Quando la Contea di Nizza e la Savoia furono ceduti alla Francia, in cambio del suo sostegno alla politica sabauda di unificazione della Penisola, furono in circa 1500 a scegliere di conservare la cittadinanza del Regno di Sardegna, divenendo un anno dopo cittadini italiani. Nella lista dei nomi, però, ne manca uno: il nizzardo Giuseppe Garibaldi, l’italiano per eccellenza ma che, formalmente, non risulta essere stato tra i richiedenti.
Lo ha fatto notare il professor Gian Savino Pene Vidari nel corso della presentazione a Palazzo Civico del volume “Per Torino da Nizza e Savoia”, pubblicato dal Centro Studi Piemontesi in collaborazione con la Città di Torino e nel quadro delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia.
Il libro, di Fulvio Peirone e a cura di Gian Savino Pene Vidari e Rosanna Roccia, è incentrato su una ricerca condotta utilizzando i documenti dell’Archivio storico comunale, sui capifamiglia savoiardi e nizzardi che nel 1860 usufruirono della possibilità loro offerta di non assumere la cittadinanza francese al momento dell’annessione alla Francia delle loro province.
Un’annessione concordata tra i governi di Torino e Parigi, controfirmata da un Cavour che, come ha raccontato Simonetta Tombaccini (Archives Departimentales des Alpes - Maritimes), fino all’ultimo sperò di conservare alla nascente Italia almeno l’entroterra Nizzardo con Tenda e Sospello.
Tra i 1500 capifamiglia a optare per la cittadinanza sarda, è stato segnalato dalla ricerca, gran parte dell’aristocrazia e dei militari, ma anche funzionari pubblici, commercianti e artigiani. La fascia d’età prevalente era quella tra i ventuno e i trent’anni.
Interessanti le vicende di quelle donne che scelsero di presentare autonomamente la richiesta di rimanere cittadine sabaude, alle quali il Comune accettò la domanda per vederla però respinta dal Ministero dell’interno, poiché il diritto di famiglia dell’epoca non prevedeva alcuna libertà di scelta per il genere femminile. Analogamente, i rigidi burocrati del Ministero respinsero le domande di militari ventenni, reduci dai campi di battaglia del Risorgimento, perché non ancora maggiorenni e quindi buoni per il fuoco nemico ma non per mettere una firma.
A ufficiali, soldati e funzionari, ha ricordato il presidente del Consiglio comunale Giovanni Maria Ferraris, Torino concesse la cittadinanza onoraria. “Il volume – ha evidenziato Ferraris - vuol essere un omaggio alla storia della nostra Città, che ha visto proprio nel 1860 e 1861 il culmine del processo di unificazione ed ha conosciuto il ruolo di prima capitale, ma vuol essere anche un importante ricordo e tributo a quelle persone divenute torinesi che da lì a poco avrebbero visto l’Italia unita”.
Un libro che ricorda la vicenda anche umana di tante persone: a presentare le domande erano infatti i soli capifamiglia, ma l’esodo – in buona parte verso la nostra città - dalle province cedute a Parigi coinvolse, secondo le diverse stime, da 4.000 a 10.000 persone in tutto. Anche se ancora nel 2010, in occasione dei 150 anni dell’annessione, alcuni studiosi francesi hanno sostenuto che si fosse trattato solo di un migliaio di persone. Alla presentazione hanno anche preso parte il direttore dell’archivio di Stato, Marco Carassi, e il presidente del Centro studi Piemontesi, Giuseppe Pichetto.
C.R. - Ufficio stampa del Consiglio comunale
Torino, 26 Ottobre 2011