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Lectio magistralis di padre Sorge sull’eredità del cardinale gesuita
“Cardinal Martini: un’eredità da non disperdere” è stato il titolo dell’iniziativa che si è svolta questa mattina nella Sala Rossa di Palazzo civico per ricordare il cardinale Carlo Maria Martini, a due mesi dalla sua scomparsa.
Il presidente del Consiglio comunale, Giovanni Maria Ferraris ha ripercorso la biografia dell’ex cardinale di Milano, torinese di nascita.
Ha sottolineato come Martini venga ricordato non soltanto per il suo operato religioso, ma anche per essere stato un vero maestro di vita, aperto al confronto e al dialogo con il mondo laico, istituendo nel 1987 la “Cattedra dei non credenti”, una serie di conferenze con esponenti del mondo laico. “Questa sua dote di saper dialogare con i fedeli, ha ricordato, gli procura il soprannome di “Cardinale del dialogo”.
Ha aggiunto come fosse riconosciuto per le sue teorie dell’educazione, ispirate a Don Bosco e alle Sacre Scritture, “incoraggiamento per genitori, insegnanti e ragazzi”.
“Martini – ha concluso Ferraris - è stato davvero un simbolo del dialogo ecumenico e interreligioso, aperto al confronto con il mondo laico e con i grandi interrogativi dell’uomo, come ha dimostrato di essere, nel suo piccolo, anche la nostra Città”.
Introdotto da padre Vitangelo Denora, direttore dell’istituto Sociale presso il quale il cardinale Martini studiò, Padre Bartolomeo Sorge ha tenuto la lectio magistralis.
Un intervento denso di contenuti volto a dimostrare quali siano le tre eredità da non disperdere lasciate dal cardinale Martini.
Padre Sorge ha sottolineato come il cardinale Martini abbia lasciato messaggi rivolti al futuro, che si possono ricondurre ad una triplice eredità: personale, ecclesiale, civile.
Ha avuto un amore appassionato per la bibbia, ha affermato, aggiungendo che questo gli ha consentito di essere un uomo libero. In sintonia con il Concilio Vaticano II, ha raccontato Sorge, il cardinale Martini considerava il rinnovamento della chiesa, non solo sul piano giuridico, necessario per generare cristiani liberi e vicini al prossimo.
Sul piano dell’eredità ecclesiale, Martini notava come si fosse spento l’entusiasmo all’indomani del Concilio. Occorreva, secondo il cardinale, alimentare uno spirito collegiale e sinodale per risolvere i nodi lasciati aperti dal Concilio stesso: la posizione della donna nella società e nella chiesa, responsabilità dei laici, sessualità, disciplina del matrimonio, rapporto fra democrazia e valori.
Martini notava come la chiesa avrebbe dovuto con umiltà accettare il suo essere minoranza, condizione, questa, favorevole per costruire un più vivo senso della testimonianza, ed una maggiore apertura al dialogo ecumenico.
In relazione all’eredità civile, Sorge ha evidenziato come Martini sostenesse la necessità di costruire un dialogo attraverso la ricerca di terreni comuni. Proprio per questo motivo, ha ricordato, il cardinal Martini aveva istituito “la cattedra dei non credenti” perché, sosteneva, non esiste una contrapposizione tra credenti e non credenti che possono anche costruire percorsi comuni. La contrapposizione, semmai, è tra soggetti pensanti e non pensanti.
Per i politici, con particolare riferimento ai cattolici, ha ricordato come per Martini non fosse sufficiente proclamare valori non negoziabili senza farsi carico di concezioni diverse. I politici, ha affermato, devono operare con il metodo della mediazione, distinguendo tra principi etici e azione politica, “cercando semmai di fare il maggior bene possibile”. Valgono più cammini postivi graduali che non una chiusura che produce sterilità.
Ha concluso sostenendo che per il cardinal Martini il servizio al bene pubblico è una vocazione e rappresenta la forma più alta di carità. Se manca la spiritualità dell’impegno politico è meglio non fare politica.
E’ intervenuto quindi l’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia che ha potato la testimonianza di ricordi personali. Si è quindi soffermato sulle riflessioni del cardinale Martini ispirate ai temi della laicità positiva, non contrapposta alla fede cristiana, all’etica del lavoro, della finanza e della politica.
Ha concluso gli interventi il sindaco Piero Fassino, che ha definito il cardinale “uno straordinario interprete dei tempi” e sottolineandone la capacità di rappresentare un punto di riferimento anche per molti non credenti. In particolare, il primo cittadino ha rammentato lo scomparso religioso nel suo aver svolto “un ruolo di educatore, scuotendo la coscienza collettiva su un tema oggi critico: l’etica pubblica, il ricondurre i propri comportamenti all’interesse generale”. “Una fede salda”, quella del cardinale Martini, ha ricordato Fassino, che lo ha visto affrontare “con innovazione e rispetto temi delicati inerenti la sessualità, la bioetica, l’antropologia, guardando prima di tutto alla vita delle persone, alla capacità della Chiesa di accogliere l’uomo”. E in questo senso, il cardinale “non esitò ad assumere posizioni diatoniche rispetto alle teorie consolidate, muovendo dalla sua straordinaria cultura teologica e biblica”. Un uomo del dialogo, ha poi concluso il sindaco ricordando l’apostolato del Cardinale nella Milano degli anni di piombo prima, di Tangentopoli poi, “con le sue omelie che sembravano un programma per la riconquista dell’etica verso una nuova prospettiva di speranza”. E Fassino ha quindi concluso: “Riprendendo la definizione datane da Enzo Bianchi, il cardinale Martini è stato un Padre della Chiesa dei tempi moderni”.
Ufficio stampa Consiglio comunale