Alle ore 14,30 è iniziato, con il saluto del presidente Giovanni Maria Ferraris, il Consiglio comunale aperto convocato sul tema: "Futuro industriale del distretto dell’auto e progetto Fabbrica Italia".
Nel suo intervento,
Ferraris ha sottolineato come il fenomeno di crisi globale che ha condizionato gli equilibri già fragili del nostro sistema economico ed industriale, oltre che sortire preoccupazione ed affanno per una difficoltà oggettivamente enorme nell’immaginare prospettive per la nostra economia e per lo sviluppo del Paese, offra l’occasione per immaginare nuove forme di responsabilità e ipotesi di trasformazione dei processi industriali in atto a cui tutti sono chiamati a partecipare.
L’opportunità di confronto che si avrà durante questo Consiglio comunale deve permettere di evidenziare le aspettative e gli affanni di centinaia di imprese e migliaia di lavoratori, ma anche di ricercare un dialogo costruttivo e fattivo che possa traghettare, anche attraverso un’azione politica responsabile, reattiva e propositiva, Torino e la sua economia verso scenari industriali che permettano di riscoprire insieme quel senso di speranza, di crescita e di responsabilità sociale, dai quali Fiat non credo si sottrarrà.
Il Consiglio di oggi può creare le premesse per un rinnovato impegno reciproco ad immaginare un futuro migliore, mettendo in campo ognuno le proprie risorse e la volontà di costruirlo insieme.
Per introdurre i lavori, il vicesindaco
Tom Dealessandri ha tratteggiato, con dovizia di particolari, la situazione della Fiat negli ultimi dieci anni. Un’analisi che sceglie come primo momento particolarmente significativo il 13 febbraio del 2005 quando arrivò lo scioglimento dell’alleanza fra la casa automobilistica torinese e GM, primo atto della gestione del nuovo vertice Fiat guidato da Sergio Marchionne.
Dealessandri si è soffermato su alcune tappe fondamentali, quali; l’inizio dell’attuale crisi economica mondiale nell’autunno del 2008, l’accordo di gennaio 2009 per l’alleanza con Chrysler; la presentazione del nuovo piano industriale nel 2010 che prevedeva complessivamente un investimento complessivo di oltre 2 miliardi di euro su Fabbrica Italia, Bertone e Mirafiori per investimenti in tecnologia e formazione dei dipendenti; l’annuncio, nell’estate dello stesso anno, della locazione dei nuovi monovolume L0 e L1 nello stabilimento serbo di Kragjevac invece che a Mirafiori; lo strappo fra l’azienda torinese e Confindustria nell’ottobre di quest’anno che sancisce l’uscita di tutte le società Fiat dall’associazione degli industriali.
Delaessandri ha terminato il suo intervento con alcune considerazioni sullo stato attuale di un’azienda che rappresenta il 6% del Pil nazionale con 80mila dipendenti (che diventano 220mila considerando i lavoratori di altri Paesi, 300mila considerando le aziende dell’indotto e quasi un milione con le aziende di servizio).
“
Credo che sia assolutamente evidente la consapevolezza che stiamo parlando del settore produttivo più importante del nostro Paese e che sia assolutamente necessario occuparci delle aziende che lo rappresentano in un periodo che oscilla fra declino e ripresa. Se la situazione del mercato è depressa - ha continuato Dealessandri -
e la Fiat fatica a mantenere alto il livello di penetrazione, serve un ragionamento complessivo che ci impone riflessioni sulla mobilità sostenibile e la sua incidenza su domanda e offerta del mercato dell’auto e sulla crisi finanziaria e come reperire risorse per finanziare i nuovi prodotti”.
Mirafiori, che attualmente produce solamente la MiTo è un problema ulteriore e particolarmente delicato del nostro territorio causa il ritardo dell’invetimento produttivo che comporta un difficile 2012, per Dealessandri: “Se non dovesse ripartire la produzione, diventa necessario capire come si copre il periodo rimanente di cassa integrazione”.
Infine, per Dealessandri essendo necessario “tornare a crescere”, serve un modello nazionale di intervento sui processi per porre le basi di un recupero delle relazioni sindacali e la ridefinizione di un piano dover potrebbe risultare determinate l’intervento di quei ministri torinesi che hanno vissuto da vicino la situazione del territorio negli ultimi anni. Loro potrebbero forse fare meglio (e di più) di prima in funzione di questi obiettivi.
Una presenza in Consiglio comunale “assolutamente inusuale” per la Fiat, ha precisato
Paolo Rebaudengo (relazioni industriali Fiat) in apertura del suo intervento. L’azienda è intervenuta – ha spiegato – per rispetto delle istituzioni della Città il cui nome fa parte dell’acronimo della società.
Rebaudengo ha ringraziato e ha apprezzato gli interventi in aula, in particolare quello del vicesindaco Tom Dealessandri, che ha ricostruito il percorso storico della Fiat.
La crisi del 2008 – ha detto Rebaudengo – è stata stravolgente e per la prima volta ha interessato tutte le linee di business della Fiat. Solo nel 2009 la Fiat ha fatto ricorso a 30 milioni di ore di cassa-integrazione, ma ha però evitato – ha dichiarato il dirigente – di trasformarle in eccedenze strutturali, nonostante la “significativa riduzione della capacità di reddito” dovuta alla trasformazione degli impianti.
Rebaudengo ha quindi concluso riservandosi di intervenire successivamente per ulteriori precisazioni.
Carlo Chiama, assessore al lavoro della Provincia di Torino.
La crisi perdura e gli investimenti Fiat a Mirafiori e alla ex Bertone sono fondamentali per le aziende e per l’indotto.
I lavoratori di quegli stabilimenti approvando gli accordi sindacali con Fiat, hanno dimostrato senso di responsabilità. Quanto agli Enti locali, fin dal 2005 con gli investimenti per Torino Nuova Economia, hanno lavorato per il mantenimento delle attività produttive. Ora è importante che Enti Locali e Governo conoscano gli scenari futuri dei processi industriali. E’ necessario un tavolo di concertazione con queste realtà e le parti sociali, non solo su Fiat ma su tutto il settore dell’auto.
E’ mancata fino ad ora una politica industriale e di sviluppo nazionale. La nuova compagine governativa fa bene sperare ma serviranno anche relazioni industriali all’insegna della flessibilità necessaria a competere sui mercati. Noi guardiamo con attenzione e rispetto al confronto tra le parti. Tuttavia preoccupa l’uscita della Fiat da Confindustria.Torino non può rinunciare alla sua dimensione manifatturiera e ai suoi cento anni di industria automobilistica, con tutto quello che ciò ha significato in termini di competenze diffuse a tutti i livelli.
Claudia Porchietto, assessore al Lavoro della Regione Piemonte
Ore 15.23 - Nel ringraziare la Fiat per essere intervenuta oggi in Consiglio comunale con la presenza del direttore delle relazioni industriali Paolo Rebaudengo, fatto di per sé positivo e inusuale, vorrei capire le prospettive sul territorio regionale che l’azienda stessa intende mettere in campo. Soltanto negli ultimi giorni le crisi della Lear e della Saturno sono il segnale concreto di una situazione difficile e di incertezza. Se Fiat non dice cosa intende fare sul territorio le istituzioni locali non sono in grado di programmare gli investimenti sul comparto. Tanti lavoratori vogliono sapere le intenzioni della Fiat e quali investimenti intende attuare sul territorio. Esigenza vitale, anche per l’attuale andamento dei mercati finanziari.
L’azienda dovrà, al tempo stesso, impegnarsi per relazionarsi in un modo diverso con le istituzioni. Queste ultime hanno raggiunto una situazione di concordia e il precedente Governo ha stanziato fondi adeguati alla situazione di estrema difficoltà.
Aspettiamo indicazioni da parte della Fiat sugli interrogativi ancora oggi aperti e irrisolti.
Giuseppe Golini Petrarcone - sindaco di Cassino Ritengo che questa sia un'iniziativa positiva perchè partecipano i comuni che hanno, sul proprio territorio, stabilimenti Fiat. E proprio questi comuni devono collegarsi e guardare avanti. Il nostro stabilimento, sito nel comune di Piedimonte Germano, è nato nel 1972, ed è secondo per dimensioni solo a Mirafiori. La crisi economico-finanziaria crea seri problemi e chiediamo il piano industriale alla Fiat, anche se sembra scegliere Cassino. Spero che da questi incontri nascano opportunità per il nostro territorio.
Anna Maria Cuntrò, Assessore al Lavoro Comune di Grugliasco, nel suo intervento ha sottolineato quanto Grugliasco sia un territorio fortemente legato alla Fiat, soprattutto dopo l’acquisizione della Bertone. Tutta l’amministrazione vuole pensare ad un futuro in cui le relazioni istituzionali saranno diverse e daranno anche ai piccoli comuni un ruolo fondamentale. L’assessore ha inoltre chiesto quali sono le intenzioni di Fiat per fare sviluppo e rimanere nel territorio di Grugliasco, in quanto non è possibile pensare di perdere un’eccellenza automobilistica limitandosi al mantenimento dell’occupazione invece di parlare di sviluppo.
On. Cesare Damiano (Partito democratico) Questa è un’occasione per chiedere a Fiat risposte alle domande che arrivano dalla comunità locale, anche se non va confusa questa sede con i necessari tavoli di lavoro. In questo inedito scenario di crisi bisogna capire che non se ne viene fuori senza una nuova coesione sociale a livello nazionale e senza iniziative di livello europeo. Oggi chiediamo a Fiat : quale sarà il destino di Mirafiori? E’ giusta l’ambizione della città di rimanere distretto dell’auto e di ricevere, come è successo in altri paesi europei, il sostegno di valide politiche industriali da parte del Governo.
On. Deodato Scanderebech (Futuro e libertà) Mi aspetto che i vertici Fiat diano risposte sugli impegni presi, sul milione e quattrocentomila auto che si dovevano produrre, sui venti miliardi da investire in Italia. Questi impegni, fino ad ora governi sia di destra che di sinistra, non hanno avuto la forza di fare rispettare. Fiat ha l’obbligo morale di salvaguardare l’occupazione ed il legame con i territori.
Dico al sindaco Fassino che la politica si deve fare rispettare perché qui a Torino la Fiat ha fatto cassa con le fatiche dei suoi lavoratori e dei cittadini torinesi e poi è andata ad investire all’estero
on. Marco Calgaro – Udc, Ha sottolineato come in Italia siano rimaste poche grandi aziende, per scelta degli industriali ma anche per la mancanza di attenzione del Governo alle politiche industriali, per molti mesi senza un ministro per lo Sviluppo. Ha aggiunto che oggi siamo in presenza di un’azienda con la testa altrove ma occorre interrogarsi di cosa farà il corpo, quali produzioni manterrà in Italia. Gli enti locali hanno fatto la loro parte, con interventi di politica industriale, così come i sindacati e i lavoratori che hanno dato via ad un accordo che aveva l’obiettivo di aumentare la produttività. Ora, ha concluso Calgaro, serve chiarezza da parte di Fiat perché chiarisca che cosa voglia produrre a Torino.
on. Stefanio Allasia - Lega Nord Mi aspettavo la relazione dettagliata della Fiat. Avrei voluto ascoltare parole più concrete, mi rendo conto, però, che un'azienda non può dire, finchè non è certa delle proprie scelte. Si deve fare in modo che le aziende locali torinsei restino sul territorio, legare Fiat a Torino. Negli anni 'to comuni come Rivalta hanno avuto provonde trasformazioni. Nel giro di 2 anni si è passati da 2500 abitanti a 10000. Sono cambiamenti importanti e spero che il lavoro svolto in questi ultimi 40 anni non vadano persi. Auspico un maggior dialogo, cosa che non è avvenuto negli ultimi 10 anni.
Per
l'On. Renato Cambursano(IDV) la FAT rappresenta ancora. direttamente e indirettamente, un milione di lavoratori in Italia. Nel dicembre 2009, in un incontro con i sindacati, FIAt disse che nei due anni successivi avrebbe investito 8 miliardi in Italia, con 17 nuovi modelli e 13 restyling. Nel marzo 2010 gli interventi annunciati si ridussero a 4 miliardi a livello internazionale. Oggi è ancora più legittima la domanda: quali e quanti investimenti prevede di effettuare la FIAT nel settore auto, in questo Paese? Marchionne dice che in una fase di crisi non è opportuno lanciare nuovi modelli ma senza di questi l’azienda del Lingotto sta perdendo quote di mercato. Spero che non corrisponda a verità quanto pubblicato da alcuni periodici, cioè che la rottura del contratto da parte di FIAT preluda alla sua uscita dall’Italia
Secondo
On. Gilberto Pichetto Fratin(PDL) le istituzioni e il governo negli ultimi anni sono stati parte attiva nel dibattito su Fabbrica Italia e sulla competitività di questo Paese. Rispetto ad un anno fa la situazione economica a livello mondiale è cambiata ed è imprevedibile, con la crisi dell’euro e la contrazione dei consumi. A fronte di questo i programmi FIAT possono cambiare ma questo non riguarda solo l’azienda, è d’interesse generale. Dobbiamo credere che FIAT voglia restare in Italia ma la responsabilità delle istituzioni è quella di una compartecipazione alla discussione ma soprattutto alla conoscenza di tempi e modi dell’azione FIAT, la quale dovrà essere compatibile con lo scenario dell’economia e dei consumi a livello internazionale
Luca Pantanella, Segretario Generale Ugl ha chiesto alla Fiat risposte chiare e in tempi stretti. La crisi coinvolge l’indotto e, più in generale, l’economia globale della nostra regione. Ha evidenziato come, nei casi più favorevoli, esista la Cassa integrazione ma come la limitata capacità di spesa da parte dei lavoratori metta in difficoltà tutta l’economia. I referendum erano volti a garantire continuità di Fiat sul territorio. Ha concluso con la richiesta di conoscere quali siano i programmi dell’azienda perché i lavoratori possano prepararsi ad affrontare il futuro.
Francesco Citraro, Segretario provinciale Ugl, ha affermato che i lavoratori si attendono una speranza da questo Consiglio. I ritardi su Mirafiori fanno sì che siano messe in difficoltà le piccole aziende dell’indotto. L’Ugl si aspetta che siano rispettati gli accordi sottoscritti con i sindacati. Serve un atteggiamento rinnovato da parte delle organizzazioni sindacali perché l’azienda resti nel nostro territorio e che non abbia alibi per trasferirsi altrove.
Nel suo intervento,
Vincenzo Miele del Coordinamento nazionale Ugl, ha dichiarato che i lavoratori aspettano il rispetto degli accordi, approvati con un referendum sofferto, perché Mirafiori è in ritardo di un anno. I lavoratori delle piccole e medie imprese sono in difficoltà perché le aziende stanno chiudendo. Fondamentale tutelare il posto di lavoro con diritto e dignità.
Per
Alberto Russo (Vicepresidente API TO)la riflessione parte dalle parole sottese all’acronimo FIAT. Prima di tutto “Fabbrica”: a seguito della crisi degli ultimi tre anni e che forse si protrarrà negli anni a venire, questa parola sottolinea l’importanza di tornare alla centralità dell’industria manufatturiera. Una nazione non può vivere sul terziario, bisogna riscoprire il primario e secondario per generare PIL e ricchezza. “Italiana”: è importante tornare ad avere una politica industriale del paese, che negli ultimi anni è stata vacillante. “Automobile”: bisogna valorizzare la rete di competenze e saperi della grande azienda, ma anche delle piccole e medie imprese del settore automotive e della ricerca. “Torino”: per me è una sfida, vuol dire saper competere nel mondo. Bisogna agire localmente ma pensare globalmente, è necessario un lavoro di squadra in cui ognuno faccia la sua parte. L’azienda garantisca investimenti, nuovi modelli, occupazione; le organizzazioni sindacali garantiscano una necessaria organizzazione del lavoro, certezze contrattuali e responsabilità. Le Città e la Regione, infine, garantiscano sostegno alla ricerca e all’innovazione, ruolo che ci si aspetta dalle istituzioni. Le piccole e medie imprese torinesi, in particolare della filiera automotive, sicuramente vogliono essere parte attiva di un progetto comune.
Gianni Cortese, Segretario Generale Uil Piemonte, ritiene che il nostro sistema produttivo convive stabilmente con l’utilizzo della cassa integrazione, diventata parte integrante dell’organizzazione del lavoro. La vicenda Fiat si dipana nel difficile contesto di crisi globale, dove prevale la domanda di lavoro sull’offerta con il mercato dell’auto che continua a registrare cadute.
Le richieste della Fiat sono state avanzate per operare in condizioni di parità con gli altri players europei e mondiali. Richieste che hanno portato agli accordi di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco.
Si possono teorizzare i migliori accordi possibili nella fase di espansione ma gli accordi si fanno alle condizioni date. Ha sottolineato come la Uil abbia anteposto gli interessi dei lavoratori, nella prospettiva della tutela del posto di lavoro e di uno scambio tra maggior produttività e crescita salariale. L’unità a tutti i costi non ha mai portato grandi risultati per i lavoratori.
Ha aggiunto che nei prossimi giorni bisognerà operare per giungere ad un contratto unico del gruppo Fiat, che comprenda trattamenti analoghi o migliorativi del Contratto nazionale in scadenza nel 2012. Serve un clima nuovo, meno ideologico e più pragmatico.
Gli sforzi devono essere a favore della valorizzazione e salvaguardia della Cittadella industriale più grande d’Italia per farne un polo integrato della ricerca della sperimentazione, della progettazione e della produzione.
Secondo
Flavia Aiello della Uilm, abbiamo accettato la sfida “Fabbrica Italia” firmando un accordo e ora continuiamo ad andare avanti sapendo che non abbiamo leso i diritti di nessun lavoratore ma pensato al futuro. Pomigliano sta iniziando la produzione con i primi 350 lavoratori, nella fabbrica di Grugliasco sono in atto gli investimenti e a fine anno si comincerà a lavorare ma per Mirafiori ci sono ritardi negli investimenti. Chiediamo alla Fiat pur con i ritardi di dare ai lavoratori prospettive certe, perché la cassa integrazione è dura ed una famiglia non ce la fa ad andare avanti con 750 euro al mese.
Armando Bozza della Uilm
ritiene che la gente di Mirafiori sia molto preoccupata e ricorda che lì si lavora solo per 6 giorni al mese alternando la produzione di Mito a quelle di Idea e Musa. Nonostante questo vogliamo ancora avere fiducia nel rispetto degli impegni presi da Fiat.
Giancarlo Picco, Presidente UCID (Unione Cristiani Imprenditori Dirigenti), ha dichiarato che è necessario creare benessere e centralità del ruolo umano, valori complementari da perseguire con grande determinazione. L’UCID non vuole dare una lettura preconcetta ma perseguire aspetti che le trattative avranno come conseguenze per il welfare. Le parti sociali, inoltre, dovranno farsi carico di tutte le problematiche che si verranno a creare.
Nanni Tosco, Segretario regionale Cisl, ha evidenziato come si stia discutendo con nuovo soggetto industriale, che punta alla fusione con Chrisler, come i mercati si stiano spostando da ovest a est, nonostante un recupero dell’America Latina, con l’Italia e l’Europa che perdono posizioni e capacità produttiva. Altro aspetto è la mancanza di lavoro per i giovani e per gli adulti in Cassa integrazione, licenziati o in mobilità. La vicenda Fiat a Torino si svolge in una situazione di disoccupazione prolungata. Ha affermato che la risposta da parte della Fiat debba essere il piano Fabbrica Italia, una risposta insostituibile che spinto la nostra organizzazione a sottoscrivere l’accordo. Devono essere valorizzate le relazioni sindacali, viste come elemento di partecipazione per garantire futuro dello stabilimento. Alla Fiat si chiedono sollecitazioni perché il 2012 non sia solo un anno di emergenza sociale da contrastare con gli ammortizzatori sociali ma serve un irrobustimento della produzione.
Claudio Chiarle segretario torinese Fim Cisl, nel suo intervento ha sottolineato come le risposte dell’azienda debbano stare negli accordi sindacali. Per il territorio serve continuità ed occorre produrre automobili. Ha suggerito di di anticipare la produzione di modelli già esistenti (Mito a 5 porte) o di continuare la produzione di auto che stanno uscendo di produzione. Il problema, ha concuso, non risiede né nel contratto nazionale né nel contratto Fiat ma nei 650 euro previsti per il 2012 per i lavoratori in Cassa integrazione.
(Ufficio stampa Consiglio comunale)
Torino, 28 Novembre 2011