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Ufficio Stampa

COMUNICATI STAMPA 2011


ULTERIORI AGGIORNAMENTI SUL CONSIGLIO COMUNALE APERTO CONVOCATO SUL TEMA "FUTURO INDUSTRIALE DEL DISTRETTO DELL’AUTO E PROGETTO FABBRICA ITALIA”

Canta
Per Donata Canta, segretaria generale Torino Cgil, il problema di fondo non è soltanto lo stabilimento di Mirafiori. E’ in sofferenza a Torino tutto l’indotto e il continuo ricorso alla cassa integrazione lo dimostra; stiamo vivendo un vero e proprio impoverimento collettivo. Conoscere il piano industriale di Fiat è più che mai indispensabile per la città e tutto l’indotto. Non è solo una questione sindacale ma è argomento che coinvolge la collettività.
Le scelte di Fiat sul nuovo contratto non sono condivisibili. Non vogliamo chiedere al Consiglio comunale di schierarsi, ma chiedo sia detto che nessun accordo può prevedere che i lavoratori non possano scegliere il loro sindacato. Dopo Pomigliano e dopo l’articolo 8 (sbagliato e anticostituzionale) l’accordo unitario che dice “nessun sindacato rappresentativo” può essere escluso dall’azienda e dalle trattative.

Bellono
Secondo Federico Bellono, segretario Fiom Torino, occorre che la politica e l’azienda si mettano in gioco fino in fondo, quello dello stabilimento di Mirafiori è un problema ampio per tutta la città. A Torino siamo più indietro di tante altre realtà produttive: maggiore ricorso alla cassa integrazione, bassa produttività a partire dal 2002. Non capiamo se c’è ancora un piano industriale, viste le tante modifiche fatte nel corso degli anni. Comunque non c’era bisogno di uscire dal contratto nazionale né di fare accordi per impedire ai lavoratori di scegliere liberamente i propri rappresentanti.

Nina Leone
Nina Leone, delegata Rsu Fiat Mirafiori Fiom - Cgil, ha affermato che la Fiat cerca di infondere tranquillità ai lavoratori ma i investimenti promessi con il piano Fabbrica Italia al momento non esistono. Resta massiccio l’uso della cassa integrazione, 800 – 900 euro che non permettono di arrivare a fine mese. I 5400 lavoratori della Carrozzeria di Mirafiori si sono espressi con un referendum su un accordo che ha abbassato i diritti dei lavoratori con la promessa di nuove produzioni, dal 2012. L’azienda ha disatteso le promesse: non ci sono più i due Suv del piano Fabbrica Italia, ma uno piccolo a marchio Jeep che verrà prodotto a partire non dal 2012 ma dal 2013. La Fiat deve prendere impegni precisi, perché l’atteggiamento attuale genera il prolungamento della Cassa integrazione. Occorre, ha concluso, trovare una soluzione perché i lavoratori possano tornare a eleggere i propri rappresentanti sindacali.

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Per Paolo Alberti, presidente CNA-APT, il dibattito di oggi e le modalità con cui è stato affrontato riconducono ad una vecchia logica fordista di affrontare i problemi in questa città. Per Alberti non si può pensare che il futuro della città passi solo attraverso il futuro di Fiat. E sono due le condizioni e decretare questa situazione: il fortissimo calo del mercato dell’auto locale ed internazionale e il rischio altrettanto forte che la competitività passi solo attraverso la delocalizzazione.
Inoltre, secondo Alberti i molti aiuti statali degli anni scorsi hanno contribuito a rendere Fiat l’unica azienda automobilistica del Paese, è evidente allora che oggi tutte le piccole aziende del territorio siano preoccupate di quello che sarà il futuro di Fiat.

Berthier
Per Ferdinando Berthier (Torino Libera), di fatto la Fiat ha lasciato Torino a partire dai primi anni Novanta, quando il Piano regolatore previde il passaggio di Mirafiori da area industriale a terziario, vedi l’operazione TNE. La classe politica torinese ha qualche responsabilità, ha avallato i progetti a medio lungo termine della FIAT pensando di tenere in città la testa pensante del gruppo. Il Politecnico, con Francesco Profumo – oggi diventato ministro – ha interagito con Opel guardando alla Germania e non con la Fiat. I sindacati non lo sapevano o fingevano di non sapere? Bisognava mettere dei paletti 20 anni fa. La fiat per decenni ha beneficiato di contributi pubblici, se ne riceverà ancora li girerà verso altri Paesi.

Giuseppe Sbriglio
Giuseppe Sbriglio (Italia dei Valori) sostiene che sia chiaro quanto l’Italia sia importante per la Fiat e quanto la Fiat lo sia per l’Italia; per Torino. L’Italia ha bisogno di una grande azienda automobilistica e la Fiat ha bisogno di un mercato. Nella crisi del 2004 ci fu un problema interno alla Fiat, si era chiusa su se stessa e con la realtà del mercato. Non è il costo del lavoro che fa la differenza per una grande azienda. Diventa un problema il mercato sottoposto a cambiamenti e non è collegato agli indici di produttività. Fabbrica Italia non deve essere solo una dichiarazione d’intenti, ma una dimostrazione dell’impegno della Fiat verso il Paese. La Fiat deve sentirsi impegnata alla costruzione di un grande gruppo internazionale, anche grazie agli accordi sindacali e la maggioranza dei lavoratori, per garantire prospettive solide e creare benessere nel territorio.

Michele Dell'Utri
Michele Dell'Utri (Moderati) considera la Fiat una realtà a forte vocazione d’impresa e le istituzioni a vocazione di tutela dei cittadini e del territorio. Per 100 anni questo accordo ha portato prosperità. Oggi la situazione, con la crisi economica, è cambiata. Quindi le istituzioni devono definire le regole economiche, per rendere l’Italia appetibile per le imprese e la Fiat deve ricordare i benefici che ha avuto e che ha nuovamente nel Progetto Torino.
Tutte le forze in campo valutino il fenomeno Fiat per far sì che tra 10 anni si possa parlare di sviluppo e benefici.

Vittorio Bertola
Vittorio Bertola (Movimento 5 Stelle) ritiene che la politica debba pretendere risposte da tutte le parti sociali e garantire il rispetto delle regole e degli impegni presi. Il ruolo della politica è anche quello di creare le condizioni perché Fiat voglia investire a Torino. Oggi viviamo una crisi di sistema: il futuro non è il modello di sviluppo attuale, con la crescita continua della produzione; serve un nuovo modello basato sulla decrescita. Fiat deve dirci quali sono le sue strategie, in questo mondo basato su una mobilità nuova: quale prodotto sta pensando Mirafiori per i prossimi 20 anni? Suv e Jeep non sono più sostenibili. La crisi ha poi un altro punto, le relazioni industriali, il welfare, i diritti. In Italia metà dei lavoratori ha diritti forti ma che restano sulla carta, l’altra metà è priva di diritti e vive nella precarietà. È positivo ridiscutere i contratti, ma non può essere fatto unilateralmente. È sbagliato pensare di competere con la Cina, che ha meno diritti e basso costo del lavoro: un Paese sviluppato deve competere su prodotti alto valore aggiunto, e la ricchezza di Torino è il suo capitale umano, le competenze delle persone. Fiat ha una grande responsabilità, deve investire a Torino perché ci sono le potenzialità di competere bene.

Fabrizio Ricca
Fabrizio Ricca (Lega Nord) sottolinea che negli anni '70 Fiat aveva 250 mila lavoratori interni e 350 mila lavoratori dell'indotto, oggi solo 70 mila dipendenti diretti. Nonostante i fondi statali Fiat ha dovuto delocalizzare all’estero, riducendo gli occupati in Italia e Piemonte. Questo perché le condizioni salariali all'estero sono talvolta più vantaggiose, ma è nostro compito mirare all'eccellenza senza intaccare i diritti dei lavoratori. La contrattualistica non rispetta più la contrattazione nazionale di categoria. Non vediamo con sospetto questo accordo, è un buon compromesso che tiene conto delle realtà territoriali. La contrapposizione tra classe operaia e “padroni” non ha più senso: ha senso invece che nasca localmente un punto di incontro tra diritti dei lavoratori e necessità delle aziende. I nuovi contratti sono costruiti per ridurre l’assenteismo e non possono che far bene al tessuto produttivo. E' compito di tutti i livelli amministrativi mediare tra Fiat e i lavoratori, tenendo presente che il nostro dovere è creare le condizioni perché Fiat non abbia interesse a trasferirsi lontano da Torino. Vogliamo conoscere i piani realizzativi di Mirafiori. Come ha affermato il presidente della Regione Cota, è necessario fare squadra tra i vari livelli istituzionali. La nostra vocazione ed il nostro futuro territoriale devono essere fortemente produttivi.

Grimaldi
Per Marco Grimaldi (SEL) il mondo del lavoro è, oggi, più povero e diviso a causa della sospensione del contratto nazionale dei metalmeccanici e di una legge ad aziendam che cancella decenni di lotte e diritti conquistati nel dopoguerra. Per Grimaldi, nel 2012 Mirafiori subirà un’ulteriore drastica riduzione della produzione: secondo le stime dell’azienda dalle linee della fabbrica usciranno 59.600 a fronte delle 83.000 previste dai piani operativi di Fiat del 2010. Pèer questo sarebbe importante conoscere una volta per tutte i piani reali di Fiat sull’automotive a Torino e nel Paese. Grimaldi ha poi posto tre domande: "una pubblicità di Fabbrica Italia recitava che “le cose che creiamo ci dicono cosa diventeremo”, cosa diventeremo allora, producendo suv a marchio Jeep, un’auto pensata in Illinois e assemblata a Torino per essere commercializzata prevalentemente negli Stati Uniti? Seconda questione: la Città, con Provincia di Torino e Regione Piemonte si è indebitata per comprare le aree di Mirafiori e creare la cittadella della mobilità sostenibile, come pensa Fiat di ripagare questo sforzo?
Infine, l’azienda torinese si assumerà l’impegno di rispettare la pluralità sindacale e la democrazia nei luoghi di lavoro?
"

Curto
Secondo Michele Curto (SEL) consumiamo questo dibattito dopo un anno in cui a Mirafiori si sono lavorati 35 giorni su 205. Un periodo in cui abbiamo passato troppo tempo a discutere della forte crisi economica mondiale dimenticandoci dei problemi degli operai. Dobbiamo oggi analizzare il problema ben sapendo che la ‘testa’ della Fiat è già a Detroit.
Non si può governare una fabbrica quando la maggior parte degli operai che vi lavorano non riconosce il sistema di fabbrica proposto dall’azienda e con lavoratori in cassa integrazione pagati 790 euro al mese, quale politica del territorio intendiamo fare per richiamare la Fiat ai suoi doveri verso i lavoratori?

Federica Scanderebech
Federica Scanderebech (Futuro e libertà per l’Italia) è preoccupata per quanto sta succedendo qui. Una batteria per auto elettriche totalmente innovativa è appena stata inventata da un giovane ricercatore lombardo. Questa è la prova che Torino non è più in grado di investire in ricerca, di fermare la fuga dei cervelli, di difendere l’occupazione, soprattutto quella giovanile e neppure di superare la cassa integrazione di così tanti lavoratori. E’ una vergogna che il nostro tasso di disoccupazione sia del 32,4% contro il 25% del resto del Paese. E’ a questa situazione signor Sindaco che bisogna dare risposte.

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Il consigliere Maurizio Marrone (PdL) ha dichiarato che il consiglio di oggi è un’occasione sprecata. I sindacati tutelano i diritti dei propri rappresentati, la politica dovrebbe garantire la difesa della territorialità e del mantenimento e del futuro del lavoro.
Le forze di minoranza, superando le differenze, nell’interesse dei lavoratori hanno cercato un’intesa, anche con una parte di maggioranza, mentre un’altra parte ha impedito di arrivare ad oggi con una posizione comune.
Con il referendum i lavoratori hanno accettato clausole sfavorevoli pur di mantenere un lavoro.

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Il capogruppo del PdL Andrea Tronzano ha sottolineato quanto, questo Consiglio, verrà ricordato per il clima favorevole al mantenimento di Fiat a Torino. La politica, come un corpo unico, deve fare in modo che Fiat rimanga nel territorio, mettendo l’azienda in condizione di operare bene. Un ringraziamento va ai sindacati che hanno difeso i diritti dei lavoratori. Bisogna rispettare l’esito di un referendum che ha espresso la volontà dei lavoratori di continuare a lavorare, è necessario dire basta e smettere di ragionare per corporazioni, rovina dell’Italia. Tronzano ha poi ricordato l’affetto della Città nei confronti di Giovanni Agnelli, uomo che per anni ha dato tanto non solo ai suoi lavoratori ma a tutta Torino.

Stefano Lo Russo
Stefano Lo Russo (Partito democratico) considera importante essersi confrontati in questo luogo, pur consapevoli di avere davanti problemi di grande complessità. "Fiat lotta in Europa contro competitori agguerriti per vivere e riconquistare mercati spostando il suo baricentro su Chrysler - ha detto-
il costo della mano d’opera è in fase di rapido livellamento a livello mondiale e non rappresenta il principale problema per la competitività sui mercati. La questione invece è la conflittualità, le relazioni sindacali, la democrazia sui luoghi di lavoro, la necessità di nuove regole di garanzia per azienda e lavoratori. Questo si può fare senza ricorrere ai tribunali ma con rinnovato spirito di coesione sindacale".
"Fiat deve comprendere che non può sottrarsi alla propria responsabilità sociale e alla gestione di un grande problema di comunicazione pubblica. Occorre che ogni soggetto faccia mezzo passo indietro per farne due in avanti, noi il Consiglio comunale, siamo pronti a fare la nostra parte".

Mimmo Mangone
Domenico Mangone (presidente della Commissione consiliare Lavoro) ritiene il Consiglio comunale di oggi un evento eccezionale. La Commissione consiliare che presiedo sta seguendo la vicenda Fiat Mirafiori e ascolta i lavoratori dell’azienda che hanno diritto di sapere del loro futuro. Da questa crisi occorre uscire con dei miglioramenti: serve più flessibilità e meno precarietà. La Commissione continuerà a seguire costantemente il caso Fiat.

In conclusione di seduta ha nuovamente preso la parola Paolo Rebaudengo (relazioni industriali Fiat), che ha ringraziato tutti coloro che sono intervenuti e “che hanno parlato con cognizione di causa, conoscendo il sistema Fiat e dimostrando interesse per ciò che Fiat sta facendo”.
Quello che intendiamo fare è noto". Ha dichiarato Rebaudengo. "E' una sfida, c’è la volontà di voler continuare a fare industria manifatturiera in Italia a condizioni competitive. Sono stati presentati piani e intraprese iniziative".
Il dirigente Fiat non ha voluto soffermarsi sulle produzioni: “Sono note per Cassino, Melfi e Mirafiori. Sono riconfermati gli impegni per piani anche sull’area torinese. E le iniziative a Pomigliano sono partite. Giovedì mattina (24 novembre, ndr) ero lì quando è uscita la prima vettura, dopo soli 17 mesi dagli accordi sindacali. Malgrado la via crucis per dare continuità allo stabilimento. Questo può dare credibilità a quanto da noi dichiarato”.
Vogliamo fare di Fiat - ha aggiunto Rebaudengo - un’industria competitiva nel sistema Paese. Per questo abbiamo chiesto di poter investire in un contesto di reciproco rispetto, sulle cose dette e sugli impegni presi”.
Il manager ha quindi evidenziato le difficoltà affrontate a Mirafiori e Melfi nel chiedere di 'fare straordinario in tempo di crisi' e nel lavorare su 18 turni. Difficoltà che hanno portato a stipulare nuovi accordi, 'che non sono punitivi per i lavoratori'
- ha precisato - e tengono conto della storia sindacale Fiat, cercando di salvaguardare 50 anni di conquiste dei sindacati”.
Si è arrivata alla disdetta degli accordi sindacali – secondo Rebaudengo – perché non c’era la certezza di trovare consensi tra tutte le parti coinvolte. “Sembra - ha spiegato - che si debba sempre ricominciare da capo: non è possibile che se qualcuno perde la partita, poi voglia rigiocarla. Si tratta di un sistema di rapporti non più proponibile”.
Anche alle Officine Automobilistiche Grugliasco - ha detto Rebaudengo - abbiamo cercato fino all’ultimo il consenso. Peccato poi sia arrivata la causa in Tribunale”. Infine, Rebaudengo ha sottolineato che negli ultimi 18-24 mesi l’occupazione nell’area torinese non è diminuita e ha ribadito che “non esiste una logica di pistola alla testa: nessuno ha ricattato nessuno. Ci sono opportunità che la gente può liberamente scegliere”. Ha quindi concluso affermando che per le Officine Automobilistiche Grugliasco il progetto è partito, ma “non intendiamo tollerare manipolazioni. Vogliamo essere rispettati su tutte le cose che diciamo e facciamo”.

Piero Fassino
Il sindaco Piero Fassino ha concluso la seduta del Consiglio con la sua replica. La FIAT appartiene alla storia di questa città e di questo paese da un secolo, ha ricordato il primo cittadino, e ancora oggi rappresenta il 6% del PIL nazionale. L’azienda continua a essere protagonista in una Torino che pure è cambiata e non è solo più legata all’industria, dalla quale tuttavia deriva più di metà del PIL cittadino. Per questo, secondo Fassino, è importante capire dove va questa azienda, quale sia il futuro dell’auto.
Il nostro impegno è che il gruppo FIAT-Chrysler continui a ritenere strategica l’Italia , con Torino nel ruolo centrale. Non dobbiamo continuamente evocare il timore che la Fiat abbandoni Torino: compito delle istituzioni, ha ricordato il sindaco, è creare le condizioni per indurre l’azienda a confermare i propri investimenti sotto la Mole e in Italia.
Il primo cittadino ha poi riassunto quelli che sono tre nodi fondamentali: in primo luogo, l’accordo Fiat-Chrysler è stato una scelta necessaria in un mercato globalizzato reso più piccolo e competitivo dalla crisi. Conseguentemente, siamo di fronte a un nuovo gruppo industriale e quando si opera una fusione è inevitabile una profonda ristrutturazione. Quest’ultima avviene in un contesto di competitività più accentuata e le forme di organizzazione devono essere rivisitate. Esistono dei diritti fondamentali , come la sicurezza sul lavoro, ma le condizioni contrattuali, come la durata delle pause, sono un’altra cosa. La responsabilità dei lavoratori che si sono espressi a favore degli accordi stipulati, per loro sotto certi aspetti più onerosi, deve sollecitare l’azienda a coinvolgere i lavoratori stessi e le loro rappresentanze. Terza questione, ha proseguito il sindaco, è il rispetto da parte di Fiat degli investimenti previsti dal progetto “Fabbrica Italia”. Apprezziamo il ritorno in Italia di produzioni prima localizzate all’estero, come nel caso di Pomigliano, ed è positivo l’accordo su Termini imprese, ma ci aspettiamo tempi rapidi per l’implementazione della produzione a Mirafiori, che è uno stabilimento simbolico e fondamentale.
Torino, ha poi rimarcato Fassino, ha accumulato una grande cultura industriale, un know-how che rende questa città un hub dell’automotive di livello mondiale, grandi aziende automobilistiche estere fanno ricerca e innovazione da noi. Attraverso questo processo di specializzazione si possono creare nuove occasioni di lavoro sul fronte dell’innovazione tecnologica.
Per questo, ha proseguito Fassino, siamo determinati a portare fino in fondo gli accordi tra Città, enti locali e FIAT sull’area di Mirafiori, che hanno già condotto alla realizzazione della nuova struttura del Politecnico dedicata al corso di Ingegneria dell’auto.
Una vicenda strategica come quella del futuro dell’industria automobilistica non può essere delegata solo alle parti sociali, ha poi evidenziato il sindaco, che ha espresso la convinzione che da parte delle istituzioni, del governo innanzitutto, sia mancata la capacità di intervenire efficacemente: la politica industriale non può essere espressione solo delle aziende, nella competizione mondiale occorre fare sistema a livello nazionale. E il primo cittadino si è detto fiducioso che il nuovo governo possa mettere in campo le azioni necessarie a far sì che le parti trovino in esso un interlocutore che le aiuti a delineare obiettivi condivisi. Torino, d’intesa con le altre istituzioni locali, farà la sua parte. Evocando l’incontro di domani, 29 novembre, tra Fiat e organizzazioni sindacali, Fassino si è augurato che l’incontro possa aprire una fase nuova. Tra azienda e lavoratori, ha concluso, non vogliamo essere equidistanti, ma piuttosto “equivicini”


(Ufficio stampa Consiglio comunale)

Torino, 28 Novembre 2011


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