tobagi scrisse che non erano samurai invincibili e Dalla Chiesa lo dimostrò, insieme alla magistratura torinese (con Caselli, Maddalena, Laudi) e alle forze dell’ordine. E con l’appoggio della società torinese che seppe rispondere, con l’allora sindaco Novelli, con la consapevolezza di dover sconfiggere chi voleva introdurre nella nostra vita quotidiana la violenza e la sopraffazione.
Fu da Torino che si costruì la strategia che sconfisse l’eversione e riaffermò la democrazia. Il Generale fu un punto di riferimento non soltanto per le forze dell’ordine, ma per tutta la comunità torinese, introducendo metodi investigativi innovativi per smantellare e sconfiggere le organizzazioni terroristiche. Anche nella lotta alla mafia il generale Dalla Chiesa si è distinto, sin dagli anni Cinquanta, smantellando ‘famiglie’ mafiose particolarmente pericolose.
Come prefetto di Paleremo, in condizioni spesso di solitudine, non si tirò indietro e per 100 giorni portò avanti il suo impegno sino all’estremo sacrificio. Contrastare ogni giorno la mafia, affermare principi di legalità e giustizia non può essere affidato solo alle istituzioni e alle forze dell’ordine. Certo il loro ruolo è centrale per tutelare la sicurezza dei cittadini, ma tutta la società, nel suo insieme, deve sentire la responsabilità di ispirare i propri comportamenti individuali e collettivi ai valori della legalità e della giustizia.
Sono queste le ragioni per le quali siamo qui, con sentimento di gratitudine verso il Generale Dalla Chiesa e verso tutti coloro che hanno sfidato il sacrificio estremo per affermare questi valori nella società italiana”.
Ha quindi preso la parola il figlio del compianto Generale, on. Nando Dalla Chiesa: “Ringrazio la Città per questa iniziativa. Torino ha significato molto per la nostra famiglia. Arrivato qui da Paleremo nel 1973, mio padre si trovò di fronte a un avversario nuovo, del quale comprese subito la pericolosità. Fu una lotta molto difficile e la nostra famiglia ha pagato un prezzo alto: mia madre morì per la fatica e la tensione nervosa, per l’angoscia di fronte ai pericoli che correva suo marito. Il cappellano la definì ‘la vittima più silenziosa del terrorismo’ e dovemmo celebrarne il funerale in caserma, per ragioni di sicurezza. Mia sorella Simona venne più volte minacciata dalla Brigate Rosse fino a dover lasciare la città. Una storia difficile che però non ha incrinato l’amore di mio padre per questa città, che gli è stata vicina e l’ha appoggiato con le sue Istituzioni e i suoi partiti. È bello che oggi la città abbia voluto ricordarlo in questo modo: di qui è passato gran parte dell’impegno contro il terrorismo; la parte faticosa e la parte vittoriosa dell’esistenza di mio padre sono passate di qui. E a questo proposito, ricordo che il cardinale Martini, alcuni mesi fa, mi disse che mio padre aveva la capacità di far coraggio”.
Infine, il Ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri ha concluso gli interventi: “Sono emozionata nel parlare in questa Sala in cui ha lavorato Camillo Cavour. È molto bello ricordare in questa Sala dove si è fatta l’Italia un grandissimo italiano. Carlo Alberto Dalla Chiesa era soprattutto un italiano, uno straordinario servitore dello Stato, fino all’estremo sacrificio, proprio perché amava profondamente il suo Paese. Nessuna città come Torino può esprimere meglio il concetto di italianità che ha forgiato il suo cammino.
Prima come ufficiale dell’Arma, poi da prefetto, ha fatto della lotta a ogni forma di terrorismo e criminalità la sua missione di vita, perseguendo sempre con tenacia, passione, dedizione, grande professionalità e competenza la strada della legalità e dell’affermazione dei principi della democrazia. Doti connaturate alle sue origini in questa Regione, essendo nato a Saluzzo. Da questa terra, infatti, eredita il senso dello Stato e il profilo di fedele servitore dello Istituzioni e dei cittadini.
Figlio di un generale dell’Arma, dimostra fin da subito la voglia di impegnarsi attivamente per la giustizia e la libertà, arrivando a combattere efficacemente la mafia e il terrorismo.
A Torino venne istituito nel 1974 il Nucleo Speciale Antiterrorismo, illuminata intuizione del generale, che nello stesso anno catturò a Pinerolo i brigatisti rossi Renato Curcio e Alberto Franceschini. Creare una struttura ad hoc, altamente specializzata, con uomini selezionati e con specifiche competenze, si rivelò indispensabile per capire e scardinare dall’interno il complesso sistema criminale. Nominato prefetto a Palermo, Dalla Chiesa aveva chiesto una generalizzata mobilitazione per orientare le coscienze verso il rafforzamento della democrazia, della legalità e dell’uguaglianza. Purtroppo però non ne ebbe il tempo: fu barbaramente ucciso trent’anni fa. Trent’anni però non devono far dimenticare, anzi devono porsi come un monito per noi tutti, per rafforzare sentimenti collettivi di profonda indignazione e di consapevole difesa dei valori di giustizia, democrazia e libertà per cui Dalla Chiesa si era battuto. È di grande importanza che le nuove generazioni facciano proprio il suo insegnamento di onestà e rispetto delle regole e dei basilari diritti del prossimo quali valori imprescindibili per ogni Paese civile e democratico.
Dobbiamo tutti insieme, Istituzioni e società civile, percorrere la strada tracciata dal Generale Dalla Chiesa, impegnandoci a salvaguardare la democrazia e la libertà e affermando con ogni mezzo possibile la cultura della legalità”.
Alla cerimonia in Sala Rossa hanno preso parte tantissimi cittadini e autorità civili, religiose e militari, tra cui il Sottosegretario alla Difesa Filippo Milone, il vicepresidente del CSM Michele Vietti, il procuratore della Repubblica Marcello Maddalena, monsignor Giacomo Martinacci dell’Arcidiocesi di Torino, il prefetto di Torino Alberto Di Pace, i prefetti delle province piemontesi, il Capo della Polizia di Stato Antonio Manganelli, il Comandante della Legione Carabinieri Piemonte e Valle d’Aosta gen. Pasquale Lavacca, il questore di Torino Aldo Faraoni, gli ex sindaci di Torino Diego Novelli, Valentino Castellani e Sergio Chiamparino, don Luigi Ciotti, numerosi onorevoli, consoli, rappresentanti di Associazioni d’Arma, Comunità Ebraica ed Enti locali (il presidente del Consiglio Regionale del Piemonte Valerio Cattaneo, il presidente della Provincia di Torino Antonio Saitta, consiglieri e assessori di Comune, Provincia e Regione).
Il 7 maggio 2012 il Consiglio comunale di Torino aveva approvato all’unanimità una mozione (primo firmatario: Andrea Tronzano) per commemorare in città il trentennale dall’assassinio del Generale Dalla Chiesa, prefetto di Palermo, Grande Ufficiale dell’Ordine Militare d’Italia alla Memoria.
(Ufficio stampa Consiglio comunale)
Nella foto: Il Ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri durante la cerimonia in Sala Rossa, presso il Municipio di Torino.